La donna è dimezzata anche armi in pugno

m h83 v' POLEMICA. Libro accusa: solo i maschi «eroi o bastardi » La donna è dimezzata anche armi in pugno rTjTfl EMMENO le armi sono servite ad abbattere le » barriere che le separano V dagli uomini. Con tutto il i 11 male e il pentimento che hanno portato, non hanno smosso di un millimetro quella linea di demarcazione: al di là, le donne, a cui è attribuito un destino; al di qua, gli uomini, ai quali è concesso di sceglierselo. E' provocatoria l'analisi fatta da Anna Iaccheo in Donne armate (Mursia), a giorni in libreria. Analizza le esperienze di partigiane e terroriste e, soprattutto, il modo in cui sono state vissute all'esterno, dai mass media, dalla Storia, per giungere a questa conclusione: «... nel corso del tempo, hanno costretto le donne ad essere il "sesso silenzioso", a censurare le esperienze più profonde del proprio essere, le emozioni della corporeità, i desideri, le proiezioni oniriche. Dentro a questo ordine statale le regole sono feroci: la realtà maschile riceve da tempo l'accettazione, anzi la legittimazione sociale; l'universo femminile universo, di madri - deve essere il luogo privilegiato dei sentimenti». Non c'è esaltazione della violenza, nel libro, ma la constatazione che nemmeno l'esperienza della militanza politica, quella più cruenta che porta ad imbracciare le armi, ha fatto prendere in considerazione le donne come esseri in grado di autodeterminarsi. Le cronache dei giornali, al tempo dei processi per terrorismo, analizzavano le motivazioni ideologiche della scelta armata dei «maschi»; per le «femmine», invece, si soffermavano sulla «classe sociale, la sessualità, la cultura, la latente presenza delle istituzioni, la famiglia di origine». «Queste donne spesso sono state rappresentate come figure modeste e prive di grandi slanci: attente alla promozione sociale, casalinghe mancate che mettono in ordine e spolverano i covi terroristici, fedeli al proprio uo- mo (dipinto invece a tinte forti)», osserva l'autrice. La Balzarani diventa «la più bella. Misteriosa. E imprevedibile»; oppure «una br alta, slanciata, molto bella»; un'altra è «minuta, decisa, abile nel maneggiare la pistola, ha capelli rossi, occhi aggressivi»; la Luddi, invece, è «una ragazza modesta e un po' squallida». Gran parte delle donne dei terroristi sono afflitte da problemi di natura sessuale; oppure «... una giovane simpatizzante orfana, plagiata dai più grandi, si droga e inizia a militare nei gruppi extraparlamentari. Le amicizie pericolose...»; e, ancora, la tradizionale scelta d'amore per l'uomo terrorista. Illuminante è la testimonianza di Susanna Ronconi: «In carcere gli insulti erano rivolti alla nostra femminilità, nel senso che una detenuta politica era brutta, puttana, ecc., mentre un uomo veniva insultato in quanto persona, era un bastardo, per esempio». Non una che si senta dire «bastarda», che debba almeno rispondere per i «crimini» commessi con la propria testa. Ci si meraviglia se - commenta la Iaccheo - Margaret Thatcher diventa la «signora di ferro» e perde, come Indirà Gandhi o Golda Meir, ogni attributo femminile? Per la storia «al maschile», la donna ha imbracciato le armi perché madre - dal Medioevo in poi si è scatenata solo quando mancava il cibo per i propri figli - o perché madre-sorella-moglie-fidanzata, come durante la Resistenza. Era sempre un atto d'amore. E questo nonostante le terroriste rivendichino altri fattori, come l'ideologia e il sentirsi parte di un gruppo. Così come alcune partigiane. Prosperma Maffezzoni racconta: «... gli uo¬ mini si sono rifiutati, perché sono andata io?... Non avevo fratelli, non avevo fidanzato, non ero sposata... Io lo facevo perché vedevo che era necessario farlo, che era utile farlo, che qualcuno lo doveva fare». Per la donna, secondo l'autrice, «la lotta armata era la sola possibilità attraverso la quale uomini e donne, dominati da un unico sfruttamento, quello capitalistico borghese, potevano liberarsi». Liberarsi insieme, appunto, senza rinnegare la propria essenza, il proprio sesso. Come spiega Nadia Mantovani: «... voglio essere una donna dentro alle cose che fanno gli uomini. Però ho sempre avuto la presunzione di portarci il tratto femminile». E' indubbio che tra la «violenza» delle partigiane e quella delle terroriste ci sia differenza. Ma erano diversi anche i tempi. «Per le partigiane - secondo le loro testimonianze - la militanza assume il significato dell'affermazione legato ad un moto personale di ribellione, quindi la violenza è un atto estremo e non metodico, come invece avviene per le terroriste, più politicizzate». C'è più mentalità letteraria, in queste ultime, «l'illusione di una vita libera e avventurosa, intensa e spettacolare, all'insegna della trasgressione, dove non esiste un preciso confine tra legalità e illegalità». Pensavano a un Che Guevara al femminile, ai combattenti del Vietnam in gonnella. Ma nemmeno le armi le hanno aiutate. Col mitra, «alcune donne hanno cercato l'autoaffermazione, la realizzazione di ideali e di ideologie, la conquista di un utopico mondo di eguali». Nella guerra partigiana - positiva - alle donne è stato riconosciuto un «contributo prezioso», valutandone il valore, ma relegandole immediatamente su di un piano di inferiorità. L'esperienza delle terroriste - negativa - ha suscitato soltanto analisi sociali e psicologiche di un comportamento deviante. Mai una volta che abbiano, anche loro, il diritto di essere, come gli uomini, «eroi» o «bastardi». Pier Luigi Vercesi Dalla Resistenza al terrorismo L'autrice: «C'è sempre un uomo come causa delle loro azioni» m h83 v' Qui sopra, la terrorista Balzarani con Lo Bianco a destra, Margaret Thatcher La donna partigiana imbracciava le armi come atto d'amore

Luoghi citati: Vietnam