Bossi: abbiamo pagato pedaggio

4. «Il 7 per cento è il nostro zoccolo duro. Tocca a noi fermare i fascisti» Bossi: abbiamo pagato pedaggio «Ma non saremo i subalterni del Cavaliere» MILANO. Con un grissino scaccia le bollicine dal bicchiere di Coca Cola: «Ah sì...?» La prima reazione è di assoluta flemma, nulla del guerriero. Sono appena passate le dieci di sera e Umberto Bossi è qui, solita pizzeria «Arpagone», spaghetti lasciati lì, il caffè non è ancora arrivato. La tv, in meno di un minuto, ha già detto tutto: Berlusconi e Fini s'ingrassano di voti, e per la prima volta la Lega ha fatto ploff... Da lontano, Bossi vede sul teleschermo Previti e Fini, intuisce sarcasmi e la flemma se ne va. «Questa è un'onda nera sconvolgente! Micidiale! Siamo in un Paese che moriva dalla voglia di votare fascista!». E parte lo sfogo, di quelli proprio duri, di quelli che in un amen possono passare da «qui rischia il governo», a «dobbiamo correre subito a portar via la tv a quel Kaiser in doppiopetto!». Sfogo. Rabbia. Pausa: «Adesso farò i miei passi, tenendo conto che siamo davanti a un Paese con tendenze fascistoidi». Calma. Adesso dovrà chiamare a raccolta i suoi leghisti: «Tocca a noi fermare quell'onda nera lì. Se si va oltre certi livelli di fascismo la democrazia è davvero in pericolo». Nello sfogo, Bossi quasi dimentica il risultato della Lega. E' così? «Ma no, ma cosa?! La Lega c'è. E' andata indietro di un punto e qualcosa: è un pedaggio da pagare, di cui eravamo consapevoli perché volevamo sapere qual è la forza della nostra base. Ora la Lega ha un solido 7% di leghisti puri, non scardinabili. Su questa base, più o meno intatta, partirà da domenica prossima a Pontida la nuova strategia, la nuova Lega». Per tutta la giornata Bossi se n'era rimasto a casa, a Gemonio, aspettando il ritorno della famiglia dalla Sardegna. Pomeriggio senza voglia di ultimi sondaggi, meglio la tv e l'ultima tappa del Giro. Eppure, per Bossi, questa domenica d'attesa è stata ben diversa dalle altre. Ben più che il 27 marzo è una tappa elettorale d'alta montagna. «E' un passaggio difficile, certo. Però dico che ormai la vera montagna dei sortilegi l'abbiamo lasciata alle spalle, comunque vada siamo alla discesa che porta alla pianura». Silvio Berlusconi, da «Berluscàz» diventa «Quello di Forza Coso», o «il Forzoso». Nell'attesa del risultato non lo attacca, neppure lo stuzzica, piuttosto sfuma: «Per due anni gli garantiamo il governo». Ma sa bene che Berlusconi da oggi è pronto all'incasso, e così Fini: «Vedrete, dopo le europee la Lega dovrà abbassare la cresta...». Bossi gioca d'anticipo, come nell'ultima settimana di comizi: «Comunque vada il risultato non c'entra nulla con il governo e la politica italiana. Noi continueremo nel nostro ruolo, che è e sarà quello di mediazione tra maggioranza e opposizione. E nel Polo della Libertà siamo la componente progressista». Preferisce parlare dei suoi «gioielli», «i miei uomini migliori che sono al governo». Preferisce evitare le ultime polemiche: «Storace? Uno che non ha capito niente». «Comunque vada...». Fino a sera ogni risposta al telefono, ogni ragionamento a voce alta, erano ritmati da quest'inizio. «Comunque vada sto già pensando a Pontida, al raduno di domenica prossima». Pontida: dove la Lega scoprirà che è finito il tempo del Movimento e comincia quello del Partito; dove Bossi annuncerà che «La Lega non si sciòglierà con il Federalismo, come è scritto nello Statuto. La Lega non è più un movimento a termine, ma sarà in grado di interpretare una realtà mutevole. Sarà una forza politica nazionale, di governo, ma avrà al suo interno anche la componente più radicale degli indipendentisti». Comunque vada, qualche speranza Bossi se l'è tenuta. Sa di rischiare pure con le amministrative, tra Como e Verona e Gorizia, per cominciare. Un mese fa l'obiettivo non dichiarato era quello di arrivare al ballottaggio tra il candidato leghista e quello di Forza Italia: «In una città importante come Verona, dovessimo andare al ballottaggio noi e i "Forza Coso", poi con chi va la sinistra?». Già, ma sulla strada di queste elezioni si son messe beghe leghiste e le probabilità sono in calo. «Non è detto. E comunque vada, tenete presente che non sono mai né ottimista né pessimista. Io prendo atto». Bossi prende atto, con rabbia. «Il governo? Potenzialmente sono io il garante di questi qua, Berlusconi che vuol dire l'elite economica che era dei Craxi e degli Andreotti e Fini che tutti sappiamo da dove viene. Se l'elettorato vuole i fascisti ne prendo atto e se li tenga. Ma a me stanno sui coglioni e allora la Lega carica!». Un'ora dopo gli exit poli è ancora chiuso nella sua stanza. Questa volta le tv di Berlusconi possono attendere, Bossi scivola accanto alla postazione con un sibilo: «Fininvest? Manipolatori!». E' pronto alla telecamera, è pronto ad annunciare il suo incerto «mi pare che la Lega abbia tenuto». E invece no, raduna i suoi per una tirata sui manipolatori: «Non credo che questo sia un Paese di conservatori rinsecchiti e rincoglioniti. Penso sia un Paese che non ha capito, un Paese manipolato. C'è aria da restaurazione totale, tranquilli però: da oggi il Kaiser ha raggiunto il massimo, perché non avrà più le sue tv». Corrado Peraboni, uno dei deputati più televisti lo informa: «Va a Strasburgo anche quel Cito, il sindaco di Taranto...». E Bossi: «Pet forza, ha la sua televisione, no? Questa è un'altra prova». E ^adesso sì, Bossi può passare in rassegna i microfoni. Ultimi saranno i Fininvest. Giovanni Cerniti Qui accanto il sindaco di Milano Marco Formentini candidato leghista al Parlamento Europeo Nella foto grande Umberto Bossi