Quella voglia di resa dei conti

Quella voglia di resa dei conti Quella voglia di resa dei conti Nuove regole o l'Italia diventa l'O.K. corrai Nessuno ha avuto interesse a tutelare la collettività con regole: e così, per legge di natura e del selvaggio West italiano, se e quando qualcuno vince, il minimo che ci si possa aspettare è il regolamento dei conti. E quelli che ieri ti pigliavano la misura per la cassa, oggi svolgono inni lirici al fair play, e chiedono qualsiasi regola che li salvi. Delizioso concerto, ma prevedibile. Adesso però il governo, questo governo, ha di fronte a sé un'occasione unica che potrebbe sembrargli poco appetibile. Questo governo ha l'opportunità di accreditarsi là dove i suoi nemici non hanno saputo né voluto farlo: e cioè nel vietare tassativamente i regolamenti dei conti, specialmente quando potrebbero conquistare la ferina popolarità della legge del taglione, di Lynch e della vendetta. Anche perché queste eccitanti attività, oltre a svilire la dignità e • 'durre l'autorità morale dei momentanei vincitori, vanno regolarmente a perseguitare la gente perbene, aumentando lo stato di ingiustizia sommaria. Un caso esemplare e allarmante è quello di Enrico Deaglio, il terzo e attuale conduttore di «Milano Italia», del quale, con insistenza intollerabile e nel silenzio generale ancor più intollerabile, si chiede la testa. L'essere «di sinistra» non c'entra niente, con questa improvvisa voglia di linciaggio. Prova ne sia che tutti i giornalisti televisivi «di sinistra», che hanno fatto polpette (Pol-Pot?) della verità curando però un rigoglioso giardino di tutte le illiberalità, sono osannati e deificati; chi invece, come Deaglio, è stato sempre un avversario netto della violenza e dell'intolleranza, specialmente dalle roventi barricate di «Lotta Continua», è diventato il bersaglio dell'epurazione. Peccato, inoltre, che la campagna sia diretta da un ex giornalista della Rai come Fabrizio Del Noce, oggi deputato di «Forza Italia», che stimiamo e che sosteneva chi poi è rimasto sconfitto usava, più che i pugni da saloon, la dinamite della delegittimazione, la gogna del disprezzo, l'uso dell'umiliazione armata dalla supponenza. Che il ribaltamento dei pronostici producesse una sbornia euforica e persino benefica era ovvio, specialmente tra quelle forze di destra che proprio per loro tradizione e natura rappresentano anche gli istinti. Le democrazie che prevedono vincitori e vinti, prevedono anche che i primi raccolgano la vittoria e i secondi lascino il campo: ma non con un pogrom, qualche linciaggio e una deportazione. I vincitori esercitano diritti che sono loro affidati in custodia dagli elettori e devono agire secondo regole: ci sono regole per far funzionare una lavastoviglie, una partita di calcio, una democrazia. Da noi, come si sa, queste e altre regole mancano, così com'è mancato finora il gusto, la passione, la libido della vera democrazia. che fu a sua volta un segregato. La questione investe dunque i princìpi e mi sembra onesto e corretto nei confronti di chi legge dichiarare quali sono quelli di chi scrive, a sua tutela. I miei sono quelli di chi conduce da anni dove e come può una battaglia asperrima contro l'usurpazione storica che la terza rete del servizio pubblico (fornitore di prestazioni dovute alla totalità dei cittadini) ha esercitato diffondendo un'informazione deliberatamente deformata e settaria, per di più - sia titolo di merito che aggravante prodotta con grandiosa, geniale, perforante ed esemplare capacità comunicativa e dunque con il più alto tasso di persuasione. Su questa faccenda i pareri sono discordi soltanto perché non è possibile, per disinteresse del giornalismo stesso, pretendere il rispetto del diritto pubblico (da cui il servizio pubblico) alla verità dei fatti. Impera ancora il peggior

Persone citate: Deaglio, Enrico Deaglio, Fabrizio Del Noce, Lynch

Luoghi citati: Italia, Milano Italia