D'Alema conquista la Bolognina

D'Alema conquista la Bolognina D'Alema conquista la Bolognina Ma i capi del partito fanno il tifo per Veltroni e quello che hai detto mi conforta...». Sembra fatto apposta, sembra una sapiente regia alla Berlusconi: i duemila sul prato si commuovono, applaudono e il «baffino» lassù sul palco se la gode felice. Alla fine è un trionfo: per andarsene, per stringere tutte le mani, D'Alema ci mette venti minuti e Domenico Pellicano, uno dei capi della occhettiana federazione di Bologna, deve ammettere: «Certo, stasera D'Alema ha messo a segno un bel colpo...». Già, ma il partito di Bologna, il famoso «pcb» degli anni belli, non abita soltanto tra i prati e le piadine della periferia bolognese. In città, nello splendido palazzotto giallo ocra di via Barbe- ravvicinato di Leonhardsen, è entrato Marche-giani, scelta ovvia e obbligata, ed è uscito Roberto Baggio, mossa sconvolgente. Si era sullo zero a zero, dovevamo vincere e, per quanto in condizioni di assoluta e precaria emergenza, Sacchi rinunciava di punto in bianco all'uomo intorno al quale aveva edificato la sua «chiesa». Roberto Baggio. 11 Divi i Codino. E' proprio vero che, prima o poi, tutti i tendini vengono al pettine, come i nodi del proverbio. Non può essere stata che questa (del tendine ferito, della seta strappata) la molla giustificatrice del grande sacrificio, della sacrilega staffetta, un suddito qualunque per il re dei re. Un giorno, l'Arrigo dovrà spiegarcelo: non era stato lui, lui per primo, lui sopra tutti, a parlare di un Baggio al cento per cento o comunque di un Baggio indispensabile anchecosì, menomato? Gli dei, però, hanno apprezzato la scheggia di follia che si nascondeva dietro un simile azzardo. Più spigliata e arzilla di quella, mogia mogia, che si era arresa ria, è arroccata la più potente federazione del pds d'Italia: 65 mila iscritti (quasi il 10% del totale), un fiume di soldi che per decenni ha tenuto in piedi il «Bottegone», ma soprattutto un partito che non è mai riuscito a contare in rapporto alla propria consistenza. Stavolta il partito bolognese vuol pesare e i capi che sono tutti occhettiani - sono pronti a schierarsi per Walter Veltroni e, in seconda battuta, per la coppia Vitali-Imbeni. Dice il segretario regionale Antonio La Forgia: «Il voto per il segretario è segreto, ma ho visto che un settimanale mi ha messo assieme a Moretti, De Gregori e Berlinguer tra i sostenitori di Veltroni. La compagnia non è delle peggiori...». all'Eire, l'Italia ha continuato a rosolare i norvegesi, paciosi e rincitnilliti come tanti rinoceronti al sole. L'innesto di Benarrivo, Berti e Casiraghi - al posto di Tassotti, Donadoni ed Evani, infortunato ha reso più pimpante la manovra. E su un'incornata di Berti, verso il quarto d'ora, Thorstvedt si era dovuto inventare un mezzo miracolo. Una squadra lontana dal «medio» (dove, di solito, si annida la virtus) e sempre in balia degli eccessi (solo fraseggi stretti con gli irlandesi, solo cross con i norvegesi) ma, se non altro, una squadra. Paradossalmente, il fatto di giocare in dieci ha moltiplicato il coraggio e spezzato le catene, liberando l'orgoglio e l'estro dei nostri. Era un pezzo che non vedevamo un Signori così devastante e ondivago, ora a destra, ora al centro, ora a sinistra, in barba ai binari-precetto dell'Arrigo. Ha vinto il sentimento. Ha vinto, soprattutto, la nazionale dei peones indemoniati, senza corona e senza sovrano (R. Baggio). Roberto Beccantini E per marcare le distanze da Roma, i capi del partito bolognese hanno inscenato la più plateale insubordinazione nella storia del «pcb»: il sindaco Vitali, il capo della federazione Sabattini, l'ex sindaco Imbeni, il segretario regionale La Forgia hanno sparato uno alla volta sul quartier generale. «Il metodo scelto per la consultazione è confuso - dice Sabattini - e il coordinamento politico pensa ancora di vivere ai tempi in cui il Politburo credeva di parlare alla storia...». E così ecco la sorpresa: i capi del pds bolognese - proprio loro così composti, così post-moderni, così azzimati - hanno improvvisamente sfoderato la bandiera della partecipazione, dell'assemblearismo, della «consultazione autogestita e creativa». Annuncia Sabattini: «Perché la consultazione sia la più larga possibile, invitiamo i segretari di sezione, di quartiere, comunali a convocare attivi e assemblee». Ma è proprio così? Macché, questa Bologna così diversa dai clichés non finisce di sorprendere e così, chi si immagina già una città permeata di spirito sessantottino, con assemblee appassionate, in realtà scopre sezioni chiuse e un dibattito tutto dentro il gruppo dirigente del partito. Persino la «leggendaria» federazione della Barberia è disabitata. Alle 5 della sera sotto i portici della federazione c'è una scena alla Zavattini: quattro biciclette in fila e un signore che legge in silenzio il giornale. Per SEPARATI IN CASA novanta minuti, verde di tuta e di faccia, l'occhio spiritato come Schillaci nelle notti magiche, beh, anche a chi l'ha sempre criticato, ispirava simpatia. L'uomo più solo d'Italia. Solo nei giorni scorsi, sotto le raffiche di una critica che l'ha idolatrato per tre anni salvo scoprire all'ultimo che il re era nudo. Solo di fronte ai milioni di commissari tecnici che l'osservano da casa, in Italia, e ai cinquantamila venuti qui al Gianrs Stadium, per fischiarlo. Solo più che mai al 21' quando un destino avventato come certi portieri gli ha posto il dilemma della sua carriera in azzurro. Chi lasciar fuori per far spazio a Marcheggiani? Un altro si sarebbe fermato a pensare, con le mani fra i capelli. Arrigo non ne ha ed è abituato a decidere fino in fondo, solo e contro tutti. Ha tolto Roberto Baggio. Cheprima ha fatto finta di non capire e poi non s'è rassegnato, uscendo da primadonna, consolato invano dal torturatore atletico Pincolini. E tutti in tribuna a toccarsi di gomito: il profeta è finito. Invece ha avuto ragionelui. Da domani riprenderemo a osannarlo. Ma intanto, al di là di ogni considerazione tecnica e d'ogni trionfalismo meglio aspettare, pronti come siamo a illuminarci d'immenso o a deprimerci per una parabola di cuoio - l'immagine di Baggio che esce e dell'Italia di Sacchi che vince è destinata finalmente a chiarire un equivoco lungo tre anni. Questa nazionale era nata come la squadra del campione, Roberto Baggio. Per stra¬

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