Il soldato Massaro dice ancora signorsì

Dopo aver salvato più volte il suo Milan, vuole provarci anche nell'avventura azzurra Dopo aver salvato più volte il suo Milan, vuole provarci anche nell'avventura azzurra Il soldato Massaro dice ancora signorsì «Giocoper segnare, quest'anno mi è riuscito spesso» Massaro, ovvero la scheggia impazzita, il salvatore della patria, l'uomo della provvidenza e chi più ne ha più ne metta, ha colpito ancora. Dovunque va, lascia il segno e anche in Nazionale, per quanto sia uno degli ultimi arrivati, è già diventato l'uomo del giorno. Per lui. Berti ha messo da parte ogni ambizione. Per lui, Signori si è rassegnato ad un Mondiale di sacrificio. Dove passa. Cataclisma Massaro apre delle voragini. E Sacchi gli dà carta bianca sotto ogni punto di vista, aggrappandosi ancora a lui. Chiaro il discorso del et azzurro: «Tu devi assicurarmi la massima disponibilità. Non ti chiedo altro». Come dire: stai pronto a tutto, io conto su di te. E così è stato e così sarà. Potrà essere il giocatore da sfruttare fin dall'inizio della partita, come l'uomo dei momenti delicati. Del resto la sua abilità nell'entrare subito in partita, anche arrivando dalla panchina, è unica e gli ha permesso di salire alla ribalta come una grande star. Però Massaro non è roso da manie di protagonismo. E' come un bravo soldatino che sta sempre agli ordini, che non discute, ma obbedisce anche a costo di apparire spesso monotono. Ma, bruciato dalla scottatura del Mondiale '82, quando le polemiche gli costarono il posto, oggi procede a fari spenti, facendo comunque bene attenzione a dove mette i piedi. Una politica molto poco berlusconiana, per uno che vede nel Dottore il faro che tutto illumina. Quindi Massaro diventa quasi scontato nel proporre i propri traguardi: «Sono a disposizione di Sacchi, anche se fatico a svolgere i compiti che mi chiede perché da tempo sono un attaccante a tutti gli effetti e non è facile retrocedere ad aiutare il centrocampo. Ma ci sto provando». Il et ha riveduto le proprie teorie per non rinunciare a Massaro, per metterlo in condizione di rendere al massimo. E non importa se a danno di Signori, bomber conclamato. Una constatazione che coglie impreparato il milanista. Cade dalle nuvole: «Non penso che Sacchi cambi per favorire un singolo giocatore. Io vado in campo per segnare e quest'anno ci sono riuscito spesso. Forse Sacchi spera che riesca a dare lo stesso contributo alla Nazionale. Ma non credo che il et faccia la squadra in un certo modo per aiutare me». E perché no, visto che si va proprio in questa direzione? Massaro si ostina a respingere la propria nomination a titolare inamovibile: «Sacchi non mi ha mai detto "giocherai subito". Se lo sapete voi, bene, ma io sono all'oscuro di tutto. Male che vada, andrò in panchina. Ci andremo tutti? Questa non la sapevo proprio. Comunque attorno a me si è creato un clima strano di attesa. Dicono che Sacchi abbia fatto fuori Berti. Ma fra di noi non è mai stato possibile un vero dualismo, siamo troppo diversi. Quando ho detto che, secondo me, contro l'Eire avrebbe giocato Berti, è perché ritenevo davvero che Nicola avesse le caratteristiche ideali pr un certo tipo di gioco che ora Sacchi vuole fare. Ma se il et mi dirà "copri e vai", a me andrà benissimo». Il sospetto che Massaro si avvicini al Grande Evento senza particolari emozioni è confermato dalle sue parole: «Emozionato? Ho provato qualcosa di particolare a Firenze quando Sacchi mi ha convocato per il primo stage. Diciamo che oggi sento la tensione giusta, la stessa che mi attanaglia prima dei grandi appuntamenti con il Milan. Non fosse per la differenza di fuso, che mi crea ancora qualche problema, dormirei tranquillo come a casa mia». E allora, vai Massaro. Il grido di battaglia risuona anche nel lontano New Jersey. E il milanista detta qualche consiglio per un debutto possibilmente felice: «Con questo caldo, dovremo avere meno quantità e più qualità». .... ... .. .,. . precisa le funzioni del segretario generale. Se lo legge con attenzione, scoprirà che non sono esclusivamente amministrative e burocratiche. Anzi. Havelange, proprio lui, ha voluto che il segretario diventasse, e poi restasse, un chef executif. Devo tradurre?». L'impressione è che la ratifica della nomina a vicepresidente Fifa abbia spinto Matarrese ad alzare quel volume che, viceversa, le ultime peripezie degli arrighisti costringevano a tenere basso. Per pudore, se non altro. Di sicuro, è in atto una manovra tesa a circoscrivere il raggio di potere, e di azione, di Blatter. Non ci meraviglieremmo se dietro a Matarrese ci fosse Johansson, l'attuale presidente dell'Uefa, nemico giurato del colonnello. «Parole, parole, parole». E poi: «Ciao ciao bambino». Canticchiava, e fingeva di avere in mano una chitarra, il Blatter by night, mercoledì, commentando gli zig-zag dialettici del nostro Tonino. Come dire: ma sì, beccati 'ste due serenate. Il seguito alla prossima puntata. Che non mancherà, garantiamo noi. In giro è tensione. E spaccatura. Il vincolo della maggioranza qualificata frena il legislativo. Passa una direttiva che subordina le leghe alle federazioni, come in Italia. Non passa per 89 voti a 59, e questo è l'ennesimo segnale di guerra, la proposta egiziana di assegnare all'Africa il seggio di vicepresidente che il russo Koloskov sta tenendo per conto di un Paese, l'TJrss, che non esiste più. Presidente escluso, il comitato esecutivo della Fifa, massimo governo del calcio, è composto da 7 vicepresidenti e 13 membri così distribuiti per continenti: otto all'Europa, tre ad Africa, Concaf, Sudamerica, Asia. Tempi duri. Lo scranno dell'ex Urss fa gola all'Europa. Havelange promette di mediare. Cavoli suoi. Ma anche degli africani, «sconfitti» pure sul versante della rotazione per continenti (proposta tunisina): i Mondiali rimangono un evento vincolato al business.