Arbore business internazionale di mandolini caccavelle e putipù di Alessandra Comazzi
r ::o:::-:v:-;';:::i->;S;-' TIVÙ' & TI VII' Arbore, business internazionale di mandolini, caccavelle e putipù CERTO che ha messo su un bel business, Renzo Arbore, con la sua Orchestra Italiana. Una vera operazione ecumenica. Gira i teatri d'Italia, raccogliendo dovunque, al Nord al Centro e al Sud, applausi scroscianti e platee che cantano con lui. A Milano ha dovuto triplicare le recite, perché non ce la faceva a star dietro a tutte le richieste. E il pubblico che improvvisava il karaoke intorno a «Luna rossa» si vantava di non essere soltanto formato da meridionali nostalgici. Voci dalla platea: noi veniamo dal Veneto; e noi da Varese, e tutti giù a strillare in coro. Tra un pezzo d'Italia e l'altro Arbore è partito alla conquista dell'America, dall'Est all'Ovest, dal Nord al Sud, da New York a New Orleans, trovando ovunque folle di emigrati che si incantano davanti all'allegria di cui il solito Renzo si fa orgoglioso portatore. E' stato attaccato, per questo modo di perpetuare l'immagine italiana attraverso mandolini caccavelle e putipù; attraverso l'allegria a tutti i costi, attraI verso uno spettacolo di grana I grossa e un'immagine strapae- sana dalla quale non c'è verso di liberarsi. Visto che questa possibilità liberatoria non esiste. Arbore ha fatto la sua scelta di «realpolitik»: non cancelliamo la vecchia immagine dell'Italia, rendiamola invece più evoluta. E' stato pure attaccato per il suo modo non ortodosso di trattare la canzone napoletana, di arrangiarla, di modernizzarla, e quindi di travisarne lo spirito. Per esempio: «0 surdato innamurato», che Anna Magnani interpretava con il suo drammatico filo di voce, diventa un brano allegro, mentre quel povero soldatino è lì che si strugge nel pensare alla sua bella, che forse non rivedrà mai più, che forse lo sta già tradendo. Dunque. Che Arbore abbia scoperto un filone aurifero e lo stia percorrendo con entusiasmo lo vediamo tutti: attraverso i concerti, le tournée, gli infiniti passaggi televisivi. La canzone napoletana, anche rivisitata, è un must che piace inesauribilmente, lo conferma «Viva Napoli» condotto da Mike Bongiorno, in onda su Canale 5, e seguito da quei sei, sette milioni di telespettatori che di¬ cono subito da quale parte sta la ragione. Accusare Arbore di opportunismo e di ripetitività non è impossibile. Però: nei suoi spettacoli si sente il gusto della musica, il piacere di lavorare in gruppo, il pubblico se ne accorge, e se ne va dal teatro di buonumore, se ne va cantando. E per arrivarci, a teatro, è dovuto uscire di casa, ha fatto un atto della volontà, ha spento la televisione, ha spezzato l'isolamento casalingo per ritrovarsi con altre persone sconosciute e divertirsi, per inseguire un'illusione di allegria che magari aiuta a passare meglio la settimana. E allora, non vale più tutto questo della filologia musicale? O dell'analisi sociologica? L'altra sera, su Raiuno, Arbore ha condotto una delle sue feste «ali stars» (Ray Charles, Ornella Muti, Gigi Proietti, Lucio Dalla), alla presenza della Nazionale italiana col muso. Catalano ha letto le sue rime baciate su Berlusconi e l'Orchestra, piena di talenti, ha fatto il suo dovere: 4 milioni e 406 mila spettatori, dietro i 5 e 675 di «Stranamore». Alessandra Comazzi
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