E la nipote di Malevich dichiarò guerra al Moma di Cesare Martinetti

1904-1909: sogni e utopie in un libro curato da Strada Causa per 23 tele del fondatore del Suprematismo: strappate a sovietici e nazisti, avevano trovato rifugio a New York negli Anni 30 E la nipote di Malevich dichiarò guerra al Moma «Quei quadri mi appartengono, pagatemeli: sto morendo di fame» MOSCA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Per la cronaca Ninel Bykova di Ulyanovsk ò forse la prima russa che reclama i suoi diritti in terra d'America. Per la storia la signora, che risiede nella città natale di Lenin (e del leader sovietico porta il nome, anagrammato) è la più diretta discendente del grande Kasimir Malevich, pittore e teorico dell'avanguardia russa di inizio secolo, inventore del suprematismo. La Bykova, unica nipote vivente del maestro, s'è presa un avvocato a Manhattan e lo ha incaricato di far causa al Museum of Modem Art di New York dove si trovano 23 «lavori» del nonno. Impulso di orgoglio patriottico nel momento in cui lo Stato russo ha deciso di aprire i suoi forzieri e promesso di restituire i ricchi bottini artistici della Seconda guerra mondiale? «No», ha risposto la signora alla domanda della rivista americana ArtNews, che ha scoperto il caso, «io e la mia famiglia abbiamo bisogno di soldi per sopravvivere». La torta è grossa (milioni di dollari) e all'esplorazione giudiziaria d'America della signora Bykova si sono subito aggiunti altri diciotto discendenti di Malevich, ora dispersi nell'ex impero sovietico (Russia, Ucraina, Polonia e Turkmenistan), improvvisamente riaggregati più che dall'istinto familiare, dalla possibilità di recuperare un'eredità che il povero e perseguitato nonno non potè lasciar loro. Ma la questione non appare né infondata, né peregrina, come sostiene il tedesco Clemens Toussaint - citato da Moscow Ti¬ mes, quotidiano in lingua inglese di Mosca -, esperto in ricerche di collezioni d'arte perdute, che affianca e sostiene i discendenti del maestro nell'impresa. I 23 pezzi finiti a New York sarebbero solo una parte di una raccolta di settanta dipinti portati dallo stesso Malevich a Berlino nel 1930 per una mostra. Perseguitato in patria (dove le sue opere vennero definite «piccolo borghesi»), Malevich quando fu costretto a tornare in Urss scelse di lasciare i quadri in custodia all'amico Hugo Haring, architetto. Ma poco dopo questi preferì dare l'intera collezione al Provinzialmuseum di Hannover, il cui direttore Aleksander Dorner si incaricò di custodirla. Il destino dei grandi innovatori è però quasi sempre crudele: mentre Malevich soffriva la sua agonia umana e artistica a Leningrado, i suoi capolavori correvano rischi analoghi in Germania, dove i nazisti stavano procedendo alla confisca dell'arte cosiddetta «degenerata». Il buon Dorner sentiva pn,;za di bruciato e con acuta lungimiranza riuscì a nascondere la r-ollezione del maestro, indiziato di «degenerazione». Nel 1935, mentre Malevich si spegneva nell'ex capitale degli zar, Alfred Barr, direttore del Museum of Modem Art di New York in viaggio di lavoro in Ger¬ mania, capitò nel museo provinciale di Hannover. Domer non si lasciò sfuggire l'occasione di salvare Malevich affidando al collega americano buona parte della raccolta che tuttora si trova nelle sale del museo americano. (Gli altri quadri, la maggior parte di quelli lasciati da Malevich in Germania, sono ad Amsterdam). E siamo alla questiono giuridica sulla proprietà sollevata dalla signora Bykova. Il non disinteressato consulente dei discendenti, Toussaint, sostiene che un documento dell'archivio di Stato di Hannover dimostra che Dorner diede i Malevich a Barr in prestito con la condizione che le opere dovevano essere restituite nel caso gli eredi del maestro le avessero richieste. Gli americani affermano invece che Barr acquistò da Domer quattro opere di Malevich ed ebbe le altre (disegni e pitture) in prestito per difenderle dai nazisti. Il museo di New York inserì la raccolta tra le sue collezioni permanenti nel 1963, «quando dice il documento americano erano passati 30 anni senza che nessuno le avesse reclamato». E ora? Dicono a New York che il danno al museo per l'eventuale perdita dei Malevich sarebbe «irreparabile» e che i diritti dei visitatori sono superiori a qualunque «diritto individuale». Ma la questione, come sostiene senza simpatizzare con gli erodi Irina Vakor, specialista della galleria Tretjakov (che possiede 18 Malevich) è «unicamente di denaro». L'infelice maestro dol suprematismo ha di che rigirarsi nella tomba. Cesare Martinetti Kasimir Malevich