le mammelle della satira

La «serata Poulenc», diretta da Abel con la regia di Arias, ha inaugurato con successo Spoleto La «serata Poulenc», diretta da Abel con la regia di Arias, ha inaugurato con successo Spoleto le mammelle della satira E Tirésias partorisce 4049 bambini SPOLETO. Le mammelle di Thérèse, giovane e graziosa cittadina di Zanzibar, scattano dal suo corpo e volano via, in (orma di palloncini colorati: stufa di essere donna e adottati barba e baffi, Thérèse decide di vivere da uomo col nomo di Tirésias, mentre suo marito partorisce 4049 bambini, alimentandoli con funzionali biberon. Egli sogna di farne dei benestanti giornalisti, infischiandosi del controllo demografico: cosa che trova Thérèse perfettamente d'accordo, perché alla fine, riacquistando i suoi attributi femminili, si rivolge, con tutti gli altri, alla platea, esortandola: «Caro Pubblico, fai dei bambini!». Così Guillaume Apollinaire, nel 1917, si prendeva gioco del femminismo, del giornalismo, del controllo delle nascite propugnate dal governo francese, presentando al Conservatoire Renée Maubel di Parigi «Les Mamelles de Tirésias» definita dall'autore coperà bouffe» ovvero «dramma surrealista». Più di vent'anni dopo, nel 1944, Francis Poulenc la metteva in musica, dando sfogo alla sua vena satirica, lanciando voci e orchestra in un vortice di spiritose trovate, diffondendo ovunque lo charme del suo umorismo corrosivo ma non incompatibile con un lirismo raffinato e suadente. Presentandola a Spoleto, il regista Alfredo Arias ne ha fatto uno spettacolo spiritoso, colorato, pieno di trovate ncn pesanti, contemperando gli spunti surrealisti del li¬ bretto con l'immagine di una Parigi belle epoque, con un coretto maschile travestito da Folies Bergères, le cui rosee nudità di cartapesta, lungi dal dare adito a motivi di scandalo, s'inseriscono nel clima di festoso, scintillante cotillon che caratterizza l'intero spettacolo. Il palcoscenico diviene una sfilata di parrucche rosse, verdi, blu, sotto gli archi della Tour Eiffel che domina la scenografia di Roberto Piate con i costumi di Francoise Toumafond; passa un gendarme a cavallo d'una scopa, due morti con le ali scorrono su di un monopattino, gli onnipresenti coretti avanzano e retrocedono su movenze da café chantant, i bimbi in abito da sera, la cascata di stelle blu sullo sfondo, l'enorme succhiotto luminoso di gomma che scende dall'alto del palcoscenico nella scena dei 4049 bambini sono alcune tra le invenzioni con cui Arias bombarda gli spettatori sino alla trovata finale: dal soffitto del Nuovo precipita una cascata di palloncini colorati che il pubblico della platea rilancia festosamente. In conclusione di serata applausi per tutti, a cominciare dagli ottimi cantanti-attori: Iride Martine?., una Thérèse di straordinaria bravura; nei panni dell'androgino Tirésias in boxer canottiera e corpo peloso, Kenn Chester, altrettanto spiritoso come marito vestito da donna, disinvolto nel suo buffonesco ruolo di madre. Gaetan Laperriere (il direttore), Chris Un momento dello spettacolo Owens (il gendarme), Edward Crafts (Presto), Alan Fischer (Lacouf) ed altri comprimari quali Rebecca Russel (la giornalaia), Peter Gillis (il giornalista), Jonathan Boyd (il figlio), completano la compagnia, elettrizzata dalla presenza del regista e dalla bacchetta di Yves Abel che ha condotto l'Orchestra e il Coro del Festival ad esiti sempre godibile per il giusto rapporto tra spirito e raffinata poesia che, anche in un'opera buffa, Poulenc equilibra felicemente. Paolo Gallarati

Luoghi citati: Parigi, Spoleto