Picasso il cubismo è fotografìa di Gabriella Bosco

Il pittore realizzava le proprie tele partendo da immagini concrete: lo dimostrano i 140 clichés in mostra a Parigi Il pittore realizzava le proprie tele partendo da immagini concrete: lo dimostrano i 140 clichés in mostra a Parigi Picasso: il cubismo è fotografìa Dalla realtà al quadro, in uno scatto HPARIGI 0 scoperto la fotografia. Ora non mi resta che uccidermi. Non ho più niente da 1 imparare». Secondo Fernando Olivier, sua moglie all'epoca (1909), quando Picasso si abbandonò a questo momento di sconforto era in preda al fumo dell'hashish. Ma pensando al comune sentire che più che mai in quegli anni univa il pittore a una sua grande amica, la scrittrice Gertrude Stein, e al timore che spesso lei gli aveva confidato di finire un giorno i libri (di trovarsi cioè ad aver letto tutti i libri del mondo e non averne più), è lecito credere che Picasso esprimesse con quella frase un'angoscia reale. Scoperta anche la fotografia, non c'era più nessun mistero per cui valesse la pena continuare a vivere. L'ipotesi, la veridicità di quel timore, è confermata oggi dalla straordinaria mostra aperta sino al 17 luglio al Musée Picasso, una prima assoluta, Picasso fotografo: 140 clichés inediti, che documentano un'attività tutt'altro che accessoria, un'utilizzazione della macchina fotografica molto particolare, strumento di conoscenza e lavoro. Gli originali da cui sono stati ricavati i clichés erano rimasti ignorati nei magazzini del museo, dissimulati in una massa di cinquemila fotografie suddivise in buste dallo stesso Picasso, sinora ritenuto semplice collezionista. E' stato in occa ■ sione di una catalogazione di questo materiale fotografico che la conservatrice del Fondo Anne Baldassari ha scoperto l'esistenza del corpus picassiano. Il lavoro di identificazione è stato lungo e così quello di datazione delle fotografie, che Picasso aveva riposto tutte in buste bianche uguali. Che Picasso avesse avuto dimestichezza con la macchina fotografica si sapeva già prima, ma di fotografie notoriamente sue in circolazione ce n'erano poche e alquanto mediocri, tali da autorizzare un interesse modesto. Il corpus scoperto - molti autoritratti, ritratti di amici, nature morte e stadi diversi di realizzazione dei suoi quadri - è invece la rivelazione di un vero e proprio sistema legato al mezzo fotografico. E pensare che sin dal '33, con ogni probabilità involontariamente, aveva già capito tutto ancora una volta la bizzarra Gertrude Stein. Involontariamente perché quanto la scrittrice afferma nell'Autobiografia di Alice B. Toklas a proposito dei paesaggi fotografati da Picasso a Horta nel 1909 e poi degli assemblages di oggetti ripresi in forma di natura morta, le considerazioni che fa la Stein in proposito le servono per parlare della pittura dell'amico, non della fotografia. La Stein voleva opporsi a quanti sostenevano che il cubismo era nient'altro che barbarie geometrica, tendenza all'astrazione. E si serviva di quelle fotografie per dimostrare come i quadri poi realizzati a partire di lì, quasi riferibili al momento clou della ricerca cubista di Picasso, gli anni precedenti la prima guerra mondiale, erano totalmente realisti, anzi «troppo realisti». Senza accorgersi, la Stein aveva colto quello che adesso risulta chiarissimo, vedendo tutte insieme le fotografie di Picasso: l'uniformità del metodo. Picasso puntando l'obiettivo voleva fissare «la visione primaria»: nella realtà mutevole, l'istante preciso che lo sguardo dell'artista intendeva poi riprodurre sulla tela. Lui stesso spiegò in seguito (Conversazioni con Brassai, 1964) che le tappe successive che il Picasso pittore ILLUSTRI GIORNALISTI: A destra, Picasso di fronte allo specchio A sinistra, la prima moglie, Fernande Olcon il figlio di amici in Spagna a Horta Sopra, la seconda moglie, Olga Koklova ivier ro parere perfino ossessivi - vengono a essere interessante palinsesto per tutti i quadri che rappresentano l'artista nel suo atelier, di fronte alla modella, eccetera. Col tempo, Picasso non ebbe più bisogno dell'intermediario fotografico. La visione primaria divenne immediatamente mentale (e infatti il grosso del corpus non va come datazione oltre il 1920). Aveva in qualche modo esaurito quelle che per lui potevano essere le risorse della fotografia. Quanto a uccidersi per questo, preferì poi soprassedere. pinto del 1903, partiva da una fotografia realizzata in studio, ambiente asettico e crudo. Quello che interessò subito Picasso era lo sguardo dei sei personaggi e del cane, fisso e come sospeso. In una metamorfosi successiva alla prima versione del quadro, egli accettò l'aggiunta di uno sfondo fittizio, un paesaggio con alberi, per compiacere un desiderio della famiglia Soler, Ma dieci anni dopo Picasso ristabilì il fondo unito azzurro scuro, neutro, che appiattendo l'immagine restituiva «l'idea originaria» colta dal fotogramma. Vista in quest'ottica, la cospicua serie di autoritratti - che potrebbe¬ Gabriella Bosco

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