LENIN-GORKIJ scacco matto a Capri

Nella casa di Maksim una scuola per rivoluzionari Le immagini inedite di una guerra ideologica all'ombra dei faraglioni UNN-GORKU Scacco matto a Capri DUE uomini assorti sulla scacchiera, un piccolo gruppo che li osserva, alle loro spalle un muretto 1 bianco, e sullo sfondo una macchia di rocce e cespugli e sentieri che si attorcigliano su per Villa Iovis, intuibile in lontananza, là dove si era ritirato il princeps Tiberio. Capri, aprile 1908. Siamo sulla terrazza di Villa Blaesus, rifugio mediterraneo di Gorkij: «Maksim l'Amaro», il celebre poeta, è l'uomo con il cappellaccio in testa e la mano sui baffoni neri che osserva pensoso. I duellanti sono il filosofo-economista Aleksandr Bogdanov, col bianco, sornione e sicuro di sé, apparentemente in vantaggio; e, più composto, impenetrabile sotto la bombetta, Vladimir Ilic Lenin: avversari negli scacchi come nella vita. C'è poi un'ulteriore e più imbarazzante presenza, che nella vecchia fotografia non si può vedere perché non ha realtà fisica, ma incombe con la sua dilagante numinosità: è il Dio comunista nascituro, l'idea di una divinità terrena e immanente che Gorkij soprattutto è impegnato a costruire, e Lenin con ogni energia si adopera a esorcizzare. Oggi Villa Blaesus ha cambiato nome, è diventata un albergo e si chiama Villa Krupp, in onore dell'industriale tedesco venuto a curarsi lo spleen, finanziatore della temeraria mulattiera che da qui zigzaga a strapiombo verso gli scogli bianchi e il mare turchese. Di Lenin è rimasto un monumento bronzeo di Manzù, proprio all'imbocco della via Krupp. Gorkij, invece, è ricordato da una targa sulla facciata di una casa rossa a pochi passi dalla Piazzetta, dove abitò fra il 1909 e il 1911. Ma che cosa ci facevano, ai primi del secolo, i rivoluzionari russi nell'incantatrice Isola delle Sirene? Certo non erano venuti a titillare la melancolia. Questo poteva essere il movente dei loro connazionali artisti e letterati, una fitta colonia che aveva russificato Capri imponendo la propria lingua perfino agli scugnizzi. Ma ai professionisti della rivoluzione non si addicevano i soggiorni di piacere. Lenin si era fermato una settimana da Gorkij per un vano tentativo di conciliazione con Bogdanov. Il poeta era arrivato un anno e mezzo prima, il 4 novembre 1906, afflitto dalla tubercolosi. Un anonimo fotografo ha immortalato l'evento: lo scrittore di fama mondiale, costretto all'esilio dopo la rivoluzione del 1905, approda a Marina Grande davanti a una folla festante che lo porta in trionfo all'hotel Quisisana. Erano anni palpitanti di speranze popolari, consumati nell'attesa di qualche evento titanico che era nell'aria dell'Europa, che si avvertiva prossimo. Dopo qualche giorno, con la moglie Marija Andreeva, Gorkij si stabilisce a Villa Blaesus e riprende a tessere la sua tela. La grande casa affacciata sul mare dei faraglioni diventa l'approdo deW'intelligencija socialdemocratica: in particolare di quegli esponenti che - all'interno della frazione bolscevica - erano entra- ti in conflitto con l'ortodossia marxista di Lenin e Plechanov, per dare origine a un progetto rivoluzionario alternativo e più radicale. L'altra rivoluzione si intitola un prezioso volume curato da Vittorio Strada per la piccola editrice caprese La Conchiglia, a giorni in libreria. Con saggi di specialisti russi e rare immagini d'epoca ci introduce nel cuore delle contrapposizioni teoriche, restituendo per la prima volta la quotidianità di una vicenda tanto spesso citata dagli studiosi quanto poco conosciuta nella sua vivezza: la «Scuola di Capri» e la «costruzione di Dio». Protagonisti principali ne furono Gorkij e Bogdanov insieme con lo storico dell'arte e pubblicista Anatolij Lunaciarskij, noto come il più valente oratore di Russia. Premessa di tutto, la normalizzazione autoritaria promossa a Pietroburgo da Stolypin dopo i fatti del 1905. I tre «bolscevichi di sinistra» (come li avrebbe bollati il «moderato» Lenin) elaborarono il progetto di una scuola all'estero per la formazione teorico-pratica di giovani quadri operai in grado di ricostituire le cellule di partito in patria e di proporsi come nucleo germinale di una futura egemonia culturale di classe. Meta finale, nell'ottica di Bogdanov, la costruzione di una «cultura proletaria» integrale, piedistallo dell'Uomo Nuovo. Ma fin da subito la nuova rintelligencija dei lavoratori», collettivistica e ferreamente disciplinata, sarebbe dovuta subentrare alla vecchia <dntelligencija di partito» caratterizzata dall'individualismo autoritario e intrinsecamente borghese dei capi. Il contrasto con Lenin c la sua concezione del partitoavanguardia non poteva essere più netto. Come se non bastasse, nel suo Empiriomonismo Bogdanov si era fatto promotore di un revisionismo a tutto campo, aperto in particolare all'epistemologia di Avenarius e Mach. «Questo è troppo, questo non è marxismo!», osservò indignato Lenin. Infatti. All'eresia bogdanoviana Gorkij e Lunaciarskij aggiunsero di pro- prio l'idea della «costruzione di Dio» (bogostroitel'stvo, a torto ascritto anche a Bogdanov nella condanna pronunciata da Lenin e fatta propria dalla storiografia sovietica). Gorkij aveva utilizzato per la prima volta l'espressione nel romanzo Confessione, terminato all'inizio del 1908, e il concetto venne sviluppato da Luna¬ ciarskij nel primo volume di Religione e socialismo, uscito alla fine dello stesso anno. In un viluppo ecletticamente contraddittorio di pulsioni filosofiche e suggestioni estetiche, attingendo a Nietzsche come a Dostoevskij, e perfino a Ibsen e Strindberg, i due «costruttori di Dio» parlano di «speranza nella vittoria del B(. ne e del Bello» e di «necessaria metamorfosi del socialismo in culto». Nella comunione con la massa, nel superamento dell'individualità, l'uomo si deifica trascendendo i propri limiti e divenendo «parte mortale di un elemento immortale». E' la «vita collettiva» il nuovo Dio terreno. Gli attacchi e le condanne, da parte dei marxisti ortodossi, non si contano. Tuttavia il progetto della Scuola di Capri va avanti, grazie anche all'instancabile attività organizzativa profusa da un giovane operaio degli Urali, Michail Vilonov, giunto a Capri il 1° gennaio 1909.1 corsi prendono il via il 18 agosto di quell'anno, con 14 allievi scelti dalle organizzazioni locali del Posdr e fatti espatriare clandestinamente. La Scuola è retta da un Consiglio composto con identiche prerogative da tutti gli allievi e gli insegnanti. Delle lezioni si incaricano i tre promotori e altri big della socialdemocrazia (invitati senza esito anche Lenin, Plechanov, Kautsky, Trockij, Rosa Luxemburg). Le sovvenzioni vengono dallo stesso Gorkij e dai suoi amici «capresi», fra cui il celebre basso Fiodor Shaljapin. Ai corsi è adibito il pianterreno di Villa Spinola (oggi trasformata in condominio e nota come Villa Behring), la nuova abitazione del poeta che domina Marina Grande dalle pendici del Monte San Michele, in via Longano. Le mogli di Lunaciarskij e Bogdanov si occupano della cucina. Il primo impatto con l'Isola Azzurra dà ai giovani russi l'impressione di essere capitati in una fiaba, come ricorderà in seguito Lunaciarskij: «Guardavano stupiti il mare, gli scogli infuocati dal sole, le rose in fiore, i boschetti sempreverdi dei limoni, gli enormi cactus, i cipressi, le palme...». Il programma è duro: la mattina, studio a casa; da mezzogiorno alle 6, due lezioni intervallate dal pranzo; dalle 6 alle 8, esercitazioni di pratica giornalistica, propaganda e organizzazione di partito. Nelle sue lezioni Gorkij insegna che la letteratura «è il modo più sensibile di riflettere i rapporti tra le classi» e «il più diffuso e sicuro mezzo di propaganda di determinate idee». Lo scrittore si preoccupa di non far mancare agli allievi lo svago, e di sera invita artisti e letterati, organizza concerti che spesso si concludono con una tarantella condotta dalla giovane moglie di Lunaciarskij. La domenica, riposo: gli studenti vanno al mare, oppure in gita alla Grotta Azzurra, alla Certosa, sul Monte Solaro a vedere l'alba, e poi a Napoli, a Pompei, a Ercolano. Lunaciarskij ne approfitta per tenere lezioni «sul campo». Quando parla dei cristiani nelle catacombe, paragonandoli ai russi perseguitati dallo zarismo, è tale il suo slancio che molti si commuovono fino alle lacrime, mentre Gorkij, più emozionato di tutti, lo abbraccia esclamando: «Oh, che meraviglia! Grazie! Grazie!». Ma i bolscevichi ortodossi continuavano a tentare da lontano i «capresi». Così a ottobre del 1909 cinque allievi, fra cui Vilonov, lasciarono la Scuola per trasferirsi a Parigi, dove teneva lezione Lenin. Gorkij gli indirizzò una lettera intrisa di veleno: «Vladimir Ilic, mio caro, (...) talvolta mi pare che per lei qualsiasi persona non sia altro che un flauto col quale eseguire or questa or quella melodia, e che valuti ogni individuo dal punto di vista della sua utilità per lei...». La Scuola di Capri proseguì la sua attività in un clima di crescenti dissapori fra gli stessi insegnanti, causati anche dalle continue intromissioni di Marija Andreeva che litigava con tutti e cercava di convincere il marito a lasciare l'impresa «costosa e inopportuna». Il 18 dicembre, la chiusura. «E' morta la mia speranza n° 101», scrisse Gorkij a un amico. Gli allievi tornarono in patria. Molti vennero arrestati dalla polizia, che non aveva mai smesso di seguirne gli spostamenti, qualcuno accettò di diventare un infiltrato. Due soli, Kosarev e Kalinin, avrebbero fatto strada dopo l'Ottobre. Bogdanov non abbandonerà le sue idee e rimarrà tagliato fuori dalla Rivoluzione, mentre Lunaciarskij e Gorkij sarebbero rientrati in tempi diversi nei ranghi del potere sovietico, il primo come Commissario del popolo per l'Istruzione, il secondo come teorico artisticoletterario del regime staliniano. La partita a scacchi iniziata a Capri in un giorno soleggiato di aprile del 1908 sembra alla fine essersi risolta con la vittoria di Lenin. Ma è un'impressione. L'anima minoritaria utopistica rimarrà sempre, nel bolscevismo, accanto a quella scientistica. La «costruzione di Dio» scompare come dottrina, ma resta come un fiume sotterraneo che attraversa tutto il corso della lotta rivoluzionaria. E riemerge in quel «Dio terreno» che è il Leviatano ideologico di Stalin, autore della grande sintesi fra le opposte anime russe. Alla lunga non hanno vinto né Lenin né i suoi avversari «capresi». E' come se la Storia si fosse divertita a ribaltare i pezzi, o fosse intervenuta con una mossa a sorpresa per dare scacco matto a tutti. Ma a pagare furono altri, osserva Strada: «le incalcolabili vittime materiali e morali di un'illusoria costruzione di un falso Dio». Maurizio Assalto Nella casa di Maksim una scuola per rivoluzionari E Vladimir Ilich scomunicò il progetto di trasformare il comunismo in una religione 1904-1909: sogni e utopie in un libro curato da Strada ■imcivia di earai tllotr* aifwr*, i rial* • • • La foto della partita a scacchi GorkijLenin e, a destra, quella ritoccata Gorkij nel 1907. Sopra, !a lettera scrittagli dal sindaco di Capri. Sotto, con Lenin e Bogdanov