Il Togliatti del 2000

Il Togliatti del 2000 IN CORSA PER LA QUERCIA Il Togliatti del 2000 D'Alema: gelido, colto e «duro» AUTODEFTNIZIONE. Secca e stentorea (anche se un po' datata): «Sono un comunista all'antica». Oppure, nell'ormai lontano 1986, a un giornalista insistente: «Sono un militante del partito comunista e non ho altro da aggiungere». Puro e duro? gli hanno chiesto una volta: «Il contrario - ha risposto lui con un sorriso - sarebbe torbido e moscio». RADICI. Innanzitutto familiari: il papà Giuseppe, già rivale di Berlinguer nella Fgci e poi commesso viaggiatore del partito negli anni duri, è stato a lungo deputato. Quindi, per quello che riguarda i luoghi, Pisa, dove D'Alema jr ha studiato alla Normale, tra un'agitazione e l'altra, anche tentato dal Manifesto, prima di spaccare la de locale facendo la giunta rossa. CASA E FAMIGLIA. Vedovo, si è risposato con una compagna, Linda, che lavora all'Archivio di Stato. Due figli piccoli. Appartamento di 160 metri quadri, 800 mila lire al mese d'affitto, di proprietà del Tesoro (vedi polemica con l'Indipendente). TRADIZIONE COMUNISTA. Davvero notevole, con tanto di adesione infantile ai pionieri dell'Api e consegna di fiori a Togliatti durante un congresso nel 1962. Figlio doppiamente legittimo del partito, in qualche modo predestinato a ruoli di direzione. «Sembra a me che noi abbiamo radici in una nostra peculiare cultura distinta e diversa da quella della Terza Internazionale» eccetera. Nel 1991 ha spiegato di non condividere «la furia iconoclasta di chi farebbe a pezzi i ritratti di Togliatti. Di togliere il mio non ci penso nemmeno». CURRICULUM. Segretario a Pisa, catapultato d'autorità alla guida della Fgci (di cui nemmeno aveva la tessera) alla metà degli Anni Settanta. Segretario regionale in Puglia. Ritorno a Roma, in segreteria con Berlinguer. Responsabile stampa e propaganda, quindi all'organizzazione e poi direttore dell'Unità. Capogruppo alla Camera, e infine semplice «deputato di Gallipoli», suo collegio. MAESTRI E ISPIRATORI. Un comunista pensoso come il professor Nicola Badaloni, ma soprattutto Berlinguer. «Indossa il grigio ferro e la fatica di comandare - ha scritto Giuliano Ferrara - con la stessa triste alterigia di Berlinguer». PERSONAGGIO. Controverso, come si deduce dai nomignoli: «Aramis», benevolo, «Baffino», sfottente come «Minimo» (copyright di Tango). Ritenuto antipatico e, nel caso, spietato. Però trasmette sicurezza al partito. Gelido, senz'altro (lui corregge: «Surgelato, ma leale»). Apprezzato da parecchie donne: «Bello e impossibile» (aggettivi usciti all'ultima conferenza nazionale femminile del pds). Capace di sorprendenti exploit come il declamare versi di Baudelaire di fronte a un'attonita, lusingata Carmen Llera. TRATTO DISTINTIVO. I baffi, non c'è dubbio. Da commissario di Polizia, secondo Paolo Guzzanti. Oppure, come ha scritto Maria Antonietta Macciocchi, «da barbiere di provincia: profumati alla violetta». «Due baffi sottili - questo è Berlusconi - che gli tremavano per una specie di sconcia allegria». MEDAGLIE. L'esperienza in Puglia. L'insolenza nei riguardi di Craxi d'Avanti! definì D'alema «un bel pezzo di antisocialista»). La trasformazione e il rilancio dell'Unità di cui si ricorda il titolo (pure soggetto a controversie giudiziarie): «De Mita s'è arricchito col terremoto». Il successo personale nel collegio pugliese, strappato a sorpresa agli avversari. SCONFITTE. La guida tempestosa della Fgci, tra l'incudine di Amendola e il martello del Movimento. Un rinnovamento di quadri pilotato dal Bottegone e assai meno fruttuoso del previsto. I contrasti giornalistici con la banda di Tango. La logorante, ma inespressa rivalità con Occhetto. «Sono persino stufo di ripetere che il mio compito è quello di aiutarlo». CARATTERE. Spigoloso anzi che no, con spiccata vocazione pedagogica e tendenza alla reprimenda. Passioni contenute, e rapidi, segreti sorrisi. Atteggiamento di sufficienza, a sfumare, quando occorre, verso la boria e il disprezzo. Senso dell'umorismo, battute pronte, secche, cattive. TEMPO UBERO. Vela {sloop rosso di 13 metri a nome «Margherita»), calcio, melodramma, gastronomia, tifo per la Roma. VEZZI. Tipicamente togliattiani come le citazioni in latino, a prova di errore, o l'adattamento di testi letterari a vicende dell'attualità politica (ha scritto sui vent'anni del Manifesto, partendo da un canto leopardiano). Dice, con un sospiro: «Noi, vecchi bolscevichi...». RESA TELEVISIVA. Ottima. Parola di Gianfranco Funari, secondo cui il limite di D'Alema «era la freddezza, ma ora, con il clima di rissa, diventa un pregio». FRASE INFELICE. Ad alcuni compagni che contestavano la linea dell'allora pei: «Non è mica obbligatorio essere comunisti». [f. cec] Post-comunismo e tu Veltroni: il mito è Kennedy AUTODEFTNIZIONE. Articolata con risvolti ironici. «Io mi sento molto di partito, come uno che salda questa suo funzione oggettiva con la curiosità e la sensibilità per la modernità». Nicoliniano (da Nicolini)? gli hanno chiesto. «Direi veltroniano critico», ha risposto. RADICI. Figlio di Vittorio, giornalista e pioniere della televisione in Italia, e di una signora iugoslava, anche lei impiegata alla Rai. Nessuno dei due comunista. Walter (o Valter, non si è mai capito bene) arriva al pei grazie al fratello maggiore, Valerio, a ridosso del '68. Il luogo è la Roma borghese alle spalle di piazza Fiume. CASA E FAMIGLIA. Più o meno dove abita oggi, in affitto, con la moglie, architetto, figlia di una famiglia ex comunista, e due figlie piccole che fa di tutto per accompagnare a scuola. Vacanze con fax. TRADIZIONE COMUNISTA. Scarsa. «Ho avuto la fortuna di entrare nel pei proprio negli anni di Berlinguer, quando cioè il partito stava cambiando pelle». Niente scuole di partito, nessuna missione nei paesi dell'Est prima della caduta del muro. Modesto tasso di passione ideologica. Una volta ha anche spiegato che essere comunisti significava «anche imparare che in autobus devi sempre cedere il posto a una vecchietta». CURRICULUM. Segretario della Fgci romana nel 1974-1975. Consigliere comunale a 21 anni. Deputato. Responsabile dell'ufficio stampa del pei dopo Tonino Tato. Responsabile Comunicazioni di massa. Membro della segreteria, interlocutore di Biagione Agnes negli anni della Terza Rete, della lottizzazione aperta anche all'opposizione e della comune lotta contro Berlusconi. «io e Berlusconi» s'intitola, un po' ad effetto, uno dei diversi libri veltroniani (gli altri sono «Il sogno degli anni Sessanta», «ZI calcio è una scienza d'amare» e il kennediano «Sogno spezzato», oltre a una lunga intervista ad Occhetto). Da oltre un anno direttore dell'Unità. MAESTRI E ISPIRATORI II sindaco di Roma Petroselli, Pasolini, il Berlinguer preso in braccio da Benigni, Occhetto. Poi Vittorio Foa, il cardinal Martini e Ian McEwan. Oltre alla Juventus che nel suo caso supera la dimensione sportiva per entrare in quella freudiana ed esistenziale: «I miei sonni erano attraversati da nomi oggi dimenticati: Onor, Rinero, Caramini, Fochesato...». PERSONAGGIO. Lineare, moderno, forse troppo cauto. Il ragazzo prodigio, nel pds come a scuola, era un primo della classe perfino simpatico. Il post-comunista liberal (ma non troppo) che sogna «una bandiera rossa e un computer» e adora l'America del «Giovane Holden». TRATTO DISTINTIVO. Kennedy, Kennedy e poi ancora Kennedy, con poderoso ricasco propagandistico e «senza tener conto - come ha scritto Giuliano Ferrara - dell'incidente di Chappaquiddick». MEDAGLIE. L'attuale Unità. E, a ritroso, la comprensione del fenomeno televisivo, la campagna an- ti-spot («Non si spezza una storia, non si interrompe un'emozione») e la difesa della Rai come industria culturale. SCONFITTE. La difesa della Rai come laboratorio di lottizzazione. Oltre all'inglorioso fallimento di una rete di emittenti vicine al pei (Net) e del rilancio di Paese Sera. Infine troppi rifiuti per eccesso di prudenza: capogruppo, candidato sindaco di Roma, direttore dell'Unità (che poi ha fatto benissimo). CARATTERE. Affabile, rilassante e seduttivo con punte di sorprendente insincerità (in genere a difesa della Causa). Egoismo morbido, tutelato, pacato, addirittura ragionevole. Alimentazione, in compenso, dissennata: cioccolata, gelati e Coca cola. Tipico cancerino, immerso negli struggimenti - vuoi letterari, vuoi televisivi - del passato (dentro cui Walter sistema ordinatamente presente e futuro). «Un pomeriggio di primavera. Io ero piccolo come una virgola e guardavo la tv con un rapimento sbalordito...». TEMPO UBERO. Calcio, forse, e libri (da scrivere). VEZZI. La nostalgia, sentimento in linea di massima personale, confezionata, rivissuta e a volte anche spacciata come una forma di cultura. Un'alluvione, perciò, di Caroselli, viaggi in tenda, rotonde sul mare, il nostro amore che muore, mangiadischi, figurine, Topo Gigio, Tito Stagno, Febo Conti, Silvio Noto, Cino Tortorella. RESA TELEVISIVA. Ottima e abbondante, consacrata nel vivo di terribili, spietati trofei e supportata da una cultura del mezzo che almeno nel mondo politico non ha pari. FRASE INFELICE. «Certo, non mi verrebbe mai in mente di appendere un poster di Mike». Tanto più infelice se si pensa che proprio Mike, qualche giorno fa, ha voluto dare un consiglio al pds: «Eleggere Veltroni segretario. L'ho tenuto sulle ginocchia, sa...». Filippo Ceccarelli E allora chi dopo Occhetto alla guida del pds? Negli ultimi tempi si è parlato soprattutto di Massimo D'Alema, quarantacinque anni, e di Walter Veltroni, che ne compie trentanove a luglio. Nel marzo del 1990 entrambi ■ singolare coincidenza entrarono nel camper di Bettino Craxi. Oggi c'è Berlusconi. Forse vale la pena di metterli a confronto. Due uomini per la sinistra di domani Palmiro Togliatti e a destra il padre di Massimo D'Alema, Giuseppe Da sinistra il presidente americano Kennedy e Pier Paolo Pasolini ln aito, la Juve, passione di Veltroni Qui sopra, la vela amata da D'Alema ln aito, la Juve, passione di Veltroni Qui sopra, la vela amata da D'Alema

Luoghi citati: America, Gallipoli, Italia, Pisa, Puglia, Roma