«Al Consiglio con due nomi per lo successione o Occhetto»

Botteghe Oscure vuole evitare la candidatura unica: «Sarebbe come nel vecchio pei» Botteghe Oscure vuole evitare la candidatura unica: «Sarebbe come nel vecchio pei» «Al Consiglio con due nomi per lo successione o Occhetto» suo nome venga fatto nelle consultazioni. E a quel punto, secondo me, è ovvio che non potrebbe più ritirarsi. Eppoi l'idea di andare al consiglio nazionale con un solo nome, quello di D'Alema, è una roba non dico alla Cernenko, ma alla pei vecchia maniera». De Chiara non ha dubbi: Veltroni verrà sicuramente indicato nel corso delle consultazioni che precedono il Cn. E infatti circola già il nome dell'esponente della Quercia cui spetta questo compito: Cesare Salvi, capogruppo dei progressisti al Senato. L'altro candidato, MA quale candidatura? L'ho detto mille volte: fare il direttore dell'Unità mi piace». Walter Veltroni ha appena detto sì a una proposta clamorosa: consultiamo tutti gli iscritti per eleggere il segretario del pds nelle sezioni. Gli portano la vignetta di ElleKappa per laprima pagina del giornale. «Diffuso da Botteghe Oscure l'identikit del nuovo segretario del pds... Perché, è già fuggito?». Ride, il direttore: «Sì, fare questo lavoro mi piace. Ma se qualcuno vuole fare il mio nome, con quale diritto potrei oppormi? Lo faccia, e poi valuterò. Anzi, meglio, valuteremo». Che cosa succede, Veltroni? Vuole portare nel pds le primarie all'americana? «Io credo che la proposta Vitali debba essere esaminata. Io uno di quelli che ha contribuito alla decisione del coordinamento, però...». Quale decisione, scusi? «La decisione sulle procedure che stiamo seguendo: la consultazione del Consiglio nazionale per l'elezione del segretario». Però... «Però credo che l'esigenza di una consultazione tra gh iscritti non possa essere liquidata senza un esame serio. Sarebbe importante, una cosa del tutto inedita, un atto di straordinaria democrazia». Ma come funzionerebbe in concreto? Ci sarebbero dei candidati, oppure ognuno potrebbe votare per chi vuole? «Queste regole potrebbe stabilirle il Consiglio nazionale». E quanto tempo sarebbe necessario? «Entro il 10 luglio potrebbe essere tutto finito. Per votare basterebbe un fine settimana». Così poco? «Un venerdì, un sabato e una domenica. Tutti gli iscritti che vogliono indicare il nome del segre- tario vanno nelle sezioni e votano. Io penso che sarebbe un segno di grande innovazione: questo è un Paese in cui la designazione dei leader avviene al chiuso. Ci sono persino segretari di partito che non si sa chi lì ha nominati...». Faccia dei nomi... «Berlusconi, ad esempio». Si rende conto che con una procedura del genere si romperebbe un vecchio costume comunista? «E' necessario. Il Consiglio nazionale del pds è stato eletto nel 1991. Ci sono persone che oggi ricoprono altri incarichi, c'è persino qualcuno che non è più nel partito...». Come Sergio Scalpelli, che ora fa la scuola quadri di Forza Italia. 0 come Ingrao... «Credo che Ingrao si sia dimesso. Ma il vero problema sono gli assenti: non ci sono i segretari delle sezioni, non ci sono molti dei neoparlamentari, non ci sono i sindaci, i consiglieri regionali. Non ci sono i dirigenti sindacali...». Sta dicendo che uno come Trentin non può votare? «No, perché non fa parte degli organismi dirigenti del pds. E perché mai noi dobbiamo ridurre prendimento di cui i governanti della Prima Repubblica non avevano bisogno e una situazione di anormalità finanziaria internazionale che non consente certo un comodo apprendistato. I nuovi ministri, poi, non mostrano di costituire ancora una «squadra», e ci sono clamorose contraddizioni in quello che vanno dicendo. 1 ministri della spesa, in particolare, invocano spesso incrementi negli esborsi pubblici quando, in ogni caso, per loro da spendere non ci dovrebbe essere neanche una lira di più. Tutto ciò deve smorzare entusiasmi inopportuni, cui purtroppo gli italiani vanno pericolosamente soggetti. Nessuno, nemmeno Berlusconi, ha la possibilità di trasformare una corona di spine in un letto di rose; nessuno, nemmeno Berlusconi, ha una ricetta magica che, con gli ingredienti dell'efficienza e dell'ottimismo, possa trasformare istantaneamente la situazione dei conti pubblici; risolvere la crisi finanziaria pubblica è molto, molto più difficile che vincere un campionato mondiale di calcio. Non è giusto attendersi che un presidente del Consiglio sia dotato di virtù taumaturgiche; è invece ragionevole che il governo - il quale giustamente chiede di poter governare, per di più di fronte a un'opposizione oggi particolarmente debole, frastornata e priva di idee - presenti al Paese, con giusta sollecitudine, un quadro realistico della situazione e formuli un programma appropriato e dettagliato. E' inoltre ragionevole chiedere che in questa fase, precedente alla vera messa a punto di una strategia di governo dell'economia, i ministri limitino e coordinino le loro dichiarazioni pubbliche, anche tenendo conto dell'estrema sensibilità del mondo della finanza, specialmente quella internazionale, alle novità economiche e politiche che vengono dall'Italia. E' infine doveroso ricordare che il tempo è comunque prezioso: ogni giorno che passa il deficit e il debito pubblico si accrescono mediamente di almeno 500 miliardi, che prima o poi dovranno essere riassorbiti. Mario Deaglio D'Alema, che ieri ha ricevuto un'informale «via libera» dalla sinistra del partito, ha capito qual è l'andazzo. Il deputato di Gallipoli è sulle spine, sente puzza di bruciato. E a fare le spese del suo cattivo umore è stato un cronista che in mattinata gli ha chiesto se fosse vero che ha stretto un patto di non belligeranza con Veltroni. «Sono cazzi nostri», ha risposto, papale papale, l'ex presidente dei deputati della Quercia. Ma la «partita» pidiessina, che si giocherà in un campo infido qual è quello di un consiglio nazionale, la cui rappresentatività è tutta da vedere, dovrebbe svolgersi in due tempi. E nel primo, D'Alema non si troverà di fronte Veltroni. Bensì il suo vero e grande antagonista. Ossia Occhetto. E' ovvio che lo scontro non sarà diretto. Il segretario dimissionario butterà in pista un personaggio come Renzo Imbeni. Cui spetterà il compito di mettere i bastoni tra le ruote all'ex capogruppo pidiessino, onde non fargli ottenere il quorum necessa- «Il "parlamentino" non rappresenta più il pds: il segretario deve essere espressione del partito reale» Giglia Tedesco, presidente del Consiglio Nazionale del pds E l'ex segretario manda in pista anche Imbeni identikit, quello disegnato da Migone, che lascia adito a pochi dubbi. La candidatura di Imbeni dovrebbe servire a bloccare quella di D'Alema. Ed è proprio a questo punto che si potrebbe arrivare ad una situazione di «stallo». Dalla quale si uscirebbe, nel secondo ed ultimo tempo della partita, con l'ipotesi Veltroni. Ma c'è una variabile: la proposta Vitali di consultare tutto il partito, e non solo l'apparato, facendo poi ratificare le decisioni dal Cn. A parole sono d'accordo sia D'Alema che Veltroni. Se il suggerimento del sindaco di Bologna viene accolto, allora i piani di tutti i contendenti vanno rivisti e corretti. rio per l'elezione. Che il «piano» anti-D'Alema sia questo lo confermano le parole del senatore Giangiacomo Migone: «Massimo - ha detto - non è l'uomo giusto in questa fase. C'è un'esperienza di istituzioni, di amministrazione, di "politica delle cose", all'interno del pds, più sociale, apparentemente più periferica, ma più rispondente ad un'Italia in rapido cambiamento». Un Maria Teresa Meli

Luoghi citati: Bologna, Gallipoli, Italia