«Uccidete don Puglisi il rompiscatole»

8 Palermo, i giudici accusano i fratelli Graviano: «Sono loro i mandanti del delitto» «Uccidete don Puglisi, il rompiscatole» «Lo fecero eliminare perché gli dava fastidio» In cella per favoreggiamento anche un chirurgo PALERMO DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Dall'esito dei tanti accertamenti s dalle confidenze di due pentiti, Salvatore Cancemi e Giovanni Drago, si è arrivati ieri a Palermo all'incriminazione dei fratelli Filippo e Giuseppe Graviano quali mandanti dell'assassinio del parroco del rione Brancaccio, don Giuseppe Puglisi. Un prete «scomodo» che non esitava a condannare violenza e soprusi, regole principali della mafia. Un killer ancora sconosciuto la sera del 15 settembre dell'anno scorso, il giorno del suo cinquantaseiesimo compleanno, l'aspettò sotto l'alloggio popolare che aveva ereditato dal padre ciabattino e gli sparò un colpo di pistola nella nuca, quasi a bruciapelo, dopo averlo avvicinato nell'oscurità. Don Puglisi era appena sceso dall'auto. Morì all'istante, senza un grido. L'omicidio provocò una ferma reazione anche da parte di migliaia di abitanti del rione da sempre incluso fra quelli ad alta «densità mafiosa». Ieri gli ordini di custodia cautelare firmati dal giudice per le indagini preliminari Renato Grillo su richiesta della procura della Repubblica sono stati notificati ai due Graviano nel carcere dell'Ucciardone dove sono rinchiusi con il regime rigido dell'articolo 41 bis riservato ai detenuti particolarmente pericolosi. Polizia e carabinieri hanno an- che arrestato tre loro presunti favoreggiatori: il chirurgo Salvatore Nangano, iscritto alla loggia massonica «Praxis» e due mezze figure della cosca di Brancaccio, capeggiata dagli stessi Graviano, Antonino Catanzaro e Gaetano Castiglione. Il medico era solo apparentemente insospettabile. In realtà era tenuto d'occhio da qualche tempo perché passava per uno che oltre a curare i latitanti faceva con loro il porta e riporta di notizie utili con assoluta libertà d'ingresso e uscita dai loro nascondigli, in parte localizzati nello stesso quartiere. Il ruolo di Nangano, secondo i magistrati, se interamente scoperto, potrebbe riservare grosse sorprese nel senso che si ritiene che egli abbia avuto ottimi rapporti in ambienti politici e giudiziari. Ma questi ultimi - ha precisato uno degli inquirenti ieri durante una conferenza stampa nella quale sono stati annunciati i cinque arresti - «molto lontano da Palermo». Il procuratore aggiunto della Repubblica Guido Lo Forte ha anche letto il passo di una dichiarazione del pentito Giovanni Drago secondo cui i mafiosi ritenevano don Puglisi «un rompiscatole» per la sua energica e incessante azione antimafia. Un'attività intensificata dal sacerdote da quando due anni prima il cardinale Pappalardo l'aveva destinato alla guida dell'importante parrocchia di San Gaetano e da quando l'anno precedente aveva aperto sempre nel rione il centro sociale «Padre Nostro» per accogliervi immigrati e diseredati. In chiesa uno degli slogan su¬ bito lanciati da don Puglisi fu «chi usa la violenza non è un uomo» e solo chi sa quanto il maschilismo dei boss consideri il «non essere uomo» uno dei peggiori insulti può intuire il grado di risentimento da loro nutrito nei confronti del religioso. Così Catanzaro e Castiglione sarebbero stati incaricati dai Graviano di tempestare di minacce anonime anche attraverso il telefono il coraggioso parroco «senza lasciarlo campare più» e quindi di attentare al portone d'ingresso della chiesa e d'incendiare l'autofurgone di un'impresa incaricata di eseguire restauri nel tempio. Il contesto delineato ieri dagli inquirenti dopo incriminazioni e arresti è di un rione in cui Totò Riina d'ha raccontato Salvatore Cancemi, il pentito che ha tanto contribuito all'inchiesta sulla strage di Capaci alla quale ha ammesso di aver lui stesso partecipato) decise di affiancare al capo mandamento Benedetto Graviano i suoi fratelli Filippo e Giuseppe, per ammissione generale ben più risoluti di lui. Antonio Ravidà A sinistra don Puglisi, a destra le tre persone arrestate ieri per l'omicidio del sacerdote

Luoghi citati: Capaci, Catanzaro, Palermo