Morto Henry Mancini, la musica della «Pantera Rosa»

Morto Henry Mancini, la musica della «Pantera Rosa» Morto Henry Mancini, la musica della «Pantera Rosa» Settantenne, si è spento a Beverly Hills dopo lunga malattia. Aveva lavorato fino all'ultimo LOS ANGELES. Henry Mancini è morto ieri, a 70 anni. Ma le note di sax di quel tema sornione che il compositore americano scrisse nel '63 per «La Pantera Rosa», sono ormai immortali. L'autore delle musiche di «Colazione da Tiffany», «I giorni del vino e delle rose», «Victor Victoria», «Contratto per uccidere», «Sciarada», «Arabesque», «Zoo di vetro», «Appuntamento al buio» e decine di altri successi tra cui «I girasoli» di Vittorio De Sica, è spirato nella sua casa di Beverly Hills, assistito dalla moglie Ginny 0' Connor, un'ex cantante dell'orchestra di Glenn Miller, sposata nel '47. Lottava da tempo contro un cancro al fegato e al pancreas, ma non aveva smesso di lavorare: «E' la miglior medicina - aveva detto dopo aver scoperto d'essere malato -. Quando scrivo non penso ad altro, non mi sento diverso da prima. Compongo musica, e tanto mi basta». Il 16 aprile aveva festeg¬ giato il settantesimo compleanno con un concerto di gala al quale avevano partecipato artisti e amici di sempre: Luciano Pavarotti, Andy Williams, Julie Andrews. Autore di memorabili colonne sonore: ma anche, vorremmo quasi dire soprattutto, inventore della colonna sonora come business. Nel '59 infatti, Mancini smerciò, nell'incredulità generale, oltre un milione di copie dell'album con le sue musiche per «Peter Gunn», serie tivù ideata proprie da Blake Edwards, il regista che avrebbe segnato la carriera del compositore di Cleveland. I produttori cinematografici capirono che la musica non era un semplice accessorio del film, ma poteva essere sfruttata commercialmente: e puntarono su partiture accattivanti, in chiave pop, pensate per il mercato discografico. Dopo «Peter Gunn», Henry Mancini si dimostrò all'altezza della fresca fama, diventando uno dell'82 per «Victor Victoria». Ma prima del trionfo, Mancini aveva affrontato una dura gavetta da quel giorno del 1932 quando aveva 8 anni e suo padre Quinto un immigrato italiano originario di Scanno, in Abruzzo - gli regalò un flauto e gli insegnò a suonarlo. La conquista di Hollywood cominciò, per lui come per molti altri, dalla porta di servizio: dopo l'apprendistato come pianista nell'orchestra jazz di Glenn Miller e Tex Bencke, il giovane Henry fu assunto nel '52 dalla Universal. Per sei anni mise mano, con ruoli diversi, alle colonne sonore di centinaia di filmetti: da Gianni e Pinotto agli horror di serie B, fra i quali merita la citazione il trashcult «Tarantula». Intanto, però, non si lasciava sfuggire occasioni quali gli arrangiamenti per «La storia di Glenn Miller» di Mann, del '54, e «La storia di Benny Goodman» di Davies, 1956, dove mise a frutto la propria formazione jazzistica; o ancora, nel '58, la partitura per «L'infernale Quinlan» di Orson Welles. Dopo «Colazione da Tiffany», la strada di Mancini era lastricata d'oro: e nel '63 arriva il colpo di genio, l'insuperabile solo di sax che apre «La Pantera Rosa». Il terzetto Peter Sellers, Blake Edwards e Henry Mancini inaugura la miliardaria epopea dello sconvolto ispettore Cluzot, con l'immediato raddoppio, l'anno successivo, di «Uno sparo nel buio». Mancini ha firmato il «soundtrack» di oltre ottanta film: alcuni celeberrimi, altri quasi dimenticati. Ma tutti con quel «tocco in più» che è, insieme, inimitabile genialità e umile artigianato: «Quando mi arriva la cassetta con il film da musicare - raccontava «Mister Music» - di solito hanno ! tutti una gran fretta. La data d'uscita dev'essere rispettata ad ogni costo. E io cerco di rispettarla». Henry Mancini: inventore della colonna sonora come business. Nel '59 smerciò oltre un milione di copie dell'album con le musiche per la serie «Peter Gunn» dei più contesi autori di Hollywood. Il successivo exploit fu, nel '60, «High Time» (In due è meglio). Nel '61 arriva «Colazione da Tiffany», sempre per la regia di Edwards: l'intera colonna sonora e «Moon River» la canzone (firmata da Johnny Mercer) strimpellata alla chitarra da Audrey Hepburn, fruttano i primi due Oscar, a cui seguiranno le statuette del '63 per «Days of wine and roses» e [g. fer.l

Luoghi citati: Abruzzo, Cleveland, Hollywood, Los Angeles