Rai l'ombra del commissario di Fabrizio Del NoceRaffaello Masci

Per la maggioranza documento troppo indulgente con i professori. Pds e ppi non ci stanno: basta coi pregiudizi Per la maggioranza documento troppo indulgente con i professori. Pds e ppi non ci stanno: basta coi pregiudizi Rai, l'ombra del commissario Salta l'accordo, l'opposizione lascia l'aula Fabrizio Del Noce «Non vogliamo un processo ma neppure una difesa d'ufficio» ROMA. «Saxa Rubra burning», la tv di Stato brucia. Quando in commissione di vigilanza l'accordo sembrava raggiunto almeno sul proseguimento dei lavori, un emendamento ha fatto saltare tutto. E così a dieci giorni dalla scadenza del decreto salva-Rai lo spettro del commissariamento - caro ad Alleanza nazionale - aleggia su viale Mazzini. L'ultima puntata di questo feuilleton c'era stata martedì scorso, quando l'ufficio di presidenza della commissione di vigilanza aveva recepito e unificato i tre documenti presentati. In sostanza si ribadiva il valore del servizio pubblico, si stabiliva una sottocommissione che monitorasse le nomine avvenute dal '90 in poi ed esaminasse le trasmissioni considerate a «pluralismo sospetto» non solo sui canali Rai ma anche su quelli privati. Per acquisire un quadro della situazione il documento «unitario» proponeva anche una serie di «audizioni» a partire dalla prossima settimana: dal garante dell'editoria ai direttori di reti, e poi a quelli dei tg, e su su fino al presidente del Consiglio. Tutto dunque era definito, tutto chiarito. Non restava che votare e, proprio per questo, ieri la commissione si è DIVISI DALLA POLITICA MILANO A perché tanta curiosità?», si lascia sfuggire, tra l'incredulo e il furbesco, l'avvocato Marco Ghisalberti. Squilla da ore il suo telefono: «Tutti vogliono sapere - spiega - se è vero che ho già avviato la causa di annullamento del matrimonio tra Irene Pivetti e Paolo Taranta, ma le sembra una notizia?». E' giovane l'avvocato Ghisalberti, qualche anno in più, ma non molti, dei trenta della prima leghista diventata presidente della Camera. Difficile dire se finga con consumata esperienza o se sia realmente sorpreso: che l'Irene nazionale da anni sia separata dal marito, ormai stabile a Londra, e che dopo la separazione legale abbia intenzione di procedere all'annullamento davanti al tribunale ecclesiastico, «è noto e stranoto». D'accordo, avvocato, ma adesso c'è chi dice che la causa è avviata e che lei abbia chiesto l'annullamento per mancanza di volontà di avere figli nel matrimonio da parte dell'onorevole Pivetti? «Non è vero, questo non è vero, io sto tuttora studiando come avviare la causa davanti al tribunale ecclesiastico che, come è noto, è il primo grado di giudizio. Ho già detto che l'ipotesi del bonum prolis, l'impossibilità di aver figli, è quella su cui mi sto orientando ma non ho ancora deciso. No guardi, non c'è nulla di nuovo». Sacrosanto riserbo. Che fa il paio con il puntiglio con cui, da Roma, dall'entourage del presidente della Camera, arriva l'ultima precisazione: «La richiesta d'annullamento? Vecchia di mesi». Ma è un bel dire che per chiunque, presidente della Camera compresa, la privacy è privacy: Irene Pivetti non è solo il primo presidente della Camera che potrebbe vedersi annullato un matrimonio dalla Sacra Rota, è soprattuto cattolica di ferro. Del resto, dove si erano conosciuti Irene e Paolo se non nelle aule dell'università Cattolica dove lui frequentava Economia e commercio e lei studiava Lettere? Bei tempi, quelli della Cattolica. Anche se già allora tra Paolo e Irene, cosi ricordano gli amici di allora, non sempre le idee coincidevano. Entrambi impegnati in politica tra i cattolici di sinistra, quelli di «Dialogo e rinnovamento». Ma se Irene aveva preferito dedicarsi riunita. Ma ecco, all'improvviso un colpo di scena: la maggioranza decide la sospensione dei lavori una, due volte. C'è qualcosa in quel documento che non quadra, e così Forza Italia, Lega e An decidono di apportare una modifica prima di passare al voto. Nel testo si parlava - con riferimento al servizio pubblico - di principi di «correttezza, autonomia e indipendenza», troppa indulgenza verso i Professori, deve aver pensato il consesso di maggioranza, e così, il testo è stato emendato con il seguente correttivo: «principi che sono stati sostanzialmente disattesi». Inoltre è stato modificato anche il piano delle «audizioni» espungendo quelle relative alle emittenti private, quanto alle nomine si dovevano controllare solo quelle degli ultimi sei mesi. Per i parlamentari di minoranza era troppo: «Il testo è stato modificato - hanno detto - inserendo un pregiudizio sull'operato dei vertici Rai» e per tutta risposta hanno abbandonato l'aula facendo mancare il numero legale. La votazione è saltata con conseguente esplosione della santabarbara delle polemiche, tra le due forze in campo: da una parte «il partito della Rai» costituito da pro¬ gressisti e popolari che - come ha detto ieri Petruccioli non vuole difendere l'azienda di viale Mazzini, ma neppure condannarla a priori. E dall'altra «il partito anti-professori» che un minimo di pregiudizio ce l'ha, non tanto sulla Rai in quanto tale, ma certamente sugli attuali vertici, considerati praticamente dei bolscevichi. «Io capisco perché non vogliono esaminare le nomine fin dal '90 - dice Giulietti, progressista ed ex leader dell'Usigrai -, nell'agosto di quell'anno, quando passò la Mammì, ci fu anche la grande infornata delle nomine, in due giorni furono creati un mucchio di capi e capetti, altro che gli ultimi sei mesi. Troppi intrallazzi si scoprirebbero». Il controcanto lo fa Fabrizio Del Noce, capogruppo di Forza Italia: «Io rivendico il diritto della maggioranza di rivedere un testo che non era firmato dai capigruppo: una bozza di massima su cui era possibile un'intesa. Noi non vogliamo un processo alla Rai ma neppure una difesa d'ufficio». E tanto per rasserenare gli animi ieri sera circolava anche la voce che l'ufficio del personale della Rai avesse messo in giro un ulteriore elenco di prepensionabili, tra cui nomi illustri. Poi nel pomeriggio questo ennesimo match ha trovato l'epilogo: il capogruppo dei senatori del ccd Massimo Palombi ha detto che presenterà un emendamento al decreto salva-Rai chiedendo il commissariamento dell'azienda. Un'ora più tardi anche la Lega, per bocca di Luca Leoni Orsenigo, faceva la stessa proposta, e Alleanza nazionale, per iniziativa di Valensise, dava pieno appoggio. Dietro l'angolo potrebbe esserci dunque un decreto salva-Rai che passa ma accompagnato da un commissario. Qui accanto il direttore generale della Rai Gianni Locatelli A ds. Marco Taradash presidente della Commissione di vigilanza Raffaello Masci

Luoghi citati: Londra, Milano, Roma