A scuola il 1° settembre? «Il ministro sta sognando»
A scuola il 1° settembre? «Il ministro sta sognando» Consensi e polemiche sulla riforma D'Onofrio A scuola il 1° settembre? «Il ministro sta sognando» PIÙ' LUNGO SROMA I', «Io speriamo che me la cavo». La butta sul ridere Marcello D'Orta, maestro elementare, autore del best seller entrato in una casa italiana su due, quando sente che Francesco D'Onofrio, il nuovo inquilino del Palazzo della Minerva, vuol far cominciare le lezioni il 1° settembre: «La scuola è come una partita di calcio. Non contano i giorni o i minuti. Conta la qualità. Non mi divertono 90' di tiro stanco ad un pallone; mi possono bastare, perché mi appassionano, 60' di gioco effettivo». Sorride D'Orta, ma è riso amaro. «Quand'ero studente, si tornava sui banchi il primo d'ottobre; San Remigio. Non era né peggio, né meglio di adesso. D'Onofrio lo sa. E' venuto a Napoli; ha visto le nostre aule, ha toccato con mano lo sfascio dell'edilizia scolastica, lo ho insegnato per mesi nei corridoi. Allora, il problema numero uno non 6 quello di annunciare che la scuola diventa improvvisamente una cosa seria perché comincia 10 giorni prima. Il problema vero è mettere le scuole in grado di essere efficienti tutto l'anno». Già, il problema «numero uno». Raccogli qualche parere sulle intenzioni di riforma annunciate ieri dal ministro d'Onofrio alla Stampa ed ognuno comincia col suo «numero uno». L'edilizia scolastica, il valzer dei professori, l'autonomia alle scuole, la riforma della secondaria... E c'è chi, come Luciano Sgobino, presidente Age-Associazione genitori, pur auspicando le grandi riforme, s'accontenterebbe di «veder applicata la legge che c'è: i giorni di lezione dovrebbero essere sacrosanti già adesso». E c'è chi, come Gianni Ippoliti, autore tv, cerca la battuta sottile: «Se sperano di invogliare qualcuno in più a studiare allungando l'anno si sbagliano di grosso...». Rosario Drago, dell'Associazione presidi, raccoglie il guanto della sfida e rilancia: «Se davvero la scuola italiana potrà iniziare il 1° settembre, con tutti i docenti in cattedra, D'Onofrio potrà entrare nel Guinness dei primati. Ma lo sa il ministro che due anni fa un Provveditore ha nominato l'ultimo supplente il 10 giugno? La strada è una sola: lasci perdere l'idea di un decreto legge che- nessun Parla- mento mai gli approverà e chieda a Berlusconi un decreto presidenziale per cambiare prima di tutto i suoi uffici e la macchina dei Provveditorati. Lo sa che i burocrati vanno in letargo vacanziero a luglio e agosto? Lo sa che i suoi uffici lavorano col sistema tayloristico, per cui se si ferma una rotella la catena cartacea s'interrompe e le operazioni che preparano il nuovo anno scolastico aspettano?». Imputato numero uno: il trasferimento di maestri e professori. Coinvolge 100 mila persone ogni anno. Caso unico al mondo. E' appallato all'Italsiel e costa 846 miliardi alle casse dello Stato. Dal dopoguerra, nessuno è riuscito ad ingabbiare una volta per tutte il «mostro». Ora, ci prova D'Onofrio, proponendo l'abolizione delle graduatorie provinciali e la creazione di più agili «elenchi d'istituto». Plaude Giuseppe Bertagna, ispettore per le superiori e una delle anime di Nuova secondaria, la rivista de «La Scuola» di Brescia più diffusa tra i professori: «In nome del principio che questa legislatura vuole essere costituente, non mi sembra sbagliato cominciare anche da piccole cose come può essere la riforma del calendario scolastico. Dare alle scuole l'autonomia per organizzare come meglio credono i 200 giorni effettivi di lezione può essere un piccolo ma signi- ficativo provvedimento». Autonomia, autonomia. Araba fenice. La richiama Giorgio Chiosso, direttore del Dipartimento di Scienze dell'Educazione all'Università di Torino e membro della Commissione ministeriale che ha studiato gli schemi di decreto per la sua attuazione: «E' l'autonomia effettiva alle scuole la chiave di volta per rimettere ordine nel sistema formativo. Invece, proprio su questo punto, il ministro ha chiesto altri tre mesi di tempo, invertendo l'ordine logico dei passi che doveva fare. Sono d'accordo, poi, sull'esigenza di promuovere una maggiore produttività della scuola; ma questa la si ottiene soprattutto con il coinvolgimento di chi ci lavora. Non possiamo deprimere gli insegnanti con espressioni che ne indeboliscono l'immagine pubblica e poi pretendere da essi buone prestazioni. Perché, sono proprio docenti e capi istituto i protagonisti dell'innovazione». Autonomia. E non solo. Incalza Piero Bertolini, ordinario di Pedagogia all'Università di Bologna e direttore della rivista Infanzia: «Modifiche al calendario scolastico? Mi sembra una boutade. Ci sono cose ben più importanti e serie da fare: l'innalzamento dell'obbligo, la riforma delle superiori, il riordino della scuola materna, la formazione di base degli insegnanti. Mi sembra che nella testa del nuovo ministro ci sia ancora una grande confusione». Nemmeno Giancarlo Lombardi, Confindustria, consigliere delegato per la scuola, pensa che la data d'inizio delle lezioni sia problema centrale: «E' centrale il fatto che il sistema formativo diventi un settore di prioritario interesse per il governo. Ma come si comporterà Alleanza nazionale quando si discuterà, ad esempio, la riforma delle superiori? Continuerà a sabotarla come ha fatto il msi nella scorsa legislatura?». Mario Tortello «Prima chieda a Berlusconi di cambiare i suoi burocrati» Ogni anno centomila trasferimenti WSHffl <?H^ Nella scuola dibattito aperto sulle proposte del ministro D'Onofrio. Sotto, Marcello D'Orta
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