Parisi la politica del detective

Parisi, la politica del detective Parisi, la politica del detective Alleanze e misteri del superpoliziotto n so a dichiararsene influenzato in senso letterario) e al feroce ed equivoco Joseph Fouché, ministro di polizia francese re, rivoluzione, impero e restaurazione, è certamente molto legato al Presidente della Repubblica: ma fonda le sue fortune anche su caratteristiche che lo avvicinano a tutt'altro eroe: e cioè a Smiley, 0 campione di John Le Carré. E questo perché Vincenzo Parisi, napoletano di Matera, sessantatré anni e un volto da caratterista cinematografico, ha come Smiley la conoscenza profonda, distaccata e minuziosa dei poteri indecenti nei loro più ignoti e complicati legami, ai quah si oppone prima di tutto interpretando e dando senso agli scenari di cui soltanto la prima facciata è quella della criminalità. Parisi è uno di quei complicati e inquietanti personaggi inquieti che si rivelano capaci di vedere i movimenti di una scacchiera quasi invisibile ma sulla quale si muovono pezzi il cui gioco richiede una conoscenza di autentica intelligence. Naturalmente si può anche pensare che la sua apparente inamovibilità (è già consigliere di Stato e può restare in sella fino a settantanni, cioè fino al 2001) abbia fondamenti di profilo più bassamente politico di cui la protezione sfegatata dell'attuale Presidente della Repubblica è oggi il più pale- SICURI E CASELLI arlowe uché ore nale L'altra faccia di questa medaglia consiste nel suo ruolo di decodificazione e risposta operativa di fatti (le bombe dell'estate scorsa, per esempio) che sembrano sempre avere due facce, quella della bassa manovalanza e quella del livello ulteriore, che usa codici complessi. E' un politico avveduto e sensibile al vento che cambia: forse per questo viene paragonato a Fouché. E' uno che di mestiere sa l'aria che tira, ma anziché andare a rimorchio degli eventi sembra seguire un suo filo conduttore e quel suo filo conduttore è il suo valore aggiunto. Ha puntato subito sulla radicalità del cambiamento e non ha mosso un dito a favore della vecchia guardia morente, anche se ebbe eccellenti rapporti con tutti gli uomini del palazzo. Che il livello delle sue analisi permetta di arrivare a formulare ipotesi che funzionano è una qualità che gli hanno riconosciuto gli esperti di sinistra di queste cose, a cominciare da Luciano Violante. Cosa questa che lo aveva alquanto sovraesposto come un fautore del fronte guidato dal pds, quando sembrava vincente. Ma Violante non è un pidiessino qualsiasi: con Pecchioli ha diviso il ministero ombra degli interni e delle chiavi autentiche per interpretare grandi fenomeni criminali, ma con una visione ampia degli addentellati e delle connessioni. A Parisi non sono mancati momenti di umiliazione: la pistola dimenticata, la sua difesa onorevole ma poco prudente per «l'irreprensibile curriculum» di Bruno Contrada, e poi, durante i funerali della scorta del giudice Borsellino finì travolto dalla folla eccitata e si disse che fu schiaffeggiato dai familiari di quegli stessi agenti che lo chiamano sempre «capo». Parisi, in quella ressa, proteggeva come sempre il presidente.

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