Rag. Fantozzi nume della 2a Repubblica

Valsesia, il Presidente ricorda la Resistenza: la memoria non è istigazione all'odio IL PALAZZO Rag. Fantozzi, nume della 2a Repubblica forse solo le lacrime fanfaniane, forse vale il ricordo del presidente del Consiglio de che nel 1987 riuscì a rabbonire i sindacati mettendosi a piangere come un vitellino per avere la misura del cambiamento a Palazzo Chigi, e non solo. Forse, per capacitarsi, basta richiamare quel Fanfani irresistibilmente lacrimoso, basta confrontare quel suo pianto antico e astutissimo con il sorriso del presidente Berlusconi che l'altro giorno ha voluto tranquillizzare i sindacati citando Fantozzi. Il ragionier Ugo Fantozzi, maschera tragicomica della cultura televisiva e di massa. Il Fantozzi, per l'esattezza, che in uno dei tantissimi film - evidentemente rimasto impresso nella memoria berlusconiana - si vede prima beneficiato e quindi derubato da un Robin Hood che prende ai ricchi per dare ai poveri. E lui, per forza di cose, è ora l'uno e ora l'altro, è Fantozzi. E tutti dunque, anche i sindacati, capiscono, e ridono e non piantano grane. Con il risultato che il presidente non marca soltanto una differenza abissale rispetto a moduli comunicativi e persuasivi ormai perfino arcaici - il Craxi dei proverbi, l'Andreotti della vita dei santi - ma legittimamente e con indubbia originalità proclama Fantozzi nume tutelare della Seconda Repubblica. O della transizione verso tale meta, se si preferisce, da raggiungere comunque con l'auspicio di questo clown moderno che sembra aver sostituito Alberto Sordi nella concentrazione esemplare dei vizi e delle nevrosi nazionali. Vero è che Berlusconi, del tutto pago del suo non-stile istituzionale, sembra coltivare con quanti più interlocutori possibili un approccio rischiosamente spontaneo, ai limiti del giocherellon-televisivo. Quello stesso approccio, per intendersi, che così l'ha spinto a rivolgersi a un giornalista dell'agenzia d'area pds Dire: «Ma lei lo sa che ha la faccia di "Mastro Ciliegia"?». E quindi: «Lo sa che dovrebbe fare un provino?». Eppure, nella sua più fulminea fantasia come nella più universale accessibilità, la citazione di Fantozzi in sede sindacale, l'evocazione del personaggio nel quadro della vita pubblica italiana tanto più colpiscono in quanto colgono una realtà che, almeno per come la raffigurano i media, non è poi paradossalmente così diversa, così lontana, così incompatibile con quella in cui si muovono Fantozzi, la signora Pina, il ragionier Filini, la signorina Silvagni e così via. Caso curioso di realtà che tendono a sovrapporsi, influenzarsi e magari anche a divorarsi. Per cui fantozziani - o in via di accentuata, grottesca «fantozzizzazione» - finiscono per apparire i ritmi, le frenesie, gli stereotipi, le esasperazioni, le deformazioni e i catastrofismi della politica e dei suoi protagonisti: dall'armadio elettronico del ministro Previti, con studio foderato in pelle (non umana) fino al soffitto, al mostruoso buco nero dell'Inps, con i suoi 30 mila raccapriccianti fantastiliardi di debito, fino a certe esercitazioni sul sistema uninominale proporzional-maggioritario a quadruplo turno (con riporto del quorum) detto anche «all'australiana». E personaggio da Fantozzi, in fondo, è lo stesso Berlusconi, mega galattico capo aziendale; fantozziana è la corrente indipendentista della Lega (meglio se in costume); fantozziano - con tendenza Fracchia - è il pds, partito che magari sarà diretto da quello stesso Veltroni che ha avuto l'onestà di dichiarare: «Certe volte mi sento un po' Fantozzi anch'io». Filippo Ceccarelli Bili |