Previti: dobbiamo esserci di Andrea Di Robilant

Previti: dobbiamo esserci Previti: dobbiamo esserci La Farnesina frena, oggi si decide DI OMA seguirà la Francia in Ruanda? Dopo l'approvazione della risoluzione Onu in favore di un intervento di peace-keeping, il governo Berlusconi deve decidere in tempi strettissimi (le truppe francesi inizieranno oggi stesso le operazioni) se unirsi o meno all'iniziativa di Parigi. Il ministro della Difesa Cesare Previti, informato circa la decisione Onu mentre si trovava al Maurizio Costanzo Show, ha dichiarato: «L'Italia ha il dovere di partecipare non solo con le parole. Occorre interrompere questa tragedia a qualunque costo. Probabilmente se ne parlerà domani (oggi, ndr) in Consiglio dei ministri». Atmosfera molto più prudente, invece, alla Farnesina. La risoluzione Onu sarà «oggetto di valutazione» nei prossimi giorni. E comunque, negli ambienti diplomatici la sensazione è che ancora non si stiano realizzando tutte le condizioni che il governo aveva posto per un invio di truppe ita- liane in Ruanda. La prima condizione, e cioè che l'operazione progettata e ispirata dalla Francia avesse comunque una copertura Onu, è stata raggiunta con il voto del Consiglio di sicurezza. Ma altre due condizioni, alle quali il governo italiano attribuisce grande importanze, non sono state realizzate. La prima è che l'intervento abbia il consenso delle parti in lotta in Ruanda; la seconda che il comando dell'operazione sia affidato alla Nato oppure alla Ueo. Secondo il quotidiano Le Monde Silvio Berlusconi, in una conversazione telefonica martedì con il premier francese Edouard Balladur, aveva dichiarato che l'Italia era disposta a contribuire ad una forza multinazionale (400 uomini tra forze speciali e logistica), purché la missione fosse esclusivamente a carattere umanitario e ci fosse assoluta chiarezza sulla struttura di comando. Ma le perplessità del governo italiano, condivise peraltro da molti altri governi europei, non si sono ancora dissolte. Non si capisce bene quale sia l'obiettivo dei francesi, soprattutto visto che il Fronte popolare ruandese si oppone ad un intervento di Parigi. E soprattutto si teme che l'assenza di chiarezza su tempi, condizioni, obiettivi dell'intervento porti ad una ripetizione di conflitti già visti in Somalia. Per questo l'orientamento del governo è quello di far decantare la cosa e rimandare ogni decisione al dopo-Corfù, dove i leader europei si riuniscono da domani per il vertice della Ue. Dice una fonte diplomatica: «11 governo è ancora fermo alle condizioni poste in questi giorni e non sembra che ci siano ancora i requisiti per una partecipazione italiana». Ieri, prima che il Consiglio di Sicurezza si pronunciasse a New York, si erano inseguite le voci più diverse sulle intenzioni del governo italiano. Erano cominciate con proprio con l'articolo di Le Monde, nel quale il via libera di Berlusconi appriva cosa fatta. Nel suo colloquio con il premier Balladur - si leggeva - il presidente del Consiglio italiano «ha lasciato intendere che l'Italia è pronta a fornire una partecipazione di 400 uomini» per un intervento in Ruanda. Il ministro degli Esteri Antonio Martino, ha confermato, sempre prima dell'approvazione della risoluzione Onu, che ci stava «muovendo nella direzione giusta». Ed ha aggiunto: «Bisogna dare garanzia che non sia un'iniziativa unilaterale, bensì multilaterale. E che l'aspetto umanitario sia l'elemento prevalente delle finalità della missione. Quello che ci preoccupava era un'iniziativa unilaterale che avrebbe avuto un sapore neocolonialista e che avrebbe contribuito ad aggravare, anziché ridurre, le tensioni». Ma rimane la questione del comando: «Noi abbiamo detto che la missione deve essere organizzata dalla Nato o dalla Ueo», ha aggiunto Martino. «E si deve trattare di una effettiva missione di peace-keeping, con l'accordo delle parti. Se queste condizioni non sono presenti, ricadiamo nella iniziativa unilaterale di cui dicevo prima». Andrea di Robilant Il ministro della Difesa al Maurizio Costanzo Show «L'Italia deve fare di tutto per interrompere la tragedia» Il ministro della Difesa Cesare Previti «L'Italia deve partecipare non solo con le parole»