Schiaffo di Castro ai disperati delle ambasciate
Braccio di ferro tra il regime e 147 dissidenti asserragliati in tre sedi diplomatiche: il visto non l'avrete mai Braccio di ferro tra il regime e 147 dissidenti asserragliati in tre sedi diplomatiche: il visto non l'avrete mai Schiaffo di Castro ai disperati delle ambasciate Nuova crisi all'Avana, 14 anni dopo la fuga dei centomila L'AVANA. Poche ore dopo che a Cartagena, in Colombia, Fidel Castro aveva avvertito che i 147 cubani asserragliati in tre sedi diplomatiche dell'Avana «hanno perso il diritto di uscire dal Paese», i profughi che dal 28 maggio si trovano rifugiati nell'ambasciata belga hanno fatto sapere che vi resteranno «fino alle estreme conseguenze». In una lettera fatta pervenire alla stampa estera, i dissidenti hanno inoltre denunciato che vivono «in precarie condizioni di alimentazione e di igiene e senza medicine». Intanto, secondo fonti diplomatiche, anche i 21 cubani che si se il lasciapassare da un momento all'altro e perciò spinti dall'ossessione di andar via subito, urlando, gridando, sgomitando, piangendo di paura e di malinconia. Le fughe da Cuba, allora, erano poca cosa: l'isola non la si lascia se non si ha uri permesso speciale, e quel permesso son pochi a poterlo avere, a parte i funzionari di regime; Key West sta a sole 90 miglia, che quasi la si scorge nei giorni di sole bello e vento forte, ma sono 90 miglia che dividono due mondi. E gli americani i visti d'ingresso li danno solo col contagocce. A meno che non si sia profughi politici. E «refugiados» (a differenza degli haitiani, che vengono rispediti indietro) i cubani lo diventano automaticamente una volta che riescano a finire dentro le acque territoriali della Florida: un fiume di zat¬ mente «contrarevolucionarios» chiamati a raccolta da chissà quale Cia assatanata ancora contro Fidel. La storia era dannatamente più complicata, cominciava l'esame severo d'una Revolución ch'era stata vittoriosa, e interprete reale di un popolo, ma che ora sentiva il primo vero soffoco della sclerosi ideologica. E si trasformava in regime. Da 10 mila e rotti che erano, se ne partirono poi in più di 100 mila, e molti altri restarono per un giorno ancora sulla sabbia bianca del moletto a tormentarsi nell'ultima incertezza prima di tornare nelle braccia calde della rivoluzione. Il permesso che Castro alla fine diede per una «libera partenza» dall'isola aveva trasformato Mariel nella spiaggia di Dunquerque, con i profughi angosciati dall'incubo che il Comandante si rimangias¬ trovano nell'ambasciata tedesca e i nove che occupano il consolato cileno, sono intenzionati a restare dove sono. A quanto si è saputo, inoltre, il governo di Bonn starebbe per far arrivare a cuba diverse tende da campo in cui ospitare i rifugiati e anche un medico che si occuperebbe delle loro condizioni sanitarie. Sempre fonti diplomatiche hanno precisato poi che durante la riunione degli ambasciatori europei, svoltasi nella sede diplomatica greca, è stata adottata «una posizione comune» sulla situazione ma che, i suoi termini, saranno resi noti, ad Atene, dal mini¬ stero degli Esteri greco. [Ansa] processo di identificazione che per lunghi anni saldò rivoluzione e società cubana, sistema politico e immaginario di un intero popolo (o comunque della sua stragrande maggioranza). Oggi il regime è avvitato nelle spire di una crisi economica dove le responsabilità dell'anacronistico blocco commerciale americano - che Guenter Grass dice «abbia pure il 40 per cento della colpa» - non possono far ignorare comunque il peso di una burocratizzazione soffocante, che ha impedito qualsiasi risposta alla fine improvvisa dei mercati dell'Est comunista con i quali Cuba aveva la quasi totalità, l'87 per cento, degli interscambi commerciali. Gli «yummies», gli young marxists quarantenni, Robaina e Lage soprattutto, che ricopiano gli «yuppies» del capitalismo rampante, stanno cercando di tere di ogni tipo - perfino vasche da bagno con un motorino a pedali, o anche un semplice copertone di ruota di camion y que Diós me ayude - ha traversato in tutti questi anni le acque dello stretto che divide Cuba dall'America, ingrossandosi ogni giorno di più, fino a portare in salvo nel '93 più di 3600 profughi, con una media di 10 cubani che quotidianamente, ogni giorno, tutti i giorni, dicono «adiós» alla rivoluzione (ma i calcoli sono che per ogni sventurato che scampi alle acque e agli squali ce ne sono almeno tre che finiscono nel Paradiso, quello vero però). E' difficile prevedere se questa nuova ondata di assalti alle ambasciate sia una nuova scorciatoia di massa verso Miami. Ma certamente la crisi di credibilità del regime non è stata mai tanto aspra, fino al punto da mettere realmente in gioco il
Persone citate: Fidel Castro, Guenter Grass, Key West, Lage, Paradiso, Robaina
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