Il pm: a giudizio Recchi e Lerro
Prime filine illustri Prime filine illustri À Venturi «cittadinanza onoraria» L'inchiesta sui 60 milioni consegnati dal costruttore all'ex assessore socialista Il piti: a giudizio Pecchi e terrò Accusati di corruzione per i lavori del passante La proposta del professor Pier Franco Quaglieni, direttore del Centro Studi Mario Pannunzio, di conferire allo storico Franco Venturi la cittadinanza onoraria di formo è piaciuta a molti. Tanto cne alcuni nomi illustri hanno inviato un appello al sindaco Castellani motivando così ia ìgì'ù adesione: «Riteniamo che il conferimento della cittadinanza onoraria di Torino a Franco Venturi sia un atto simbolico importante per riaffermai e i valori delia libertà e delia cultura, costantemente espieosi dall'impegno e dall'opera di uno degli studiosi torinesi più conosciuti ed apprezzati a livello internazionale». Seguono le firme: Norberto Bobbio, Enrico Paulucci, Oscar Botto, Giorgio Gullini, Pietro Passerin d'Entrèves, Alessandro Galante Garrone, Italo Lana, Adriano Pennacini, Lionello Jona Celesia, Giorgio Cavallo, Luciano Perelli, Giuseppe Ricuperali, Marziano Guglielminetti, Giorgio Calcagno, Saverio voi bùne. Massimo Salvadori, Lionello Sozzi. Il sostituto procuratore Vittorio Corsi ha chiesto ieri il rinvio a giudizio dell'imprenditore Claudio Recchi e dell'ex assessore comunale psi alle Grandi opere, Ricciotti Leno. Entrambi sono accusati di corruzione per un atto d'ufficio. Claudio Recchi, titolare dell'omonima impresa edile torinese, ha consegnato, alla fine del '91, 60 milioni all'allora assessore socialista. Ricciotti Lerro, arrestato a fine maggio e poi scarcerato ha così spiegato l'episodio: «Ai primi del '90 tre piccoli imprenditori di Verbania vennero a chiedermi se potevo aiutarli ad ottenere lavori in subappalto per il passante ferroviario. Mi diedi da fare e contattai Recchi, perché la sua azienda era capocordata nel consorzio per il passante. Recchi mi rispose di no. Un paio d'anni dopo mi diede un contributo a titolo personale, non come amministratore dell'impresa, per la mia attività politica. Prima 50 milioni, poi altri 10. Denaro che ho speso in tessere e manifestazioni elettorali». Perché quell'offerta? Lerro, difeso dagli avvocati Andrea ed Ennio Galasso, collegò il versamento al passante ferroviario sul quale lui aveva una specie di supervisione: «Credo che l'abbia fatto perché tenessi nei suoi confronti un atteggiamento disponibile». Chiamato in causa dall'ex assessore, Claudio Recchi si presentò a sua volta nell'ufficio del dottor Corsi accompagnato dal difensore Fulvio Gianaria. Raccontò: «Ricordo bene l'episodio. Il costruttore Claudio Recchi ( \ sinistra) c accusato di aver pagato una tangente all'ex assessore alle Grandi Opere, il socialista Ricciotti Lerro (qui a fianco) Lerro venne a chiedermi di offrire lavoro in subappalto a tre imprenditori novaresi. Mi disse che era un favore che doveva a certi amici da cui aveva avuto un finanziamento. Gli risposi di no, si rifece vivo alla fine del '91. Mi chiese un contributo. Non me la sentii di dirgli ancora di no». Il pm Corsi non ha creduto a nessuno dei due: «In quel periodo si discutevano in Consiglio comunale le delibere sul passan¬ te ferroviario e quei 60 milioni dovevano servire ad agevolare l'iter burocratico, ad eliminare eventuali intralci». Claudio Recchi ha respinto questa ipotesi: «Non avevo alcun motivo o interesse di tenermi buono Lerro perché sul passante era ormai stato tutto deciso, l'iter era obbligato, non poteva essere influenzato in alcun modo. E comunque le delibere in discussione in Consiglio riguardavano i rapporti tra il Comune e le Ferrovie. Non si doveva decidere alcun finanziamento destinato alla Recchi». Ma per Lerro la vicenda non si esaurisce con la richiesta di rinvio a giudizio per i 60 milioni. Sempre ieri il pm Corsi lo ha imputato, insieme con i tre imprenditori di Verbania. Per questi ultimi l'accusa è di aver offerto all'ex assessore 50 milioni, per ottenere lavori in subappalto. La richiesta non ebbe alcun esito, ma i soldi furono accettati. Perché? Lerro ha spiegato: «Era un contributo elettorale». Nino Pietropinto
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