«Più dell'Italia c'è da temere il caldo» di Marco Ansaldo

Sport Olsen, citi della Norvegia, forte del vantaggio si sente tranquillo e snobba gli azzurri «Più dell'Italia c'è da temere il caldo» «Qualificazione in tasca» PRINCETON DAL NOSTRO INVIATO Egil Olsen, l'uomo che ha pilotato la Norvegia al primo successo nella storia del Mondiali, non è il tipo di allenatore che piacerebbe a Berlusconi: detesta il blazer, lo si vede di rado con la cravatta e soprattutto è un vecchio comunista che gli anni hanno portato alla socialdemocrazia, senza indurlo però a scavalcare il fossato come molti compagni italiani. «Le mie idee restano quelle di sempre, soltanto che non le strillo più», confessò nei mesi scorsi a chi gli chiedeva quanto fosse rimasto del contestatore nel tecnico che ha infuso al calcio norvegese il concetto di organizzazione. Egil il Rosso dunque è l'ultima persona in questo Mondiale che griderebbe Forza Italia, se sapesse cos'è. Tanto più che agli aspetti politici, si mescolano ora quelli sportivi. Tra due giorni la Norvegia (rientrata in serata a Princeton dopo un ricevimento all'Ambasciata di Washington) ritorna sulla strada dell'Italia come tre anni fa quando il 2-1 di Oslo tagliò le gambe a Vicini per la qualificazione agli Europei. Un'altra sconfitta e si va a casa, tra i pomodori e le uova marce. «Ma restate un grande Paese di calcio, che saprebbe sopportare persino un'eliminazione - spiega Olsen perché quando un fenomeno fa parte della cultura di un popolo sa reggere a qualsiasi tempesta». Probabilmente è vero. Ma nessuno vorrebbe farne la prova. La Norvegia come spauracchio italico appartiene all'avventura del calcio nuovo che ha soppiantato le gerarchie. «Io credo che con il successo contro il Messico ci siamo messi quasi al sicuro per la qualificazione - prosegue il et dei nordici -. Con un punto nelle prossime due partite dovremmo essere a posto, al limite possiamo pure perdere giovedì e non succederebbe niente. Per noi questa rimane una partita difficile, non sono i tre punti in più in classifica che ci devono far credere che il mondo sia cam- biato e che noi siamo meglio dell'Italia». Egil il Rosso vive un momento di grande popolarità. Per arrivare alla panchina della Nazionale ha dovuto superare molte resistenze, a qualcuno nella federazione non piacevano le sue idee politiche e il fatto che le esternasse alla stampa. Con il tempo e con i successi, in quattro anni ha portato dalla sua parte quasi tutti: ha imparato a smussare gli angoli del carattere, ha puntato sulle sue qualità di allenatore informatico (tutto il suo lavoro è basato sull'uso del computer) per imporre la propria personalità. L'ex anarcoide del pallone che giocava con le calze arrotolate e aveva la mania del dribbling, tanto da farsi soprannominare Drillo, si è trasformato. Un po' come Mondonico, per tornare ai personaggi nostri. Non tutto fila liscio neppure tra i norvegesi, ma l'entusiasmo permette di superare le piccole crisi che travagliano un movimento passato dal dilettantismo puro al professionismo. Olsen ormai è arrivato come un qualsiasi tecnico italiano al litigio con una parte della stampa, che si è fatta più aggressiva. E proliferano le gelosie. Rekdal, l'autore del gol ai messicani, si è presentato alla radio con questa frase: «Visto che per due mesi avete insistito perché giocasse Leonhardsen al posto mio, adesso le domande andate a farle a lui». Storie che sanno di difesa degli interessi. Rekdal, che gioca in Belgio, era stato estromesso dalla formazione e non avrebbe dovuto entrare neppure nella ripresa perché Olsen pensava di sostituire la punta Fjortoft con un altro attaccante, Sorloth. Invece il caldo e la fatica hanno stremato uno dei centrocampisti e per Rekdal si sono aperte le strade del campo e della rete. «Non c'è da stupirsi - dicono i norvegesi -; tutti i nostri centrocampisti sono portati ad andare in gol. Questo è un elemento che caratterizza il nostro gioco». Sarà così pure con l'Italia. Tutto per i nordici si deciderà a centrocampo. «Un po' come contro il Messico - ammette Olsen -. Qualcuno dice che non meritavamo di vincere, io penso che potevamo già segnare nel primo tempo e se siamo stati un po' fortunati,' anche questo fa parte del gioco». «Ma non dobbiamo caricarci di troppe responsabilità - sostiene il capitano, Bratseth, che conosce bene il calcio italiano dopo le esperienze di Coppa con il Werder Brema -. La partita difficile è quella contro l'Eire, perché è uguale a noi ma con più esperienza. Più che l'Italia c'è da temere il caldo». Marco Ansaldo IL PAREGGIO DI DAHLIN RIVISTO ALLA MOVIOLA Rekdal (in alto), autore del gol norvegese, festeggiato dai compagni