Quel maledetto giugno rosso

Quel maledetto giugno rosso Quel maledetto giugno rosso Estenuanti liturgie, poi il nuovo capo INGRAO Tu, caro Giorgine questa esperienza non ce l'hai... E ti manca la grinta. Per la verità - rivolgendosi a Berlinguer - la grinta non ce l'hai neanche tu, Enrico. La devi tirare fuori». Paolo Bufalini scriverà in seguitò che Enrico aveva acconsentito «con l'atteggiamento che di chi dice: "Io mi sobbarco"». E quando, sedici anni dopo, il pei sarà chiamato a sostituire il segretario scomparso all'improvviso, è ancora quel riflesso condizionato della «consultazione» riservata che affiorerà tra i dirigenti del pei alla ricerca di un nuovo leader. Solo che, come ricorda Carlo Galluzzi, il dirigente del pei che ha a lungo guidato la sezione esteri e che ha appena pubblicato il Paese dei gattopardi, nel partito-chiesa si erano andati palesando i segnali della laicizzazione: «intanto non furono consultati soltanto i massimi dirigenti e la vecchia guardia, ma fu investito, tramite un'apposita commissione formata da Pecchioli, Tortorella e Chiaromonte, l'intero comitato centrale. E poi non c'era una candidatura pre- Papa è Natta e in un partito ancora intriso di ritualità ecclesiali il principale antagonista, il leader della Cgil Luciano Lama, prega nel nome dell'unità mistica del Partito «i compagni che propongono il mio nome di non insistere». Poi la sequenza si fa concitata. Nel giugno del 1987 la designazione di Occhetto alla vice-segretaria viene accompagnata da scontri furibondi nel partito con Napolitano che in pieno comitato centrale s'oppone così: «il senso di responsabilità e lo scrupolo unitario di cui credo d'aver dato prova, non possono impedirmi di ribadire questo mio dissenso». Nel giugno del 1988 l'ennesima accelerazione. Natta si dimette: «Il priore che ha compiuto il mandato torna ad essere un semplice frate». Sono parole che nascondono il risentimento profondo per il successore accusato di aver architettato un colpo di palazzo per accelerare il ricambio. Ma nel pei qualcosa dell'austerità sacrale d'un tempo s'è rotta per sempre, con Tango che offre la versione parodistica del furore