Giulietta e Romeo amore sulla striscia di Gaza di Aldo Baquis

Ma attori e registi hanno paura. Shakespeare messo in scena da una compagnia mista: palestinesi i Montecchi e israeliani i Capulet Giulietta e Romeo, amore sulla striscia di Gaza Niente spade: le famiglie combattono con sassi e pugnali dell'Intifada R— TEL AVIV OMEO si esprime in arabo, Giulietta in ebraico. Per gettarsi uno nelle braccia dell'altra hanno dovuto superare non solo pregiudizi familiari ma anche posti di blocco militari. Il coprifuoco talvolta li ha costretti in casa, in seguito hanno strisciato lungo i muri della Città Vecchia, nel timore di pugnalamenti e di autobombe. Realtà e finzione sono quasi indissolubili in questa riedizione mediorientale di Romeo e Giulietta, la prima coproduzione culturale israelo-palestinese dagli accordi sull'autonomia firmati al Cairo il 4 maggio scorso. Stasera, a Gerusalemme, si alzerà dunque il sipario: i Montecchi sono interpretati dagli attori della compagnia teatrale palestinese Al Kasaba, i Capuleti dagli artisti israeliani del Khan. Come nella realtà politica odierna c'è anche un mediatore, il Principe di Verona, che parla a volte arabo e a volte ebraico, a seconda delle circostanze. Il pubblico non resterà comunque disorientato da tanta ricchezza idiomatica: sopra le teste degli attori saranno proiettati sottotitoli in inglese con il testo concepito da Shakespeare. Mesi fa, appena nata, l'iniziativa di uno spettacolo teatrale israelo-palestinese ha rischiato di naufragare per l'eccidio alla Tomba dei Patriarchi di una trentina di fedeli islamici da parte di un colono ebreo: per protesta, gli attori palestinesi hanno disertato le prove per alcuni giorni. Ad aprile è stato il turno delle autobombe palestinesi, che hanno provocato una dozzina di morti fra gli israeliani: gli attori ebrei non se la sono più sentita di raggiungere il teatro Al Hakawati di Gerusalemme Est, in piena zona palestinese. «Talvolta l'atmosfera era molto, molto tesa» ha convenuto Giulietta Capuleti (l'israeliana Orna Katz). Si è cercato dunque un luogo «neutro» per poter tornare a immedesimarsi nella Verona rinascimentale: il quartiere armeno della Città Vecchia di Gerusalemme è apparso dapprima come una buona soluzione. Poi, per motivi vari, la inopinata compagnia binazionale si è dovuta trasferire nei magazzini della Società israeliana della luce: nella parte ebraica della città ma sulla Hebron Road, un'importante arteria usata da decine di migliaia di palestinesi diretti in Cisgiordania. I posti di blocco si sono pure rivelati un ostacolo per gli attori palestinesi che risiedono fuori dall'area municipale di Gerusalemme. In un caso è stato necessario un intervento del ministro delle Comunicazioni e della Cultura, Shulamit Alloni, per consentire a un paggio di Romeo di oltrepassare il posto di blocco di Beit Jalla, a Sud di Gerusalemme. Nella nuova edizione scenica, le due famiglie impiegheranno «armi» di uso quotidiano durante l'Intifada: non spade, dunque, ma pugnali e sassi. Per il pubblico palestinese dovrebbe avere un richiamo ben preciso l'espulsione di Romeo, non molto diversa da quelle ordinate negli anni passati dalle autorità militari israeliane. Ma a qualcuno questo spettacolo non piace. Il regista israeliano Eran Baniel ha ricevuto minacce telefoniche da un ebreo ortodosso secondo il quale lo spettacolo «incoraggerà i matrimoni misti fra ebree e arabi». Paradossalmente, anche il palestinese che interpreta Romeo teme le reazioni sfavorevoli del suo pubblico nel vederlo baciare teneramente un'israeliana, dunque una nemica. Dopo Gerusalemme, Romeo e Giulietta andrà in Belgio e in Francia, forse arriverà anche in Italia. I due registi - l'israeliano Baniel ha lavorato spalla a spalla con il palestinese Fuad Awad sperano che questo sia l'inizio di una fruttuosa collaborazione. Nel tradurre il testo in arabo e in ebraico i due sono entrati in una dinamica non diversa da quella sperimentata dai negoziatori israeliani e palestinesi durante le trattative per l'autonomia a Gaza e a Gerico. «A volte ci accapigliavamo per una parola», ha ricordato Awad in una recente intervista. La parola definitiva sarà comunque quella del pubblico: la semplice presenza di palestinesi in sala sarà da considerarsi un successo perché significherà che per vedere lo spettacolo erano pronti a superare ostacoli fisici e a pagare un biglietto molto esoso per le tasche di chi vive ancora sotto occupazione. Aldo Baquis Ma attori e registi hanno paura. Qualcuno li minaccia: «Così favorite i matrimoni misti» Due immagini di «Giulietta e Romeo» in versione israelo-palestinese