II «bono taliano» degli austriaci e il prete serenamente sposato

Autarchia idea splendida ma da «single» LETTERE AL GIORNALE II «bono taliano» degli austriaci e ilprete serenamente sposato La pietà per i nostri delle donne russe Ho letto nella rubrica «Lettere al Giornale», sempre molto interessante, di sabato 4 giugno u.s., l'appello del Collettivo Studentesco Romano avente come titolo «Pagina imbarazzante ma da trasmettere». Flaudo all'interesse per la Storia, soprattutto per quella recente, da parte dei giovani, ma vorrei cortesemente chiedere ospitalità al giornale per alcune osservazioni sull'argomento oggetto dell'appello. Non sono d'accordo sulla definizione «esercito fascista», perché l'esercito (salvo alcuni reparti di Camicie nere o della Milizia) non era, fin dal giugno 1940, assolutamente fascista, quanto meno nella stragrande maggioranza. Circa i crimini di guerra attribuiti alle truppe italiane, lungi da me l'intenzione di negarli ma furono, quasi sempre, commessi per reazione, soprattutto nei Balcani. Crimini sono e come tali da condannare, ma certamente, almeno come numero, non paragonabili a quelli commessi dai tedeschi in tutta Europa (Italia compresa) e pure dagli inglesi nelle loro conquiste coloniali. Ovviamente il discorso «campi di concentramento» è tutto un altro. Quanto sopra non deve, comunque, scalfire l'immagine degli italiani brava gente; migliaia sono le testimonianze che avvalorano questa immagine, tutt'altro che superficiale: già i soldati austraci fatti prigionieri nella guerra '15-18 dicevano «bono taliano», riconoscendo la generosità degli italiani che dividevano con essi il loro rancio; durante la terribile ritirata in Russia nel 1943 innumerevoli soldati italiani ricevettero aiuto dalle donne russe, che odiavano i tedeschi ma avevano pietà per i nostri; nella zona di occupazione in Savoia, parecchie famiglie francesi hanno instaurato rapporti cordiali con i soldati italiani, anche se occupanti. Ed infine il sottoscritto, internato militare nei campi di concentramento tedeschi, ebbe, nei pochi casi possibili, conforto dalla popolazione polacca ed anche dai russi, giunti vincitori a Berlino (ove mi trovavo nel- l'aprile 1945); le prime parole che ci dissero furono «dobra tagliasco» e cioè «bravi italiani». Astolfo Landi, Aosta Dispensato ma felice «Prete disperato, serenamente sposato»; avete fatto ridere di cuore la mia sposa e i nostri due figli. Per carità, non prete disperato, ma prete «dispensato»; dispensato dal celibato, dispensato dal Papa Paolo VI. Quindi, prete sereno, serenamente sposato. Grazie a Dio e alla vita e ai tempi religiosamente più onesti. Sempre con grande stima per il nostro giornale e il vostro lavoro. Turi Auteri, Genova Polìtici europei e italiani in allarme Ho letto su questo giornale la risposta di Sergio Romano a Eugenio Scalfari sul significato della presenza della destra di matrice fascista nel governo italiano e sui commenti negativi dei politici europei. La sola conclusione che riesco a trarre da quanto dice è che Romano è disposto ad abbassare la guardia verso i nuovi responsabili politici del Paese molto di più di quanto alcuni di noi siano disposti a fare (e non è facile verificare se siamo una minoranza). Il fatto è che ciò che allarma un numero forse non trascurabile di italiani e di europei non è quanto «venali archivisti russi» potrebbero oggi rivelare sulle vere intenzioni passate di personaggi della sinistra italiana, ma quanto i personaggi della destra italiana oggi al potere ci comunicano personalmente e quotidianamente sulle loro intenzioni per l'immediato. Mi pare che ci sia una bella differenza. Uno storico «non di parte» dovrebbe saper distinguere la diversa attualità dei cosiddetti «opposti estremismi» meglio di quanto questo sia possibile ai cittadini qualsiasi (come me). Uno storico dispone di elementi che certamente gli consentono di non essere indulgente, come è doveroso per un buon democratico, né con gli uni né con gli altri; senza bisogno, però, di frullare insieme insinuazioni sugli uni e aperture di credito verso gli altri. Carlo Bernardini, Roma Meglio dire «non c'ero» Cossiga ha espresso su La Stampa il suo «dissenso storico» per le dichiarazioni dell'«amico Fini» su «fascismo e Mussolini». Imperdonabile per uno che non è sciocco. Fini avrebbe dovuto limitarsi a «non c'ero., non ero ancora nato... non sono uno storico», salvando così il suo «prestigio» in An e le critiche dall'antifascismo. Scrivo da «partigiano» che ha «subito» il carcere, non ha dimenticato, non ha perdonato, ... ma desidera che torni il sereno. Italo A. G. Apollom La Salle (Aosta) Frasi pugnaci sul federalismo «... Miglio ci vorrebbe annettere alla Lombardia? Non ci interessa. Torino ha già perso una volta la capitale a favore di Roma, ora non vorremmo che ai Sette Colli fosse sostituita la Madonnina... Ragioni storiche ci dividono da Milano...». Lo ha detto il Presidente della Regione Piemonte, Gianpaolo Brizio. «... Mai sottomessi a Milano. Se necessario infileremo i guantoni da boxe per impedire che Torino e il Piemonte diventino subalterni a Milano e alla Lombardia...». Sono parole di Carla Spagnuole Con interesse (ma non con molta sorpresa) abbiamo letto le «dure» e «pugnaci» dichiarazioni dei succitati presidenti degli organi regionali in merito alle proposte che circolano su nuovi, ipotetici assetti dello Stato, nell'ambito di un federalismo peraltro tutto da discutere e valutare. E' quasi commovente vedere tanto «improvviso» interesse per i destini del Piemonte! Dichiarazioni ovvie, ci chiediamo quale folgorazione, quali «eventi imprevisti» ne siano la causa, visto e considerato che non ci risultano esserci state nella lunga (troppo) carriera politica dei succitati dichiaranti, analoghe, dure, ripetute, convinte prese di posizione nei confronti del soffocante strapotere romano. CE.V.I.P. Centro Valorizzazione Imprenditorialità Piemontese Diritto al conforto anche in ospedale Chi scrive è un padre che ha vissuto la drammatica esperienza di assistere impotente al calvaro clinico, conclusosi tragicamente ed in giovane età, della propria figlia affetta da una grave emopatia. Voglio denunciare la disumanità che regna all'interno di talune strutture ospedaliere. Nel momento in cui si è trattato di decidere il trasferimento di mia figlia dal Policlinico di Bari presso un'altra struttura ospedaliera idonea ad effettuare il trapianto di midollo osseo siamo stati abban¬ donati al nostro destino e quella che doveva essere una veloce partenza per Roma è stata addirittura intralciata dalla mancanza di collaborazione. Ho dovuto fornire notizie e dati sul quadro clinico di mia figlia, facendo da perfetto messaggero, elemosinare una relazione per ottenere in cambio un semplice fbgliettino di carta ed attendere invano per ricevere delle radiografie da inoltrare al centro romano. Sono stati sprecati giorni preziosi per una vita che se in ogni caso non si sarebbe potuta salvare avrebbe comunque meritato maggiore rispetto e solidarietà umana. La nostra storia è terminata tragicamente ma dentro di me conserverò intatta la speranza che questo mio grido di dolore possa servire se non a porre fine a questo orrendo aspetto delle sanità almeno a ricordare ai medici, che pure hanno prestato il giuramento di Ippocrate, e a tutti coloro che operano negli ospedali che il diritto alla salute è anche se non soprattutto diritto a un sorriso, a una parola di conforto. Vincenzo Lo Giudice Torano Scalo (Cs) Compagnia di S. Paolo e l'appello di Funari Scrivo a nome della Compagnia di San Paolo riguardo all'intervista al la signora Maria Pia Fanfani - pub blicata a firma di Filippo Ceccarelli nell'edizione dell'8 giugno 1994 del quotidiano La Stampa - nel corso della quale l'intervistata ha effettuato dichiarazioni denigratorie per la mia assistita. Preciso che la Compagnia di San Paolo è una co munita di donne e uomini, laici e sacerdoti, nata a Milano con l'approvazione del Beato Cardinal Fer rari e riconosciuta come Istituto se colare di diritto pontificio. In risposta all'appello televisivo di Gianfranco Funari, con disinteressato spirito umanitario la Compagnia ha voluto dare il proprio contributo per aiutare i bambini ruandesi affidati ad Amelia Barbieri. prof. avv. Antonio Nuzzo Roma