Achille sbarra la strada a D'Alema di Augusto Minzolini

Dopo le dimissioni esplode «l'antico odio» tra il leader e il numero due del partito Dopo le dimissioni esplode «l'antico odio» tra il leader e il numero due del partito Achille sbarra la strada a D'Aleniti «Farò di tutto perché non diventi il mio successore» ROMA. Quel proposito di Achille Occhetto, cioè dell'ex segretario ferito, è rimbalzato per tutti i corridoi del palazzone di Botteghe Oscure: «Farò di tutto - è la frase minacciosa - per evitare che D'Alema diventi segretario». Parole piene di rabbia, che a molti sono sembrate una mezza maledizione. Parole che rendono ancora più palese, se ce ne fosse bisogno, il senso della lettera con cui il segretario del pds ha rassegnato le dimissioni. Un messaggio duro nei confronti di tutto il gruppo dirigente, ma che ha soprattutto un obiettivo: ostacolare la corsa di D'Alema. E quell'insulto pubblico è l'ultima conferma di quel particolare sentimento simile all'odio che lega Occhetto a D'Alema. Del resto che i due si disprezzino amichevolmente è cosa nota nel palazzone di Botteghe Oscure: ad Occhetto D'Alema ricorda «un mezzo Stalin», mentre a D'Alema Occhetto fa venire in mente un «Pulcinella» intero. Anche le ultime ore dell'Occhetto segretario, sono state condizionate dal particolare stato d'animo che l'uno suscita nell'altro. Sintetizza Piero Salvagni, funzionario del partito di lungo corso: «Con quello che è successo Occhetto può pensare di rimanere solo se gli ha dato di volta il cervello. Ma il problema è un altro: ad Occhetto ogni volta che gli parlano di una possibile segreteria D'Alema gli vengono le "infantigliele" (tradotto dal romano le fibrillazioni al cuore, ndr)». Un parere che rappresenta per intero la cronaca di queste ore. Occhetto, infatti, ha posto il problema delle sue dimissioni già l'altra sera. Lo ha fatto al termine di un lungo sfogo a cui hanno assistito i due colonnelli che hanno presidiato la sede del partito nel giorno della sconfitta elettorale, Claudio Petruccioli e Piero Fassino. Il segretario se l'è presa con tutti: con quei dirigenti del partito che «da ingrati, lo hanno lasciato solo nel momento più difficile»; con i giornali che «si sono dimenticati del pds durante la campagna elettorale o che se ne sono ricordati solo per giocare con un referendum sul segretario»; risultato: «Continuano a ripetere che me ne debbo andare, allora tagliamo la testa al toro». Insomma, ai suoi detrattori Occhetto ha pensato di rispondere con il gesto delle dimissioni. I suoi hanno tentato di trattenerlo. E altrettanto ha fatto D'Alema: «Devi portare il partito - gli ha detto - fino al congresso. Lì si decide». La nottata e la mattinata di ieri sono trascorse tra contatti e conciliaboli. E con il passare delle ore si è consumata tutta la liturgia che regola queste particolari occasioni. Chi ha parlato per conto del segretario ha ipotizzato un percorso per la successione molto «soft»: conferma al congresso e «cambio della guardia» alla segretria dopo le amministrative del '95. Gli altri hanno reagito in maniera diversa: c'è chi come Chiarante e Tortorella ha chiesto un avvicendamento in tempi rapidi; e chi, come D'Alema è tornato a rinviare tutto al congres¬ so. Ma - questo è l'aspetto che ha fatto imbestialire Occhetto - la parola "solidarietà" almeno al bottegone l'hanno pronunciata davvero in pochi. Così, visto che il suo destino era segnato, Occhetto ha deciso di «sparigliare». Ha scritto da solo la lettera di dimissioni, ha mandato a quel paese mezzo partito, ma in fin dei conti si è messo nella posizione adatta per poter condizionare la «successione» secondo l'idea fissa che ha in testa: evitare di essere sostituito da una segreteria D'Alema. Ci riuscirà? L'ultima battaglia che l'ex segretario del pds ha ingaggiato è ardua, soprattutto, perché, almeno a stare ai fatti, non ha ancora un nome da contrapporre a quello di D'Alema. L'altro candidato possibile, Walter Veltroni, infatti, ha trovato un accordo con l'ex capogruppo: ieri in una delle tante riunioni che si sono succedute a Botteghe Oscure i due si sono visti e Veltroni ha dato il via libera a D'Alema. L'intesa intercorsa tra i due sarebbe di questo tipo: «Massimo farebbe il segretario - ha raccon¬ tato Corrado Augias, neoeurodeputato del pds e amico di Veltroni a più di qualcuno - e Walter si preparerebbe al ruolo di leader dell'intero schieramento progressista». Un'intesa che anche Occhetto sente nell'aria, ma che non lo induce alla resa. «Non credo che Achille - spiega Fabio Mussi che da sempre è depositario delle confessioni del segretario - rinunci a dire al sua. Veltroni ha rinunciato? Beato chi riesce a leggere nel cuore della gente. Comunque, con le dimissioni Oc¬ chetto è riuscito ad aprire un grande dibattito politico nel partito». Un modo per dire che i giochi non sono ancora fatti. E a confermare quest'impressione ieri sera ci sono state le sortite dei segretari del pds delle regioni rosse, da sempre legati a doppio filo ad Occhetto. «Non si può seguire - ha spiegato l'emiliano La Forgia - la regola del morto un Papa se ne fa un altro. Ci vuole un colpo di reni. Credo che spetti al segretario uscente il compito di traghettare il partito verso la nuova sponda». Discorsi simili hanno fatto anche i segretari della Toscana e dell'Umbria, mentre l'ex sindaco di Bologna Imbeni ha prospettato l'ipotesi di «un comitato di reggenza» che porti il pds al congresso. Un parlare che può esere tradotto con un «no» alla candidatura di quello che ora è solo un deputato di Gallipoli. La conseguenza di tutto questo «lavorio» si è vista ieri sera alla riunione della segreteria. Tutti i personaggi più vicini a D'Alema, infatti, a cominciare da Franco Bassanini, fiutando il pericolo, hanno chiesto l'elezione del nuovo segretario in un consiglio nazionale da convocare in tempi brevi. Un modo per spingere il partito a scegliere subito e sulla base di una sola candidatura : quella di D'Alema, naturalmente. Quelli vicini a Occhetto, invece, hanno chiesto il congresso o soluzioni di «reggenza». Come finirà? Difficile dirlo. Disserta Bassanini a tarda sera: «Per sapere quel che succederà bisognerebbe dare risposta ad una serie di interrogativi. Davvero come ci ha comunicato Fassino le dimissioni di Occhetto sono irrevocabili? E il no di Veltroni a candidarsi è definitivo? Eppoi chi può dire che contro D'Alema in consiglio nazionale non si candidi un personaggio fatto apposta per interpretare il ruolo del segretario di transizione?». Domande che partono sempre dalla mezza maledizione di Occhetto: «D'Alema segretario? Mai». Augusto Minzolini

Luoghi citati: Bologna, Gallipoli, Roma, Toscana, Umbria