Nordici, ritiro o Babilonia? di Fabio Vergnano

Nordici, ritiro o Babilonia? Nordici, ritiro o Babilonia? Nell'hotel, mogli, giornalisti e curiosi PRINCETON. Lo slogan è accattivante: è più che un hotel, è lo Scanticon. E per questo la Norvegia lo ha scelto come sede del ritiro nel Sud del New Jersey, un'ora e mezza di auto dal Giant's. Fosse stato un albergo triste come quello che ospita gli azzurri, non ci sarebbero mica venuti questi norvegesi con il sorriso sempre sulla labbra. Trecento stanze, un'atmosfera da stazione ferroviaria nell'ora di punta. Un esempio: ieri mattina tutte le sale per le conferenze ed i convegni erano occupate. Da una parte i rappresentanti della Squibb, dall'altra quelli di una ditta di computer. Grande via vai di ragazze, alcune piuttosto attraenti. Una Babilonia. Sì, la Norvegia non ha voluto chiudersi in clausura. Per ragioni economiche e per voglia di socializzare. Spiega il capo ufficio stampa Jon Jamessen: «Non possiamo essere spendaccioni. A noi il contributo della Fifa serve per propagandare il calcio in Norvegia». In tutto hanno requisito quaranta stanze, una piccola ala del complesso alberghiero dotato di tre campi da tennis, piscina coperta e scoperta e campo da golf. Ci vanno i giocatori, ci vanno tutti i signori Smith e Johnsson che transitano da queste parti. Unica concessione alla privacy, una sola porta (sorvegliata) per accedere alle camere dei giocatori. Per il resto vita in comune con gli altri ospiti dell'hotel. Dice Bratseth, capitano della squadra: «Sarebbe stato triste chiudersi in isolamento, queste cose non fanno parte del nostro carattere. A cinque minuti di auto da qui vivono le nostre mogli. Con loro stiamo dopo ogni partita, ma vengono anche agli allenamenti». Spiega il tecnico Olsen: «A noi sta bene così. Ci piace essere aperti e disponibili. E poi in un Mondiale così lungo, chiudersi in clausura fa andare fuori di testa». Chissà cosa ne penserà Sacchi, che ha trasformato il ritiro azzurro in un bunker e fa svolgere gli allenamenti lontano da occhi indiscreti. Ieri su uno dei campi della Princeton University s'è visto di tutto. A parte giornalisti di tutto il mondo (l'accesso è libero), c'erano mamme con bambini nel passeggino, studenti, pensionati. Una bella confusione, ma è un clima che crea euforia. Forse anche per questo poi in campo è meno difficile vincere. [f. ver.] più e siamo ben organizzati. E attenti alle conclusioni sui calci piazzati: siamo bravissimi. Il punto debole della squadra italiana sta nella mentalità sbagliata. Hanno perso una partita e questo ha creato tante polemiche e tanto nervosismo. Bisogna essere forti anche qui». E batte con il dito indice sulla tempia. E Roberto Baggio? «Va bene che noi abbiamo una squadra di cursori, ma uno come lui mi farebbe comodo. Un posto glielo troverei sempre, di sicuro». La formazione della Norvegia è top secret fino alle 14 di domani, due ore prima di giocare. E oggi gli azzurri verranno studiati a videotape. Anticipa il capitano Bratseth: «Ci sarà qualche accorgimento, ma non sono autorizzato a parlarne. L'Italia non ha punti deboli, è l'Eire che è stata fortissima. Ma quel gioco fatto di possesso di palla, ci piace. Questi sono gli avversari che preferiamo affrontare». A fine Mondiale Bratseth, 33 anni, chiuderà con il calcio. A meno che dall'Italia non gli arrivi un'offerta allettante. Per esempio dal Milan. Ma è uno scherzo: «Se mi volessero al posto di Baresi, sarei pronto a ripensarci. No, per me dire basta dopo un'avventura così esaltante è il modo più bello che ci sia». Fabio Vergnano

Persone citate: Baresi, Johnsson, Olsen, Roberto Baggio, Sacchi

Luoghi citati: Eire, Italia, New Jersey, Norvegia