Congresso o referendum: oggi si scioglie il dilemma

Coordinamento, si scontrano per la prima volta d'alemiani, veltroniani e occhettiani Coordinamento, si scontrano per la prima volta d'alemiani, veltroniani e occhettiani Pds, sull'orlo di una crisi di nervi Congresso o referendum: oggi si scioglie il dilemma ROMA. Congresso o referendum, magari nella forma più praticabile di una consultazione che coinvolga solo gli organismi dirigenti delle federazioni del partito come suggerito dal consigliere ombra di Achille Occhetto, Claudio Petruccioli? Oggi nella riunione del coordinamento politico di Botteghe Oscure si svolgerà il primo scontro tra i diversi gruppi presenti nel pds, quelli che il segretario della federazione di Taranto, Luciano Mineo, chiama già con un nome inquietante, «bande». E la battaglia procedurale è solo la prima fase di una guerra che vede il partito diviso tra i sostenitori di D'Alema, tra i seguaci di Veltroni e tra gli ultimi fedeli di Occhetto, questi ultimi disposti a tutto pur di evitare che l'ex capogruppo, all'anagrafe Massimo nella satira «Minimo», diventi segretario del pds. La battaglia che dilanierà il pds nelle prossime settimane - o addirittura nei prossimi mesi se sarà scelta la strada del congresso - rischia di ripetere quello psicodramma che ha coinvolto negli ultimi due anni tutti i grandi partiti portandoli, per esempio nel caso del psi, addirittura all'estinzione. I sintomi, a ben vedere, ci sono tutti. C'è il vecchio leader, Occhetto, che come Craxi, è disposto ad andarsene solo se per la successione ci sarà un doppio salto generazionale (l'ex leader psi pensò a Boselli, quello pidiessino ha invece in mente Veltroni o addirittura il sindaco di Bologna Vitali). E in fondo, come Bettino, «Akel» spera di rimanere, magari nella carica di un presidente dotato di poteri non solo formali. Eppoi c'è D'Alema nel ruolo dell'eterno delfino, del numero due che ha studiato da piccolo di fare il numero uno ma non ci è mai riuscito. Un D'Alema che ricorda, con le ovvie differenze, Martelli: il pidiessino, infatti, come è avvenuto per il socialista, deve fare i conti con la grande avversione del capo, che gli rivolge la stessa accusa che Craxi rivolse a Martelli, quella di «non essere nuovo», di «avere delle corresponsabilità nella gestione della linea che ha portato il partito alla sconfitta». Certo facendo questo paragone non si può dimenticare che il psi aveva a che fare con una montagna di avvisi di garanzia, che a Craxi davano e danno del ladro come pure a molti degli altri dirigenti sociali¬ sti. Detto questo, però, il psi di allora aveva ancora la presidenza del consiglio con Giuliano Amato mentre il pds oggi si trova di fronte ad un nuovo avversario, Berlusconi, che è al 30%, e in più rischia di perdere per la prima volta nel volgere di un mattino tutto il potere che per decenni gli ha assicurato il sistema consociativo (basta fare l'esempio della Rai). Ecco perché, fatte le debite differenze, la guerra per la successione cominciata da qualche settimana potrebbe essere esiziale per il pds, come lo fu per il psi. La diagnosi di Giorgio Napolitano sul partito ora parla di «malato grave». Ma non è detto che l'avversione di Occhetto per una segreteria D'Alema e la voglia di D'Alema di riuscire a tutti i costi, non portino il pds sull'orlo del precipizio. Per un partito «strangolato» dai debiti e interprete di una linea politica tutta da rifare è già difficile sopravvivere, ma se ci si mette anche la «guerra tra bande» all'interno è quasi impossibile. Oggi nel coordinamento pidiessino dovranno riflettere anche di questo, [r. m.] Da sinistra l'ex presidente della Camera Giorgio Napolitano e il sindaco di Bologna Valter Vitali

Luoghi citati: Bologna, Roma, Taranto