Uno studioso americano svela: fu una giovane ebrea russa la causa della rottura tra i due grandi della psicoanalisi

Uno studioso americano svela: fu una giovane ebrea russa la causa della rottura tra i due grandi della psicoanalisi Uno studioso americano svela: fu una giovane ebrea russa la causa della rottura tra i due grandi della psicoanalisi EASCIATE che vi avverta, scrive lo studioso americano John Kerr nell'introduzione al suo affascinante volume sui legami tra Freud, Jung e una giovane ebrea rassa di nome Sabina Spielrein. «La storia che segue non è una storia gradevole. Non è una storia d'amore. Né è una di quelle storie edificanti su un gruppo di uomini e donne intrepidi che fecero una grande scoperta scientifica... E' una storia di spettri particolarmente macabra, in cui lo spettro che alla fine divora tutti i personaggi non è un essere ma una teoria...». E che il risultato sia tragico è bene che il lettore lo sappia fin dall'inizio. Il 17 agosto 1904 una ragazzina di diciotto anni fu portata dalla Russia alla clinica psichiatrica Burghòlzli di Zurigo. Era ricca, intelligente e ambiziosa, ma la sua educazione fondata su un'idea di femminilità celestiale l'aveva devastata. Secondo Jung, per reazione Sabina Spielrein «non poteva mai sedersi a tavola senza pensare alla defecazione», e «non poteva guardare le mani di suo padre senza provare eccitazione sessuale». Jung allora aveva poco più di trent'anni, ed era sposato. La prese in cura. Una cura breve, a quanto sembra. A quella ragazzina, si sostiene oggi nel ponderoso volume di John Kerr intitolato A most dangerous method (Un metodo molto pericoloso) - edito dall'americana Knopf, e in autunno in Italia dalla Frassinelli -, toccò una parte cruciale nella storia dei rapporti tra Jung e Freud, delle loro teorie e di ciò che infine li portò alla rottura. Una parte che riguarda la storia della costruzione di un impero, in cui entrano diffidenze razziali, complicazioni erotiche e vendette. E da cui discendono alcuni dei principali caratteri della psicanalisi. Ma, secondo Kerr, anche i suoi problemi più gravi e attuali: il declino istituzionale, l'insuccesso sul piano della credibilità scientifica, e la mancanza di senso critico sulla storia delle proprie origini. Ci troviamo dunque con questo libro, che sta sollevando un grande interesse in America, al centro di quel filone revisionista che ha sottratto lo studio di Freud ai suoi seguaci ortodossi, per restituirci un'idea di lui meno gradevole ma anche molto più complessa. Ed è fondamentale, per capire da dove nasca, fissare alcune date. Nel 1974 il nome di Sabina Spielrein compare per la prima volta nel carteggio FreudJung. Nel '76 un saggio dell'analista junghiano Aldo Carotenuto ipotizza che il suo ruolo nell'evoluzione del pensiero di Jung sia stato più importante di quanto non si creda. Nel '77 viene scoperta una cassa di lettere della Spielrein a Ginevra. Nell'80 Carotenuto le usa per provare la sua idea, nel Diano di una segreta simmetria (Astrolabio). Poi salta fuori altro materiale. E arriva il libro di Kerr, che fa di queste lettere il filo conduttore di un'immensa ricostruzione del clima culturale e psichiatrico dell'epoca. Il cui principale contributo revisionista è quello di identificare due «storie d'amore» che secondo lui segnarono in modo indelebile i rapporti tra Jung e Freud. La prima è evidentemente quella tra Karl Gustav Jung e Sabina Spielrein, «un'isterica che sto trattando con il suo metodo» come si legge in una lettera a Freud del 1906. «Un caso difficile», è anche la prima paziente di cui Jung sceglie di parlargli. Mancava allora un anno e mezzo al primo incontro dei due studiosi a Vienna, quello durante il quale si parlarono per tredici ore consecutive con reciproco entusiasmo. E già un tocco di sospetto: il giorno dopo, analizzando un sogno di Jung, il suo maestro aveva la malizia d'interpretarlo come il desiderio di «detronizzarlo e prendere il suo posto». E qui si inserisce un fatto importantissimo: in occasione di quel primo viaggio a Vien- stro, stava usando dei simboli del suo legame con Sabina per provare una forte pulsione spirituale dall'interno, e questo per Freud era molto più choccante. Era la peggior forma d'ipocrisia. Dall'altra parte, la relazione incestuosa di Freud con la cognata inferiva per Jung un colpo mortale al nucleo di tutte le teorie freudiane, quelle della libido collegata ai rapporti interpersonali della famiglia. Corre intanto per tutto il libro un sommesso parallelo tra la psicanalisi e un regime totalitario moderno, in cui si fa uso di mezzi di propaganda e di processi per eresia per prevenire il libero dibattito. E la prima vittima sarebbe stata proprio Sabina Spielrein, la quale, dopo essersi laureata in medicina a Zurigo, divenne a sua volta un'analista di valore, e scrisse tra l'altro un saggio che per Kerr poteva rappresentare un ponte tra le due scuole, junghiana e freudiana, se non si fosse volutamente spazzato via. Di Sabina, principale testimone di uno scisma che contrappone i valori cristiani di Zurigo a quelli ebraici di Vienna, si perde addirittura la memoria. Ma resta vivo per Jung il terrore che Freud possa sostenere, attraverso ciò che ha appreso di lui psicanalizzando Sabina, che la sua svolta cristiana fosse soltanto la deplorevole reazione a una storia di letto con una ragazza ebrea. E il terrore è tale che Jung «ne diventa quasi pazzo». La giovane donna, inevitabilmente, resta schiacciata tra l'incudine e il martello. Si sposa per dimenticare, ma non funziona. Ha due fighe. Poi nel '23 commette il fatale errore di tornare in Russia, dove dà il via alla scuola di psicanalisi russa. Ed è a Rostov sul Don, la sua città natale, che nel '41 lei e le sue fighe vengono fucilate dai nazisti insieme agli altri ebrei nella sinagoga. Si resta senza fiato: i suoi genitori erano morti, la loro fortuna inghiottita nella rivoluzione bolscevica, i tre fratelli di Sabina, che avevano incoraggiato la sua carriera, assassinati da Stalin negli Anni 30. E' un epilogo sconvolgente: la fine di un mondo in cui una ragazza di buona famiglia, educata alla purezza, non poteva nemmeno mangiare senza provare vergogna. Un mondo in cui il desiderio sessuale permeava tutto, ma non se ne poteva parlare: se non nello studio di due uomini geniali e completamente privi di scrupoli etici. A sinistra, Sigmund Freud. Sotto Karl Gustav Jung: «Sabina Spielrein è un'isterica che sto trattando con il suo metodo», scrisse al maestro nel 1906. Livia Manera