Bossi e Maroni separati a Pontida di Irene Pivetti

Il senatur mette le mani avanti: questo incontro l'abbiamo organizzato male Il senatur mette le mani avanti: questo incontro l'abbiamo organizzato male Bossi e Maroni, sepurati a Pontida Oggi a confronto le due «anime» della Lega MILANO. Irene Pivetti non ha ancora deciso: sarà o non sarà a Pontida? Bobo Maroni arriverà in ritardo, fino a mezzogiorno è nel Varesotto per commemorare 52 partigiani. Umberto Bossi è pronto. «Ci abbracceremo - fa sapere Maroni così la smetteranno di darmi dello scissionista». Bossi e Maroni, l'inseparabile coppia, alla prima Pontida dell'era governativa della Lega. I due protagonisti. Uno che si presenta con il solito Babbini, l'altro con superscorta da Viminale. Uno che deve dar voce e ragione alla Lega di lotta, l'altro alla Lega di governo. Mediazione difficile. Ma quel che si aspettano i leghisti è proprio che Bossi & Maroni sciolgano le ambiguità. Davvero i filogovernativi tirano dalla parte di Berlusconi? Davvero Bossi cerca altre strade, una via che lo porti a catturare nuovi voti nell'ex sinistra? Maroni, a suo modo, nega divergenze: «Io ho proposto una collaborazione organizzativa con Forza Italia e An. Quella di Bossi è una proposta molto intelligente e rischiosa, va spiegata bene e messa in pratica meglio. Tutto qui. Le discussioni, tra noi, hanno sempre portato a una linea comune. Sarà così anche questa volta». Da Gemonio, Bossi dice di non aspettarsi l'adunata oceanica dell'ultima Pontida. In 40 mila quel giorno, 10 aprile, per celebrare la Lega che va al governo. In 40 mila per applaudire i 180 eletti, Irene Pivetti che si era commossa dal palco, Miglio che si era preso la sua bella (e ultima) ovazione, Formentini che aveva scommesso su Maroni al Viminale e Speroni alla presidenza del Senato... La Lega «po/po/la/na!», ormai con uno scarpone a Palazzo Chigi, era stata benedetta da una folla mai vista. «L'abbiamo organizzata male questa Pontida - dice Bossi - i militanti non si sono ancora ripresi dalla campagna elettorale». 0 dalla legnata. 0 dal caos tra Lega di lotta e Lega di governo, gli attacchi di Bossi e le mediazioni di Maroni, i malumori, i pasticci nelle votazioni in Parlamento, il neolaburismo che distingue da Berlusconi o l'accordo organizzativo che avvicina a Forza Italia, il federalismo di governo e l'indipendentismo d'opposizione. Come sempre, Bossi avverte che a Pontida andrà per ascoltare, ma è una metafora. Oggi va, come sempre, a sentire, a vedere la sua base. E darà la linea. L'istrione Bossi, il provinciale, il naif, il leader popolare e «po/po/la/no!», farà il suo bagno di folla e parole. Lontane, lontanissime le Pontida del '90 e del '92: quelle dell'attacco al centralismo e alla partitocrazia, la Repubblica del Nord che nasce e poi sparisce, quelle della Lega all'assalto, kalashnikov e baionetta, sola contro tutti, pura, dura e chiusa. Ma adesso? Come metter d'accordo tre persone che comunque non si separeranno mai come Bossi, Maroni e quell'unico indipendentista dichiarato che è il senatore Erminio Boso? Al bivio la Lega si ferma, la fede la porta a Pontida. Ma quanto sia cambiata dall'ultima volta, dall'ultimo pienone sul pratone, è già visibile. Non solo per il brutale addio di Miglio. Non solo per i cinque ministri, i dieci sottosegretari e i sette presidenti di commissioni parlamentari che arriveranno con autoblù e scorte. E' che la Lega, per la prima volta, arriva a Pontida disorientata. Rocchetta due mesi fa era l'eretico, il solo. Nelle ultime due settimane, almeno a leggere le dichiarazioni, è in numerosa compagnia. I piemontesi del senatore Bruno Matteja favorevoli all'accordo con Forza Italia e An. E poi Maroni, Formentini, il trentino Boso... «Dialettica interna», assicura Bossi. Mai però, e questo Bossi lo riconosce, questa dialettica era uscita così evidente, così scoperta. Tanto che tutti, a partire da un intimo come Bobo Maroni, sono costretti a concludere sempre: «Qualunque decisione si vada a prendere io continuerò a seguire Bossi, nel bene e nel male». E qui, il Capo, sa di poter contare sul suo carisma. Come dice il sottosegretario Roberto Asquini, «è il momento di cambiare strategia e tutti noi sappiamo che Umberto non ha mai sbagliato una mossa. Pontida dirà a tutti cosa sarà la Lega del futuro». Bossi qualcosa ha già detto: una Lega che, in parte, ritorna alle origini riconoscendo l'indipendentismo. «Se vedo che il federalismo ritarda, che il processo rallenta, io faccio sentire la mia voce indipendentista, altrimenti la mia base non mi segue più!», tuona Boso. Un ritorno a casa, alle radici, all'indipendentismo che ha tifosi e voti nelle valli trentine, del Bresciano, nella Bergamasca. Una novità che la Lega dovrà ben calibrare: «Purtroppo non potremo chiamarla così - dice Tabladini - ma Rifondazione Leghista andrebbe benissimo». Giovanni Cerniti Il 10 aprile si ritrovarono a Pontida in 40 mila per celebrare la Lega che andava al governo