«Aboliamo quegli inutili lord» di Fabio Galvano

e Major chiede la riforma delle interrogazioni parlamentari: non sono serie e Major chiede la riforma delle interrogazioni parlamentari: non sono serie «Aboliamo quegli imitili lord» IlLabour: chiudere la Camera LONDRA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE E' guerra alle istituzioni, nell'Inghilterra reduce dal terremoto elettorale che ha esaltato i laborisli e umiliato i conservatori. Un deputato socialista, Bruce Grocott, ha presentato ieri una proposta di legge per abolire i due terzi della Camera dei Lord, cioè la ricca schiera dei Lord per diritto ereditario. «Un'istituzione anacronistica», ha osservato presentando lo strabiliante progetto. Poche ore prima John Major aveva chiesto una riforma del «Question Time», i due appuntamenti settimanali dei Comuni in cui il primo ministro deve rispondere per un quarto d'ora alle domande a bruciapelo rivolte dai deputati. «E' una specie di teatro più che un serio avvenimento politico - ha detto -. Deve diventare più decoroso». Una volta tanto anche l'opposizione gli ha dato ragione. Oggetto delle attenzioni di Grocott, che nella sua crociata è stato appoggiato da numerosi altri laboristi, sono i 759 Lord che senza alcun merito personale siedono nella Camera Alta del sistema parlamentare britannico: i 759, appunto, che vi appartengono per diritto di nascita a differenza dei rimanenti 444 (due arcivescovi, 24 vescovi, più i Lord a vita nominati dalla regina e che come tali non possono trasmettere il titolo ai figli). «Non vedo proprio - ha detto Grocott perché in una moderna democrazia debbano avere un ruolo in Parlamento, con lo stesso diritto a legiferare dei deputati eletti dal popolo, figure che non possono far valere altro che uno stantio diritto ereditario». Le sue argomentazioni hanno subito fatto breccia, in un'Inghilterra che periodicamente s'interroga su talune sue tradizioni e si domanda se i tempi non esigano qualche cambiamento. Il tradizionalismo, c'è da sospettare, trionferà anche questa volta. Ma lo scossone dato ieri potrebbe anche lasciare il segno. Quattro dei duchi che siedono nella Camera dei Lord, ha sottolineato Grocott, sono discendenti di re Carlo II e delle sue numerose amanti. «Ci sarebbe da ridere se nella Germania moderna i di¬ scendenti di Bismarck avessero potere legislativo, o in Russia i discendenti di Lenin o in Francia quelli di Napoleone». Una cosa è ciò che accadeva nel XII secolo, quando i re inglesi si circondavano di membri dell'aristocrazia con funzioni consultive; ma oggi è assurdo, ha fatto eco un altro deputato, che ci siano «centinaia di barbagianni forti soltanto dei loro antenati». E' vero che il 70 per cento dei Lord per diritto ereditario partecipa a non più del 5 per cento delle sedute, e che 85 non hanno mai rivendicato il loro diritto. Ma non sarebbe più decoroso ha insistito Grocott - se diventassero come tutti gli altri cittadini? Con il diritto, attualmente negato, di votare e di essere votati per la Camera dei Comuni. Un sogno, forse: certamente è più probabile che Major la spunti sull'altro tema del giorno, il «Question Time». Divertente per gli spettatori ma «di scarsa rilevanza» per gli elettori, è il momento in cui il primo ministro risponde ai suoi critici su qualsiasi argomento di attualità. Per un quarto d'ora, alle 15,15 del martedì e del giovedì, il balletto delle parole affascina. Le accuse più crudeli e le risposte più taglienti, in quella che secondo Margaret Thatcher è «una prova di vera democrazia» e che invece faceva stare male Harold Macmillan. Ma Tony Blair, il presunto erede di John Smith alla guida del Labour Party e possibile futuro premier, è d'accordo: il «Question Time» va riveduto e corretto. La prima domanda risale al 1721. E' diventata pratica quotidiana, con domande a tutti i ministri, nel 1906. Ma fino al 1959 le domande al primo ministro non potevano cominciare che dopo altre 45 domande ai suoi ministri; e sovente il tempo mancava. Si decise allora di dedicare quei 15 minuti fissi. Con il risultato di duelli divertenti e taglienti, ma piuttosto inutili se non da un punto di vista di rustico prestigio: «Non ne emerge - osserva il Guardian - nulla più che da una discussione al pub, tranne naturalmente un vincitore». Lo spettacolo, dice Major, deve finire. Fabio Galvano Il premier britannico John Major Nella foto grande: due dei 759 Lord per diritto ereditario

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