Prima condanna per Citaristi

Colpevole anche Bonsignore, si salva solo Ligresti nel processo per l'ospedale di Asti Colpevole anche Bonsignore, si salva solo Ligresti nel processo per l'ospedale di Asti Prima condanna per Citaristi Dopo 74 avvisi di garanzia, due anni all'ex tesoriere de E' agli arresti domiciliari, ma è arrivato senza la scorta Tutti condannati - unica eccezione, Salvatore Ligresti - al processo per le tangenti sull'ospedale di Asti, prima grossa inchiesta sulla pubblica amministrazione a Torino dell'era Tangentopoli, condotta dal pm Vittorio Corsi. E Severino Citaristi, ex segretario amministrativo della de, ha aggiunto ieri ai suoi 74 avvisi di garanzia la prima condanna: 2 anni, il pm ne aveva chiesti tre. «Sentenza ingiustissima - ha commentato -. Inizio ad avere meno fiducia nella giustizia». La sentenza è stata pronunciata alle 19 dal presidente della prima sezione del tribunale Giangiulio Ambrosini: 2 anni per corruzione a Vito Bonsignore, ex leader degli andreottiani in Piemonte (per lui è caduta l'accusa di concussione; il pm aveva chiesto 4 anni); 1 anno e 6 mesi (richiesta confermata) a Vittorio Valenza, collaboratore del defunto segretario amministrativo del psi Balzamo; 1 anno e 6 mesi (la richiesta, 2 anni e 6 mesi) per Bianca Dessimone, braccio destro di Giovanni Goria, ex presidente del Consiglio, processato per corruzione (il pm aveva chiesto 3 anni), morto di cancro il mese scorso. Un anno e 7 mesi a Giacinto Occhionero, ex amministratore straordinario della Usi di Asti. Stessa condanna per Alessandro Sodano, progettista della Grassetto di Ligresti, fratello del cardinale Angelo, segretario di Stato vaticano. Per entrambi il pm aveva chiesto 2 anni e 4 mesi. Un anno e 7 mesi anche per Filippo Milone, dirigente Grassetto (la richiesta: 2 anni e 6 mesi). Infine, 1 anno e 5 mesi per corruzione ad Aldo Genta, già collaboratore di Vito Bonsignore: anche per lui è caduta la concussione, per cui erano stati chiesti 2 anni e 9 mesi. Unico assolto, Ligresti (l'accusa aveva chiesto 3 anni): negò sempre di essersi occupato di Asti, perché impegnato su altri fronti. Milone confermò: «A quell'affare ho sempre pensato io». I giudici gli hanno creduto. Aula semideserta alla lettura della sentenza: gli avvocati, Bonsignore, che aveva promesso di presenziare a tutte le udienze. Poco più in là, Valenza e Genta. Assente Citaristi, «sono stanco, torno a Bergamo». Arrestato nei giorni scorsi a Milano, aveva ottenuto gli arresti domiciliari. Il presidente Ambrosini aveva chiesto alla procura che potesse venire a Torino senza scorta. Permesso accordato. Ieri mattina ha detto: «Spero di ricevere una buona notizia, l'assoluzione». Tirato in faccia, ma disponibile a parlare: «La telefonata di Scalfaro? E' capitata all'improvviso, non me l'aspettavo. Ma questi miei arresti domiciliari sono stati "sui generis", ho fatto e ricevuto telefonate, ho incontrato persone. Ho anche ottenuto di andare a Messa». Ma è andata male, a Citaristi: 73 anni, e ora la condanna più pesante, 2 anni, come Bonsignore. A conclusione di una vicenda a cui pochi credevano, nell'estate del '92. Sembrava che Torino dovesse passare immune attra- verso Mani pulite, dopo la scottatura dell'inchiesta Zampini, che decapitò - 2 marzo 1983 giunte «rosse» e un'intera classe politica. Dieci anni dopo, fu di nuovo scandalo. Una storia che arrivava dalla provincia, Asti, dove si voleva costruire un ospe¬ dale nuovo, 235 miliardi di appalto. E subito si scatenò una guerra all'ultimo sangue tra cordate di imprenditori appoggiate da diversi gruppi politici. Sei miliardi di tangenti vennero promesse da Marco Borini per vincere quella gara. Tre miliardi al¬ la de, tre al psi. Accordi passati, per parte socialista, attraverso l'assessore regionale alla sanità Eugenio Maccari, La Ganga e Balzamo, e per parte democristiana, attraverso Dessimone, Goria e Citaristi. Borini vinse, e con lui la cordata Cogefar-Ruscalla-Recchi-Cooperativa Costruttori di Bologna. Ma Borini raccontò tutto di quel patto. Nel febbraio del '93 partirono arresti e avvisi di garanzia: Bonsignore, accusato di concussione per un altro miliardo. Giusi La Ganga: avviso per corruzione. Pochi giorni prima aveva lanciato un «da anni non mi occupo più di appalti», per riparare su un «sono estraneo ai fatti», e infine annunciare le dimissioni da capogruppo dei so¬ cialisti alla Camera. Sullo sfondo della storia c'erano le manovre per pilotare quella gara: corruzione ad Asti, dove d'improvviso la commissione aggiudicatrice venne allargata a 19 membri, e uno di questi era Savoino, grande manovratore degli appalti della sanità in Piemonte. Corruzione a Roma, dove Borini visitava regolarmente Balzamo e Citaristi. Corruzione a Torino, dove partirono richieste e promesse di mazzette. Il pm Corsi aveva detto: «Questa storia assomiglia a un giallo di Agatha Christie, e il morto è l'ospedale». Sacrosanta verità, perché l'ospedale nuovo di Asti non si è ancora fatto, e forse non si farà più. Brunella Giovara A fianco da sinistra Vito Bonsignore e Salvatore Ligresti In alto Severino Citaristi