pasolini mai seduto alla destra di zurlini

« « NEL 1949 sono andato per la prima volta in Africa Orientale e ho avuto una sensazione molto forte vedendo quella società coloniale che non si rendeva conto di avere i giorni contati, che i privilegi di una vita coloniale all'inglese stavano per finire: una società destinata a sparire nell'arco di qualche anno», racconta Valerio Zurlini nell'intervista concessa a Jean Gili che figura in Valerio Zurlini, a cura di Sergio Toffetti (I.indau, Torino, 1993). «In effetti, quando sono ritornato in Africa una seconda volta nel 1959, quel mondo era scomparso. Ero ritornato laggiù con l'idea di preparare un film su quello straordinario episodio che è l'assedio di Macallè e la battaglia di Adua nel 1896, probabilmente la più grande battaglia coloniale di tutti i tempi. Credo che ci fosse materiale per un film straordinario, ma sono film che possono permettersi solo alcuni Stati: l'Urss può produrre Guerra e pace, ma un produttore italiano non può mettere in piedi II paradiso all'ombra delle spade - così doveva intitolarsi il film - perché ci vorrebbero troppi soldi. Allora mi venne in mente l'idea di raccontare la storia di una grande famiglia italiana che va a cercare fortuna in Africa: il primo episodio doveva situarsi nel 1896, con un protagonista che partecipa alla campagna di Adua, si stabilisce in Africa e fonda un piccolo impero personale; il secondo episodio, ambientato tra il 1935-1936, all'epoca dell'occupazione italiana dell'Etiopia e della nascita dei primi fermenti di rivolta degli etiopi, aveva per protagonista un personaggio che poteva essere teoricamente il padre di Daniele Dominici di La prima notte di quiete; il terzo episodio era il lungo viaggio che l'ultimo erede della famiglia faceva in Eritrea per raccogliere l'eredità di uno zio defunto, ultimo rappresentante della potenza familiare. Quest'ultimo erede rifiuta di stabilirsi in Africa perché ormai è uno sradicato. Il viaggio nel passato diventa un itinerario nel suo passato di adolescente, nella sua gioventù, un viaggio nella memoria e nella sua coscienza completamente cambiata. Il finale di questa terza parte è La prima notte di quiete...)). La prima notte di quiete è del 1972. Le soldatesse era del 1965. In mezzo, tra tanti progetti falliti e tanti sogni frustrati, tra cinema e televisione di relativamente compiuto c'è solo un contatto cinematografico con l'Africa, senza l'Africa. La storia di Seduto alla sua destra è una storia tra le più penose di Valerio Zurlini. Nel 1967, avendo accompagnato a Cannes Jacqueline Sassard e Joseph Losey che presentava L'incidente, aveva incontrato Mario Gallo dirigente dell'Italnoleggio che gli aveva parlato del progetto di un Vangelo 70, un film a episodi per cinque registi, e aveva accettato di essere uno dei cinque, sia pur non nutrendo molta fiducia nel risultato collettivo. La stessa generosa promessa dell'Italnoleggio di lasciare completa libertà ai cinque autori era la premessa dell'insuccesso. L'episodio di Valerio Zurlini era tratto dalla pagina del Vangelo che parla dell'incontro con il ladrone buono. E Valerio Zurlini aveva pensato di ambientarlo nell'Africa in subbuglio. Purtroppo, le magre risorse dell'Italnoleggio non consentivano un'Africa vera ma soio l'Agro Pontino o simili luoghi nostrani e l'interprete, il nero americano Woody Strode dai folgoranti occhi azzurri era secondo Valerio Zurlini un torsolo che gli avevano affibbiato a scatola chiusa, non sapeva recitare. Prima o poi, comunque, il collettivo di autori aveva cominciato a conoscere attriti pressoché insanabili. Così Valerio Zurlini era stato sostituito da Marco Bellocchio con un altro episodio, e Seduto alla sua destra, portato con due o tre giorni di riprese supplementari a un'ora e cinque di durata, era stato presentato autonomamente a Cannes, incorrendo in giudizi severi. E' singolare che buona parte della tentata difesa di Valerio Zurlini per questo suo episodio rischiosamente dilatato si basa su un'analogia tra lui e Pier Paolo Pasolini. «Val la pena di osservare che Pasolini aveva fatto con La ricotta un film che, stranamente, racconta, in un modo e in un contesto diversi, lo stesso episodio» dice Valerio Zurlini, paragonando il suo Seduto alla sua destra con uno dei più celebri pezzi del repertorio pasoliniano uscito nel 1963 come episodio del film collettivo RoGoPag, e, rispondendo a una domanda su come potessero coesistere in lui comunismo e cristianesimo, rincara: «La mia posizione si potrebbe chiamare evangelicocomunista. Si potrebbe dire che questo non esiste negli schieramenti attuali e io risponderei: peggio per loro. Ovviamente, non arrivo a teorizzare una posizione che resta personale. Ma, si noti bene, questa era anche la posizione di Pier Paolo Pasolini. Almeno sono in buona compagnia...». E' lecito avanzare l'ipotesi che questa solidarietà non fosse condivisa da Pier Paolo Pasolini e che all'autore de La ricotta l'analogia invocata da Valerio Zurlini non risultasse gradevole, anzi animasse un risentimento intollerante? C'è da rileggere, a questo proposito, un'amara testimonianza di Marco Weiss, in Sinemà (Guanda, 1994). E' verso la fine del libro. Dopo un anno di separazione il mancato allievo tornato a Milano aveva ricevuto dall'Adalgisa, la cameriera sarda di Valerio Zurlini, un telegramma sibillino con il quale il mancato maestro lo pregava di raggiungerlo al più presto a Roma. Al telefono non era possibile stabilire un contatto e Marco Weiss aveva pensato che Valerio Zurlini non avesse pagato la bolletta, e si era rassegnato a mettersi in viaggio, pur temendo di dover interrompere gli esami, se il mancato maestro gli avesse chiesto di fare un altro film e avendo deciso che ci sarebbe stato solo se si fosse trattato del Paradiso all'ombra delle spade. Aveva trovato una casa spoglia dai tanti quadri di Morandi e d'altri, con gli scaffali delle librerie decimati dai libri d'arte e pochi mobili superstiti, giusto un paio di divanetti rossi e la poltroncina di pelle tutta