LA RICERCA DI CAMUS STRANIERO IN FAMIGLIA

LA RICERCA DI CAMUS STRANIERO IN FAMIGLIA LA RICERCA DI CAMUS STRANIERO IN FAMIGLIA Le ultime pagine: successo a Parigi sistenza, rivolta di fronte al male e alla assurdità della condizione umana - non si era mai abbandonato alla confessione o all'autobiografismo. E i suoi personaggi, dallo straniero Meursault che uccide e si lascia uccidere con la stessa indifferenza, al dottor Rieux la cui vita è una continua lotta contro la peste, risultavano soprattutto incarnazioni allegoriche di una visione esistenziale che nel tempo aveva subito delle evoluzioni. Ora, il carnet ci dice che Camus aveva deciso di andare oltre quegli eroi simbolici e quei saggi, romanzi o pièces a tesi. Che voleva sentirsi libero dal dovere di predicare una morale e illustrare una filosofia di vita, secondo schemi di caratte¬ CPARIGI ENTOQUARANTA pagine manoscritte, cinque foglietti e un prezioso quadernetto di appunti che testimonia il desiderio di trasformare in opera d'arte la propria esperienza di vita: è quanto basta a svelare finalmente il mistero che accompagnava Albert Camus, quel fiero pied noir premio Nobel a quarantatre anni, nel 1957, tanto discusso dalla critica e dagli amici della Rive Gauche quanto amato dal pubblico; un uomo che la vita pareva aver colmato di doni - dall'intelligenza, al coraggio, alla bellezza, al precoce successo. E invece, oltre alla tubercolosi che lo aveva colpito a sedici anni, addosso portava come una stimmata il segno di radici umilissime. In quell'ambiente familiare analfabeta, avaro di tenerezze e indurito dall'aspra lotta per la sopravvivenza, appena tredicenne era «diventato uomo» col solo gesto di consegnare i cento franchi guadagnati come garzone durante le vacanze estive. Il grumo del pudore, della vergogna che al pari di una «forza oscura» lo aveva accompagnato da sempre, portandolo a reagire attraverso lo studio e poi a teorizzare sia un'idea di rivolta che il suo superamento, Albert Camus, fragilissimo - come rivelano corrispondenza e carnet - dietro all'aria da duro vestito alla Bogart, ha fatto appena in tempo a scioglierlo. Ma l'esserci riuscito, parlando finalmente «in presa diretta» di coloro che amava, è stata «una grande gioia». E la «verità» che aveva trasposto facendo ricorso a miti, personaggi storici e metafore - da Sisifo a Caligola alla peste - è sgorgata in una scrittura molto diversa dal laconismo de Lo Straniero. Il flusso di emozioni e ricordi si è tradotto in un affollarsi di figure, immagini e sensazioni così intense e carnali da rendere struggente il romanzo cui stava lavorando quando, il 4 gennaio del 1960, restò ucciso sbandando con la sua potente automobile su una strada di campagna dello Yonne. Ma più, o altrettanto rivelatrici, de II primo uomo - questo il titolo del volume pubblicato da Gallimard sono le note affidate al quadernetto con la spirale. Rivelando il percorso della creazione, e un cambiamento di prospettiva nella sua concezione estetica, forniscono il tassello che mancava alla minuziosa, quasi poliziesca, ricostruzione biografica dell'Albert Camus di Herbert Lotmann. La massima aspirazione di uno scrittore - disse una volta Camus - consiste nel «ritrovare i segreti di un'arte universale che, a forza di umiltà e di maestria, alla fine può resuscitare in carne ed ossa, e secondo la loro durata, i personaggi». Però, nonostante la ricorrenza di temi legati al proprio vissuto mondo e paesaggio algerino, situazioni di claustrazione riconducibili all'esperienza della Re- re formale. L'arte, che fin dall'inizio s'indovina compensatoria alla frustrazione delle origini, resta il luogo della libertà e della non-separazione, dove cioè distinzioni e conflitti sono annullati. Non è più legata però all'intermediario della letterarietà e dell'ideologismo. Di qui la «gioia», e l'auto-incoraggiamento a «non temere». «Sono stufo di vivere, di agire, di sentire per dar ragione a uno e torto all'altro - scrive -. Ne ho abbastanza di vivere secondo l'immagine di me che gli altri mi rimandano...». Come dire che aveva superato il tormento per le critiche e le querelles a proposito del suo umanesimo tacciato ora di astrattismo ora di ritorno all'ordine; e che era indifferente a identificazioni - saggista-filosofo, artista ma non romanziere, teatrante mancato - che lo circoscrivevano. Opponendo all'assoluto della rivoluzione, la rivolta che si indirizza a una saggia accettazione del mondo e del relativismo delle azioni, Camus andava controcorrente rispetto alla concezione molto politicizzata dell'engagement sartriano che aveva conquistato l'intellighenzia dell'epoca. Gli appunti per il suo II primo uomo ribadiscono questa posizione orientata alla ricerca dell'«arte di vivere» di cui lo scrittore aveva parlato nel Discorso di Svezia. Un'altra nota recita infatti: «Argomento di Musil: la ricerca della salvezza dell'esprit nel mondo moderno...». Per Camus, si trattava di salvezza dell'intelletto o dello spirito? Difficile dirlo, a caldo e con un testo incompiuto. Le parti del familien-roman autobiografico, sembrano comunque rispondere ai temi, della Misura e dell'amore, dei due cicli progettati dopo quelli dell'assurdo e della rivolta. A far da perno, la «madre che è il Cristo» e la povertà, che per lui non fu mai «una disgrazia» perché sul sobborgo algerino di Belcourt la luce diffondeva comunque «le sue ricchezze». Così, mentre il racconto-confessione si dipana come un atto d'amore verso colei che mai potrà leggere quanto di più intimo alberga nel figlio, la ricostruzione familiare e l'esperienza del narratore - Resistenza e guerra di liberazione algerina - sfociano, o meglio avrebbero dovuto sfociare nel grido: «Restituite la terra. Date tutta la terra ai poveri... all'immenso gregge dei miserabili, arabi in gran parte e alcuni francesi che vivono o sopravvivono qui per ostinazione o sopportazione...». Ma del progetto globale - dall'inizio della colonizzazione algerina seguita alla rivoluzione del 1848, agli Anni Cinquanta che avrebbe mostrato il prezzo pagato alla Francia da una famiglia come la sua, Camus aveva portato a termine solo due parti. Quella che tenta di ricostruire l'identità del padre, un poverissimo colono morto nella grande guerra di cui riesce a scoprire soltanto che era «taciturno» e l'altra che racconta infanzia e adolescenza vissute in due stanzette semibuie all'ombra di una nonna inflessibile, di una madre tenerissima ma disarmata dalla fatica di vivere, e di uno zio sordomuto. C'erano però gli amici, le fughe sulla spiaggia, le briciole di frites da dividersi, la solidarietà dei vicini e un maestro che assumendo un ruolo paterno portò la ragione in quel piccolo mondo di affetti inespressi e rapporti primitivi. Grazie a lui, il ragazzino cui era vietato giocare a pallone per non rompere le scarpe, potè accedere al Liceo situato nei quartieri alti. A suo modo, era un coté Guermantes, come II primo uomo sarebbe stato una salvifica Recherche. Paola Decina Lombardi mistero della povertà che rende gli esseri senza nome e senza passato». * * # «Capitoli alterni per dare voce alla madre. Il commento degli stessi fatti ma con il suo vocabolario di quattrocento parole». # # # «Insomma, parlerò di coloro che amavo. E soltanto di questo. Gioia profonda». * # # «La nobiltà del mestiere di scrittore sta nella resistenza all'oppressione, dunque ad acconsentire alla solitudine». # # * «Ciò che mi ha aiutato a sostenere la sorte avversa mi aiuterà forse a ricevere una sorte troppo favorevole - Ciò che mi ha sostenuto è innanzitutto la grande idea, la grandissima idea che ho dell'arte. «Non che per me sia al di sopra di ogni cosa, ma perché non si allontana da nessuno». Albert Camus (trad. Paola Decina Lombardi)

Luoghi citati: Caligola, Francia, Parigi, Svezia