Mussolini: «Bassolino non si tocca»

Interno LA STAMPA Me ROMA. All'ora di pranzo nelle stanzette in penombra della «Vecchia Roma», il ristorante che mezzo gruppo dirigente del pds ha eletto a mensa, si ascoltano gli echi del Bottegone intento ad interrogarsi sul futuro leader. A due passi da lì, proprio in fondo alla strada, in quell'elegante palazzetto che si affaccia su uno dei monumenti della Roma imperiale, il teatro Marcello, Achille Occhetto è barricato in casa. Agli estranei che telefonano l'uomo che nella satira politica viene chiamato il «papero» tenta invano di farsi passare per il maggiordomo, ma, ovviamente, è tradito dall'inconfondibile voce: «L'onorevole Occhetto - risponde Achille Occhetto - non c'è. E' fuori casa». Eh sì, Occhetto fa simpatia anche mentre tramonta la sua stella. Ma l'aspetto umano forse è il meno sentito ai tavoli della «Vecchia Roma». La politica non ammette sconti mai e comunque. E allora via alle dissertazioni sulle grandi manovre al Bottegone che si concluderanno in quel consiglio nazionale che eleggerà il nuovo segretario a fine giugno. Spiega Emanuele Macaluso, il plenipotenziario dei «miglioristi», a Lanfranco Turci e a Gianni Manzolini, l'ex ombra dell'ormai dimenticato ministro socialdemocratico Pierluigi Romita: «E' tale l'avversione della maggioranza nei confronti di D'Alema che gli uomini di Occhetto sono pronti anche a candidare Napolitano... Il problema di D'Alema è uno solo: il segre- I GIOCHI SEGRETI DELLA SUCCESSIONE GROMA | IUGNO, il più crudele dei mesi. Per i comunisti e, il destino pare voglia ancora così, per i post-comunisti. Il 10 giugno del 1984 muore Berlinguer e dopo 17 giorni Alessandro Natta viene nominato nuovo segretario del pei. Nel giugno del 1987 il pei, ancora sotto choc dopo la batosta elettorale, affianca a Natta, al termine di una feroce battaglia intestina, il nuovo vicesegretario futuro numero uno della nomenklatura comunista: Achille Occhetto. Ancora giugno, stavolta del 1988: Natta, colpito qualche mese prima da un infarto, si dimette dopo un intricatissimo «giallo delle lettere» e viene sostituito dal suo vicesegretario. Giugno. E ancora giugno. I pidiessini che oggi, sempre in pieno giugno, sono chiamati a designare il loro nuovo leader, probabilmente sentiranno sulle loro teste l'aleggiare di una coazione a ripetere, l'incombere di un sortilegio da calendario. Di nuovo c'è una quercia nel simbolo, c'è un nome diverso, c'è un costume laicamente più rilassato. Di antico resta non solo l'ansia di correre ai ripari all'indomani di un grande trauma, ma anche quell'atmosfera da conciliaboli segreti, quel sentore di conclave, quell'alone di mistero e di felpata prudenza che nella liturgia comunista ha reso sempre somigliante l'elezione di un nuovo leader alla scelta, permeala di simbologia sacra, di un nuovo Papa. Un tempo c'era la chiesa del pei e il Bottegone il suo santuario. Quando ci fu da sancire l'ascesa di Enrico Berlinguer, tutti i sacerdoti del partito furono chiamati a formulare (riservatamente) il loro autorevole parere. Il segretario Luigi Longo, colpito da un ictus nell'autunno del '68, volle consultare i grandi vecchi del partito sulla decisione di farsi affiancare da Berlinguer. Era il progetto del «salto di generazione». La chiesa comunista era stata turbata dal duello tra la sinistra di Ingrao e la destra di Amendola. Ad Agostino Novella e a Armando Cossutta Longo affida la mansione di sondare gli umori dei piani alti del Bottegone. La consultazione conferma il nome di Berlinguer: solo un paio della vecchia guardia indicano Giorgio Napolitano. Il suo maestro Amendola, secondo la testimonianza rilasciata da Armando Cossutta a Giuseppe Fiori, biografo di Berlinguer, parla così nell'Ufficio politico: «Per dirigere il pei, occorre una forte esperienza e un prestigio internazionali. rcoledì 15 Giugno 1994 Interno Mussolinis «Sassolino non si tocca » ALLEATA A SORPRESA ON possiamo mettere una bomba ad orologeria sotto la sedia di Bassolino. Il voto europeo di domenica non è stato un voto contro il sindaco di Napoli». Firmato Alessandra Mussolini, deputata di An, sconfitta nel testa a testa del novembre '93 per la carica di primo cittadino. Stavolta Alessandra difende «Bassolì» dagli attacchi di Forza Italia, proprio lei che in quella campagna elettorale aveva provato di tutto per sconfiggere il «burocrate del pds», persino le corna in diretta tv, il massimo dell'offesa per un napoletano. A novembre era stata decisa ad attaccarlo: «A' Bassolì, to la spaccherai tu la testa. Hai dato una mazzata sulla lira che è incredibile. Siete tutti iettatori, fijo mio...». Adesso è altrettanto decisa a difenderlo: «Giudichiamolo dai fatti». Onorevole perché difende Bassolino? Tutti ricordano le corna... «Ma c'era la campagna eletto-

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