il caso Da Renoir a Cézanne: scoperto un tesoro rubato dai nazisti a ebrei francesi

il caso. Da Renoir a Cézanne: scoperto un tesoro rubato dai nazisti a ebrei francesi il caso. Da Renoir a Cézanne: scoperto un tesoro rubato dai nazisti a ebrei francesi Claude Monet: «La strada di Louveciennes». A destra, «Diana al bagno», di un »«r:M«H| maestro della scuola di Fontmnebleau. In basso, Delacroix: «Giovane uomo con il berretto blu» r:M«H| | DAI festeggiamenti del D Day riemerge un tesoro scomparso cinquant'anni fa. Era nella cantina di un 1 vescovo, il mistero custodito dal confessionale. Un viaggio da Magdeburgo a Berlino sembrò porre fine all'oblio. Ma due ante di noce stagionato nascosero, ancora per molti anni, la verità. E' la storia di ventotto tele che farebbero la fortuna di una casa d'aste. Scomparvero dalla Francia occupata senza lasciare tracce. Ora il cancelliere Kohl ha deciso di restituirle ai musei parigini. Ma il lieto fine non scioglie la fitta nebbia che avvolge i capolavori: Renoir, Monet, Cézanne, Seuraul, Gauguin... Sulle loro tracce sono stati sguinzagliati i giornalisti del settimanale Figaro magazine che hanno portato a casa fotografie. Ma anche tantissimi punti di domanda. Il prologo del thriller potrebbe essere ambientato in una delle notti più buie del Terzo Reich: un giovane ufficiale o un soldato tedesco di guardia al bottino di guerra fa sparire il fior da fiore, lo rinchiude in una grade valigia di cartone e lo affida alla Reichpost, nella speranza di ricostruirsi una vita dopo la caduta delle aquile. La valigia è la stessa che nel 1971 si trova tra le mani Brauner, il direttore del museo di Berlino Est. A quell'appuntamento l'aveva spedito il ministro della Cultura della Ddr in persona. Magdeburgo, palazzo del vescovo. Il prelato, Heinrich Solbach, fa portare la valigia. Ancora freschi i timbri della posta del Reich, viene aperta sotto gli occhi di Brauner. Alla meraviglia dell'invitato, il vescovo invoca Dio: «Non dirò null'altro, il sacramento della confes- Quando il cuore batte ancora La lettera non firmata apparsa su la Stampa del 19 giugno dal titolo «Altruisti ipocriti» in risposta ad una precedente condivisibile lettera di Livio Cade del 18, è da me interpretata come un invito a produrre documentazione scientifica a sostegno di coloro che avversano la cosiddetta «morte cerebrale» a cuore battente. Argomenti scientifici validi ve ne sono molti. Primo: la Scuola di Harvard ha pubblicato sulla rivista scientifica Criticai Care Medicine del 20 dicembre '92 (87 voci bibliografiche) un articolo dal sintomatico titolo: «Rethinking brain death Ripensando la morte cerebrale» dalla lettura del quale si evince tra l'altro che anche con le più perfette e moderne strumentazioni non è possibile stabilire la cessazione irreversibile di tutte le funzioni dell'encefalo. Basta questo lavoro scientifico a dimostrare che il dibattito è tuttora aperto a livello internazionale da convalidare le opposizioni di molti medici e specialisti nazionali e stranieri contro il dogma utilitaristico ad impronta filosofica della cosiddetta morte cerebrale. E' da ricordare inoltre che il cervello ò un organo di cui sono note solo il 10% circa delle sue funzioni e biochimica; che i tre specialisti preposti dalla legge italiana per dichiarare la cosiddetta «morte cerebrale» sono tre medici (anestesista, medico legale, neurologo) che non hanno e non possono avere una visione globale del soggetto in coma; che l'elettroencefalogramma sul quale principalmente basano la loro sentenza di morte è uno strumento che i Paesi anglosassoni non considerano perché ò soggetto a frequenti artefatti. In era pretrapianti la morte era indiscutibilmente l'interruzione contemporanea delle due funzioni vitali respiratoria e cardio-circolatoria verificata per almeno 24 ore. una morte concreta e verificabile da chiunque. La «morte cerebrale» a cuore battente e sangue circolante invece è il prodotto della neces¬ sione me lo vieta». E così è, fino a quando, nel '74, Solbach porta il segreto con sé nella tomba. I giornalisti francesi hanno ottenuto qualche informazione in più: tre o quattro mesi prima, il prelato aveva ricevuto la visita di un ex soldato della Wehrmacht; alla fine della guerra sarebbe stato incaricato da un ufficiale di fare sparire un lotto di tele rubate. Intendeva probabilmente recuperarlo a guerra finita, ma di lui non si ebbero più notizie. Terrorizzato da quello scottante bottino, l'ex soldato del Fùhrer si affidò alla comprensione della Chiesa. Ma perché aspettò tanto

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