Malasanità uccide una bimba

Dopo l'errore in sala parto, avevano truccato le cartelle Dopo l'errore in sala parto, avevano truccato le cartelle Mqlasanhà uccide una bimba Napoli, in manette primario e aiuto ospedale m cosenza NAPOLI. Avrebbero potuto salvarla, ma per loro contarono di più il buon nome della clinica e il timore di finire sul banco degli imputati in un'aula di tribunale. A due anni dalla morte di Carmela Martina Picardi, il cui cuore cessò di battere quarantotto ore dopo la nascita, la polizia ha arrestato due medici che, secondo l'accusa, non fecero nulla per tenere in vita la bambina. In carcere sono finiti Pasquale Iossa, aiuto con funzioni di primario del reparto ginecologico del «San Gennaro» di Napoli, e Alessandro Mancaruso, aiuto presso la cattedra di pediatria del primo policlinico. L'accusa per il primo è di favoreggiamento e falso. Mancaruso deve rispondere anche di omicidio colposo. Un terzo medico, Antonio Di Mezza, primario della divisione di microchirurgia e laserterapia del primo policlinico, è stato sospeso per ordine del giudice dall'esercizio della professione. L'elenco degli indagati si chiude con i nomi di altri due sanitari: Pasquale Donadio e Domenico Costantino, dipendenti della clinica privata «Villa Aurora». Scenario di questa ennesima storia di sanità negata sono proprio le corsie di «Villa Aurora», una casa di cura trasformata negli Anni Ottanta dai vecchi proprietari in una fabbrica di aborti clandestini, e per questo motivo chiusa dalla magistratura. Rilevata e completamente rinnovata dal dottor Pasquale Iossa, la clinica riaprì i battenti nel '92, pochi mesi prima che la madre di Carmela, Vincenza Caprio, decidesse di far nascere proprio lì la sua bambina. Il parto avvenne la sera dei 5 novembre. Un intervento semplicissimo, senza alcuna complicazione: così almeno assicurò il dottor Iossa che, secondo alcuni testimoni, «era molto distratto perché proprio quel giorno si teneva un'importante riunione del consiglio di amministrazione». In realtà, Carmela Martina aveva i polmoni pieni di liquido amniotico, che i medici avevano dimenticato di aspirare. Il giorno successivo, alle otto del mattino, un'infermiera affidò la bambina alla madre per la poppata. Quando vide la figlia, Vincenza Caprio sbiancò in volto: Carmelina respirava a fatica, non aveva nemmeno la forza di succhiare il latte. Chiamò il pediatra, Antonio Di Mezza, che la rassicurò: «Va tutto bene, non si preoccupi». Durante la notte, però, le condizioni della neonata peggiorarono. Alle quattro del mattino, l'infermiera avvertì il medico di turno, Domenico Costantino, che dopo aver dato un'occhiata alla piccola paziente si limitò ad informare un altro collaboratore della clinica, il dottor Mancaruso. Svegliato a casa nel cuore della notte, il pediatra arrivò poco dopo nella clinica: visitò Carmela, prescrisse una terapia a base di cortisone e se ne tornò subito a letto. Il 7 novembre, «Non cerchiamo un assassino» ripete il procuratore di Troyer «ma proseguiremo a tappeto le ricerche per scoprire come morirono Monica Amalfitano e Costanza Sproviero». Monsieur Louvel fa sul serio. Ieri pomeriggio un elicottero sorvolava implacabile il «Canal Beaulieu» mentre i gendarmi ne setacciavano l'alveo, messo a secco per individuare ogni minima traccia utile. Kermesse spettacolare. Può una semplice «disgrazia» giustificarla? Verrebbe da rispondere «no». Tanto più che affiorano nuovo indizi, presunzioui ancora ipotetiche ma forse vendere. Si ha oggi la ragionevole certezza che le due amiche toscane non fossero sole in riva al canale. C'è un camping, vicinissimo. «Chiusola stagionale» dice lì cartello. Ma sabato scorso pare ospitasse una fe¬ Giallo della Senna: ieri un'altra ragazzina ha perso la vita nel canale di Nogent-sur-Seine Un altro caso di malasanità a Napoli ha emesso gli ordini di custodia cautelare. Secondo l'accusa, i medici arrestati nelle rispettive abitazioni avevano falsificato ìa cartella clinica per due motivi. «Innanzitutto spiegano gli inquirenti il dottor Iossa eia preoccupatissimo per il buon nome della clinica, ìa cui immagine sarebbe stata compromessa definitivamente se la verità fosse venuta a galla». Ma nel comportamento dei medici ebbe un ruolo importante anche la paura di una denuncia e di un processo che si sarebbe concluso con una condanna certa. Fulvio Mitone

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