«Tano Cariddi torna più cattivo che mai» di Simonetta Robiony

Spettacoli Incontro con Remo Girone dopo la malattia «Terno Cariddi torna più cattivo che mai» ROMA. E' pieno di progetti Remo Girone, il Tano Cariddi di «La piovra». Seduto nel salotto della casa sua e di Vittoria Zinny, un piccolo salotto e una grande terrazza, Remo Girone racconta questi ultimi suoi mesi: quelli precedenti e quelli successivi all'intervento chirurgico alla vescica che ha subito a febbraio e che tanto aveva allarmato i produttori della nuova «Piovra». E invece com'è finita, Girone? «E' finita che, dopo aver aspettato per mesi che le riprese cominciassero, proprio quando io avevo fissato la data della mia operazione, i soldi sono arrivati e il regista Perelli e la troupe sono partiti per la Bulgaria. Avrei anche potuto fare la mia convalescenza lavorando sul set, ma gli ospedali del piccolo centro sul Mar Nero dove si gira non hanno convinto il mio medico». Allora? «Allora gli sceneggiatori hanno riscritto la storia creando un nuovo personaggio per Ennio Fantastichini e a me hanno riservato un piccolo ruolo che girerò a Roma in ottobre, perché in una eventuale ennesima "Piovra" Tano Cariddi possa tornare ancora in scena a compiere i suoi crimini finanziari. Insomma, sono stati tutti molto affettuosi. D'altra parte Tano Cariddi è un mito, come si fa a sopprimerlo?». Ride strizzando gli occhi Remo Girone, come fa sempre quando parla del personaggio che gli ha regalato la popolarità. Attore finissimo di teatro d'avanguardia e non, professionista serio che ha costruito un pezzetto dopo l'altro la sua carriera, Girone è uno di quelli che considera il suo mestiere solo un lavoro da fare con cura e attenzione, cercando di mescolare sempre qualità e ricerca, consenso popolare e affinità affettive. Un esempio. Il film in uscita in questi giorni, «Dietro la pianura», un noir classico in cui interpreta il personaggio di un medico con molti scheletri nell'armadio, l'ha girato nell'autunno scorso per un debito d'amicizia con il regista Gerardo Fontana con cui tanti anni fa aveva già fatto un piccolo film sperimentale. Un altro esempio. Il film «Colibrì rosso» con Barbara De Rossi, girato l'aprile scorso a Budapest e probabile candidato per il festival di Venezia, l'ha fatto perché Zsuzsa Boszormenyi, la giovanissima regista aiutata a trovare i soldi per questa sua opera prima da Pasquale Squitieri e da Claudia Cardinale, aveva vinto un Oscar con il suo precedente cortometraggio. E adesso? Adesso Remo Girone pensa al teatro. «Sarò a Vicenza all'Olimpico con una "Antigone" diretta dal regista greco Terrapoulos, uno spettacolo che potrebbe anche andare in tournée la prossima stagione. E' una offerta che mi ha sorpreso, questa di Terrapoulos. Io non lo conoscevo affatto ma lui ha chiesto di me agli organizzatori del festival di Vicenza perché tanti anni fa mi aveva visto nel "Filottete" di Mario Martone che presentammo a Delfi. E' una vicenda che ha lusingato la mia vanità». E la proposta di lavorare con lo Stabile di Torino perché è tramontata? «Non abbiamo trovato l'accordo economico. Guido Davico Bonino mi aveva chiesto di fare l'intera stagione con "Timone d'Atene" prima e un testo di Giacosa poi. Io stavo leggendo ancora quello di Giacosa. Poi tutto è sfumato perché il mio compenso per una stagione intera era troppo alto. Ma m'è dispiaciuto sapere che a Massimo Venturiello, l'attore con cui mi hanno sostituito, avrebbero invece detto che m'ero ritirato per questioni di salute. Per fortuna è una bugia. Sto benissimo». Quindi non si vedrà Girone in tivù, l'autunno prossimo? «Non credo. Mesi fa ho interpretato per Raidue con Ottavia Piccolo, Paola Pitagora e Valentina Forte, uno sceneggiato di Sandro Bolchi intitolato "Servo d'amore". La Rai dovrebbe mandarlo in onda proprio in autunno. E' una di quelle storie di torbide passioni che alla tv piacciono tanto. Io sono un avvocato senza successo, un uomo d'ordine severo e noioso che perde la testa per una ragazzina scombinata e delinquente, fino a diventarne lo schiavo». Un altro perdente. «Mah. La televisione vive di schemi fissi. E poi l'età per fare la vittima delle ragazzine ormai c'è. Basta sapere ironizzare su quel che ti offrono». Ma a lei piace esser legato a questo schema? «Per carità. Io alla televisione italiana vorrei portare una sit-com che ho visto in America e che m'è parsa interessantissima. E' ambientata in una famiglia dove si discute dei fatti politici del giorno. Con quello che succede da noi, sarebbe un successo strepitoso». Ma l'ha proposta? «E a chi? Non è facile sapere oggi a chi raccontare le idee. Tanto per dire, Mario Martone, che pure ha già diretto "Morte di un matematico napoletano" vorrebbe fare un film dal nostro "Filottete" e magari avere anche una tv che ne prenda i diritti. Chissà se ci riuscirà, però. A meno che non lo giri con i suoi amici napoletani dì Teatri uniti, come ha già fatto con "Rasoi", altro suo spettacolo di successo». Insomma, siamo all'autarchia? «Non è un'autarchia imposta dalla politica, ma certo adesso se si crede ad un progetto artistico è più facile trovarsi i mezzi da soli che cercare un produttore che lo finanzi». Simonetta Robiony A sinistra Remo Girone nella «Piovra», in alto l'attore in una scena di «Mirra», regista Ronconi

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