Quella «ruggine» a Bankitalia

II Quella «ruggine» a Bankitalia L'ex premier: mi hanno giudicato i mercati II I DUELLANTI DI VIA NAZIONALE PER carità, niente commenti: non voglio far polemiche. Gli osservatori di cose economiche che hanno seguito l'operato del mio governo, hanno visto giorno per giorno come i mercati hanno valutato tutto ciò che abbiamo fatto. Abbiamo lasciato agli atti una serie di documenti per cui chi vuole trovare dati e riferimenti concreti, può trovarli facilmente. Basta, non dico di più». E non è poco, per il riservatissimo Ciampi. Del resto, se non fosse per la consegna ferrea del silenzio istituzionale, le repliche, ben più sferzanti, si affollerebbero sulle sue labbra. Quel lancio d'agenzia, così chiaro: «Dini: pesante l'eredità del governo Ciampi». Quel marchio d'inettitudine: «L'interruzione del processo di miglioramento delle finanze pubbliche che il governo Amato aveva innescato con decisione». Ma Ciampi si domina, non polemizza. Qualcuno dei suoi fedelissimi sibila qualche parola di più: «A parte la questione di stile - le pare bello che un ministro del Tesoro dica cose simili sul suo ex capo? - è stato Ciampi a ridurre i tassi, ad abbassare il rischio Italia. E poi, Ciampi ricevette un'eredità pesantissima proprio da Amato: perciò dovette fare la manovra da 11 mila miliardi del maggio '93». La faida verbale va avanti. Non una riga, negli austeri annali di Bankitalia, potrebbe attestarlo eppure tutti, dagli uscieri in livrea di Palazzo Koch fino agli autisti che accompagnano gli uomini del direttorio nei loro spostamenti, hanno la memoria piena di questa sorda polemica che da anni, ormai quasi vent'anni, oppone Dini a Ciampi e Ciampi a Dini. Roma è piccola, per questi pettegolezzi. Quanto Dini criticasse il governo Ciampi in carica, e quanto Ciampi osteggiasse la nomina di Dini a governatore, lo hanno sentito raccontare e ripetere proprio tutti, negli ambienti economici della capitale. Laici entrambi, ma diversissimi, vicino agli ambienti della de e del psi Dini, amico di molti «azionisti» della prima ora, aperto al dialogo con il pds Ciampi. Una probabile dose di personale antipatia, probabilmente. Dissensi di fondo sul rapporto con il Palazzo, forse. Una vecchia rivalità dottrinale. Ce n'è d'avanzo per spiegare il dissidio. Basta una breve retrospettiva, ed ecco emergere dalla nebbia della prima Repubblica molte stazioni dolorose di questa guerra di parole. 19 novembre 1993, Lamberto Dini svolge una conferenza a Siena: l'incertezza politica - dice in sostanza - blocca il ribasso dei tassi, e le famiglie mostrano punte di resistenza all'acquisto dei Bot. A Palazzo Chigi governa Ciampi, a via Nazionale guida Fazio. Sarà Fazio, Stato-cuscinetto tra i due, a rettificare all'indomani, con una nota ufficiale dell'istituto, quell'attacco tutto politico saettato dal direttore generale, sottolineando che «vanno evitate le drammatizzazioni». Ma è il mese di aprile del '93, quello successivo alla partenza di Ciampi verso il governo, a registrare le punte polemiche più aspre. Sotterranee, ma velenose. Si decide la successione, e il governatore uscente si schiera decisamente per il «no»: Dini resti dov'è, tutt'al più venga al governo con me, prenderà il Tesoro. Dini rifiuta, vuol giocare la sua partita in via Nazionale, anche rischiando la sconfitta, ma non collaborare ancora con Ciampi. E il governatore uscente rimescola le carte, scavalca il direttore generale - favorito in linea gerarchica - e promuove Fazio. Del resto, appena un anno prima, lo stesso Ciampi che pure si era detto pronto alle dimissioni, dopo la crisi della lira aveva rifiutato il ministero del Tesoro nel governo Amato, anche per non lasciare la guida di Bankitalia ad un governatorato-Dini che a quell'epoca non avrebbe avuto al- ternative reali. Comunque, in tutta la lunga fase di destabilizzazione che Bankitalia ha attraversato dall'uscita della lira alla nomina di Fazio, le lobby che, ciascuna dal canto suo, tentavano di «accaparrarsi» i rivali hanno certamente enfatizzato la loro rivalità. Basti pensare alla sortita di Famiglia cristiana contro la supposta «appartenenza massonica» di Ciampi. O, chissà, quell'«equivoco» che indusse il Fondo monetario, proprio nella riunione del settembre '92, a confondersi e indicare Dini, e non Ciampi - sulla guida ufficiale del meeting - come governatore della Banca d'Italia. Sergio Luciano I fedelissimi di Carlo Azeglio «Non è corretto dire cose simili dell'ex capo» Ma i contrasti vengono da lontano Dietro lo scontro per la poltrona di governatore i dissidi ideologici Accanto Carlo Azeglio Ciampi. Sotto Giuliano Amato suo predecessore alla guida del governo

Luoghi citati: Azeglio, Bankitalia, Italia, Roma, Siena