«Test anti-Aids anche alle pazienti»

Cronaca Lettera dopo la sentenza della Consulta che obbliga medici e paramedici all'esame «Test anti-Aids anche alle pazienti» Lo chiedono 3 direttori delle cliniche universitarie I tre direttori delle Cliniche ostetriche ginecologiche universitarie presso il Sant'Anna hanno chiesto di estendere il test anti-Aids alle pazienti. Dicono: «Se, come sostiene la Corte Costituzionale, tutti i medici devono essere sottoposti all'esame, lo stesso si faccia per i ricoverati». La proposta è articolata e sottintende l'invito a porre in discussione il modo di considerare l'Aids. Nella sostanza mira cioè anche a toglierle l'attuale carattere di «malattia speciale» e porla alla stessa stregua delle altre malattie infettive. La lettera ufficiale è giunta nei giorni scorsi alla Direzione sanitaria del Sant'Anna ma la notizia è trapelata solo ieri. L'hanno firmata i professori Adriano Bocci, Piero Sismondi e Tullio Wierdis. Il personale medico e paramedico dell'ospedale interpellato ha però garantito la propria solidarietà e il consenso all'iniziativa. «La richiesta è in considerazione dell'aumento della trasmissione per via sessuale dell'infezione da Hiv, in particolare per la popolazione femminile», spiegano. «Non si tratta di ritorsione e neppure nasconde un intento provocatorio. Piuttosto lo scopo è di far discutere con serenità tutte le parti sul problema della sicurezza in generale, con criteri che valgano sia per i malati che per il personale sanità- rio, senza falsi pudori o paure». Comunque la si prenda, la proposta non ha precedenti. «Dal nostro punto di vista c'è un possibile vantaggio per la paziente e respingiamo chi vorrebbe darle un significato corporativo e basta - sostiene il professor Wierdis, direttore della Cattedra B -. Oggi nel dubbio applichiamo il massimo delle precauzioni per tutte le malate, in modo pressoché indiscriminato. Domani, senza abbassare la guardia, potremmo invece concentrarci sulle pazienti sieropositive evidenziate dal test». Della stessa opinione è il professor Adriano Bocci, direttore della Cattedra A: «L'Aids riguarda tutti. Il medico deve tutelarsi dal contagio e nello stesso tempo tutelare i suoi pazienti». Il test deve essere obbligatorio? La lettera non lo spiega con chiarezza. Da oltre tre anni al Sant'Anna (l'uso è adottato anche in altri ospedali torinesi) il personale sanitario si sottopone volontariamente al test anti Hiv. «Soprattutto per motivi assicurativi e di correttezza professionale - spiega il direttore sanitario, Giorgio Martiny -. Conoscere la propria sieronegatività vuol dire lavorare più tranquilli e, in più, disporre di una data certa da esibire in caso di infezione contratta in un incidente in reparto». Il primo consenso alla richiesta presentata alla Direzione sanitaria del Sant'Anna viene dalla Cimo, la Confederazione dei medici ospedalieri. Il segretario regionale, Danilo Poncini, amplia il discorso: «L'Aids è stato caricato di pesanti motivi sociali, tanto pesanti da produrre elementi di confusione. Chiediamo che sia trattata come qualsiasi altra grave malattia infettiva e il test venga inserito nelle batterie di esami preintervento chirurgico già previste. Infine sulla riservatezza deve bastare l'obbligo al segreto professionale». Nei prossimi giorni la richie- sta dei direttori sarà discussa in una apposita riunione. Un accordo è possibile? «Ritengo che non debbano esserci imposizioni. Potremmo decidere di consigliare a tutte le donne, anche a quelle con un'anamnesi negativa, cioè che non evidenziano comportamenti a rischio, di sottoporsi volontariamente al test - spiega Giorgio Martiny -. Inoltre il momento della richiesta alla malata deve essere preceduto da una completa informazione sulla malattia e le norme di comportamento e di vita da adottare per una corretta prevenzione». Adriano Provera Il professor Ferdinando Aiuti

Persone citate: Adriano Bocci, Adriano Provera, Danilo Poncini, Ferdinando Aiuti, Giorgio Martiny, Piero Sismondi, Tullio Wierdis, Wierdis