Tremate tremate le oche son tornate di Donata Gianeri

Come ai tempi di Milo e Biagini, oggi impazzano in tv le bionde giulive Marini, Elia, Barale Come ai tempi di Milo e Biagini, oggi impazzano in tv le bionde giulive Marini, Elia, Barale Tremate, tremate, le oche son tornate In sette milioni e mezzo per Valeria SONO soffici, burrose, svampite, tutta un'evaporazione di risatine e stupori infantili. Ovviamente, platinate. E cinguettano, bamboleggiano, sculettano. Evviva: le oche son di nuovo fra noi. Dopo lustri di femminismo, rivendicazioni, lotte per l'emancipazione, l'Auditel rivela (7 milioni e mezzo di telespettatori per «Serata Mondiale», sabato, con Panetti e Marini) che la donna che piace al telespettatore di oggi è esattamente quella che piaceva al telespettatore di ieri: decorativa e muta, puro oggetto di desiderio, corpo aggressivo e pensiero debole, malizia e panna montata. In televisione, insomma, è indietro tutta. E allora, via le giornaliste, le opinioniste, le anchorwomen che hanno fatto il loro tempo prima ancora di cominciare, a noi le vallette, le vallettine, le lolite, le veline, tutte senoni e lustrini, spacchi ascellari e minigonne, calze a rete e tacchi a spillo. Al macero Lilli Gruber, Serena Dandini, Stella Pende, carucce ma troppo impegnative, ben vengano Valeria Marini, Antonella Elia, Paola Barale, Simona Tagli con la loro consecutio sbagliata ma così sexy. Ahimé. Perché oca televisiva non si nasce, si diventa: l'oca sceglie deliberatamente di esserlo per sfondare, far carriera, farsi conoscere. E si mostra così come la vuole il presentatorepadrone: ingenua, stupida, disinformata. Una che non crea problemi, non pone interrogativi, non genera paure. Soprattutto, non fa concorrenza. Valeria Marini, regina delle svampite doc, ha seguito il liceo classico e dice che sta per iscriversi all'università, in psicologia. Quanto ad Antonella Elia, che in «Pressing» funge da svaporata spalla a Raimondo Vianello, dicono che non solo sia astutissima, ma addirittura diabolica. Una sorta di Talleyrand, genere bob-bon fondente. C'è da crederlo: a trent'anni riesce a fingere stupori e ingenuità infantili improbabili anche in una diciottenne. «Pensano che io sia svagata, che mi faccia raggirare dalla furbizia altrui. In realtà, al primo sguardo intuisco esattamente con chi ho a che fare e non mi sento mai spiazzata». Maschi faciloni, attenti: nulla è più pericoloso di un'oca. Se il mito della svampita biondo-platino nasce in America ed ha la sua più deliziosa rappresentante nell'inimitabile Marilyn, anche in Italia ci sono due precedenti illustri: Sandra Milo e Isabella Biagini. E mentre la Biagini è scomparsa dalla scena circa vent'anni fa, Sandra Milo non ha mai rinunciato a far parlare di sé, approfittando di ogni occasione pur di mettersi in vetrina: «Perché una come me sceglie di avere una vita pubblica sia nel bene che nel male». Così, nel tempo, è diventata una sorta di simbolo dell'Oca Nostrana. Un monumento. Al punto che, nell'85, Pertini l'ha nominata addirittura Cavaliere della Repubblica. E oggi il cavalier Sandrocchia è una che vive ancora tuffata nel presente e non rimpiange il passato: «Io credo di esser sempre stata quella che volevo essere: ogni cosa che ho fatto corrisponde ad una scelta precisa e ogni scelta comporta, necessariamente, una rinuncia. Di solito, comunque, si sceglie la cosa che piace di più. O dispiace meno». Quindi, far l'oca non le ha mai creato problemi? «Anche in me, come in tutte, c'è sempre stata una sorta di doppia personalità, una parte che usava, l'altra che ve- niva usata, quasi fossi la regista e l'interprete di me stessa. E' ovvio che il fatto che mi fossi posta certi obiettivi, ha richiesto una strategia precisa che mi sono inventata e ho seguito sino in fondo: ho imparato a sorridere, sgranare gli occhioni, mostrare il decolleté, far vedere la coscia. Sempre con grande autoironia però. Anche se non è stato facile: questo dovermi fingere continuamente oca giuliva a volte pesava. Benché il personaggio abbia i suoi lati comodi perché ti impone di essere una che non si avvelena la vita coi ricordi e non affligge gli altri coi suoi guai». Altrettanto oca, benché meno giuliva, Isabella Biagini ricorda il suo personaggio come un'eredità pesante che, all'epoca, le fece perdere ogni contatto con la realtà. «E quando guardo le nuove platinate, mi chiedo se anche loro siano fragili dentro come lo ero io. Penso di no. Questa è una generazione di oche determinate, forti, che non si pongono troppi problemi. Forse, oggi, è tutto più facile. Ai miei tempi, ci voleva molto coraggio, per essere oca. La svampita non aveva diritto ad un amore serio, né ad una vita normale: in tri- bunale mi tolsero persino mia figlia perché una biondo-platino non poteva essere una buona madre. Insomma, un personaggio così faticoso da portare nella quotidianità che quando non ce la facevo proprio più ed ero sull'orlo del suicidio, mi tingevo i capelli di nero e ridiventavo Concetta, la popolana borgatara che ero. Soltanto oggi che ho raggiunto il mezzo secolo e un certo equilibrio interiore, mi sono potuta permettere di tornare bionda, senza grossi traumi. E allora mi chiedo, guardando queste ragazze che ocheggiano, perché mai, dopo tanti anni, si continui a rispolverare un personaggio così lontano dalle nostre corde. Così squisitamente americano. Noi, in fondo, non siamo che delle cattive imitazioni: quando facevo l'oca io, mi sentivo un travestito, mi sentivo tutta finta, un personaggio da baraccone. Allora perché, invece di continuare a marilyneggiare, non proviamo un po' a sophieggiare o lollobrigidare?». Donata Gianeri Sandrocchia: «Sono stata quella che volevo essere» Isabella: «Svampita e platinata, i giudici mi tolsero mia figlia» A sinistra Paola Barale, sotto Antonella Elia, a destra Valeria Marini

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