L'occhio di Sandokan di Sabatino Moscati

L'occhio di Sandokan L'occhio di Sandokan Una straordinaria simbiosi tra fotografia e illustrazione : è l'avventura di Alberto Della Valle (1851-1928) «pittore» di tante celebri storie salgariane, dalle figlie dei Faraoni alla giungla di Sandokan. I disegni nascevano proprio dalle fotografie «allestite» in casa, avendo per modelli amici e parenti. Scene di «esotismo casalingo e artigianale visionarietà», ritrovate negli archivi di famiglia e documentata a specchio, dal fotogramma all'illustrazione, nel bel volume L'occhio della Tigre, a cura di Paola Pallottino (Sellerio, pp. 230, L. 40.000). Con «austera meticolosità e caparbia duttilità», ricorda la Pallottino, Della Valle diede volti e forme all'immaginario dello scrittore, immedesimandosi nel personaggio di Yanez. E come Salgari scelse la morte, un colpo alla tempia, con il pistolone di Sandokan. lelo con il congresso internazionale di egittologia del 1991, un congresso internazionale di studi sanscriti (centrato su quel Ramayana che fu all'origine della grande scuola subalpina) riafferma nel 1992 il primato torinese. Di più: poche settimane or sono, una solenne cerimonia ha visto il conferimento a Oscar Botto delle più prestigiose lauree ad onore da parte delle università indiane, recate a Torino in segno di omaggio non solo allo studioso, ma anche alla città. Ci si può chiedere in conclusione: esiste un legame, e quale, tra i due grandi filoni dall'orientalistica torinese, quello egittologico e quello indianistico? Rispondiamo: sì, esiste, per l'antica visione unitaria dell'Oriente e poi per lo sviluppo di una serie di insegnamenti nell'Istituto di studi Orientali dell'Università, nonché per l'istituzione, sempre su iniziativa di Oscar Botto, di un fiorente Centro di Studi per il Medio ed Estremo Oriente (Cesmeo). Appunto il Cesmeo ha patrocinato l'opera di Alessandro Bongioanni e Riccardo Grazzi, che rende onore alla grande tradizione torinese; nessun patrocinio poteva essere più meritato. Ma questa è solo una parte dell'orientalistica torinese. L'altra non meno importante, trae spunto dagli studi di sanscrito, legati nelle origini alla monumentale impresa scientifica che l'abate Gaspare Gorresio realizzò tra il 1843 e il 1870 con l'edizione e la traduzione completa del celebre poema epico Ramayana, nella sua redazione bengalese. E fu la prima cattedra di Indologia in Italia quella a cui l'Università torinese chiamò, nel 1852, lo stesso Gorresio. Tutta l'indologia scientifica italiana, si può dire, ne discende. Negli anni seguenti, insegnarono a Torino illustri indologi, assicurando alla città un primato nazionale e anche internazionale. Al successore del Gorresio, Giovanni Flechia, si deve la prima, ammiratissima grammatica sanscrita in italiano. E poi la serie continua senza interruzioni, fino a Mario Vallauri, che nella metà del nostro secolo realizzò studi fondamentali sulla scienza politica e sulla medicina, sempre fondandosi su quell'eccezionale dominio della lingua sanscrita che costituisce il patrimonio caratteristico della scuola torinese. Oggi, sulla stessa cattedra, insegna Oscar Botto, maestro di studi sulla politica, sul diritto, sulla poesia. E in singolare paral- Sabatino Moscati

Luoghi citati: Cesmeo, Estremo Oriente, Italia, Torino