Di Matteo misteri d'amore di Giovanni Bianconi

£ Ma il killer di Falcone adesso nega: volevo solo qualche ora di libertà £ Ma il killer di Falcone adesso nega: volevo solo qualche ora di libertà Di Matteo, misteri d'amore II pentito fuggito forse per una donna ROMA. «Signori giudici, ero siddiato», ha detto Santino Di Matteo ai magistrati di Palermo quando gli hanno chiesto perché era fuggito. Siddiato in siciliano vuol dire seccato, scocciato. «Un momento di smarrimento», traducono i giudici che per tutto il pomeriggio di ieri hanno incontrato «Mezzanasca» nel tentativo di capire che cosa aveva in testa e nel cuore, giovedì poco prima di mezzogiorno, quando ha abbandonato la sede della Dia approfittando dell'allontanamento temporaneo del suo «angelo custode» e di un cancello aperto. Per strada - questo sarebbe il seguito del suo racconto, un po' confuso e non troppo circostanziato - ha preso un taxi che passava da quelle parti, e si è fatto portare lontano da Roma, fino a Terni. Ha girato senza meta, in città e fuori, forse cercando una donna che però non avrebbe trovato; alla fine s'è reso conto di aver fatto una grossa sciocchezza ed è tornato sui suoi passi, presentandosi in Questura. Ma adesso, ha detto ai magistrati, continuerà a collaborare con la giustizia. Quello sconforto era «contingente», traducono ancora gli inquirenti, e non mette a repentaglio il contributo di questo pentito le cui passate dichiarazioni, sulla strage di Capaci ma anche su altri fatti, sono state ampiamente riscontrate nelle varie inchieste. I motivi di quella breve evasione, insomma, secondo la Procura palermitana non hanno a che fare né con ripensamenti, né con misteriosi incontri, «missioni segrete» o altre congetture, ma solo con una «autonoma e avventata iniziativa di Di Matteo». Per incontrare «Mezzanasca», da Palermo sono arrivati il procuratore Caselli - l'uomo che da Di Matteo ha raccolto la prima confessione della strage di Capaci - e i sostitu¬ ti Pignatone e Lo Voi. Ma prima di loro, nella notte tra venerdì e sabato, il pentito è stato interrogato dal sostituto procuratore di Roma Franco Ionta. Al giudice titolare dell'inchiesta sull'evasione, l'ex uomo d'onore di Altofonte ha detto che voleva «prendere aria», «farsi un giro», raccontando la storia del taxi, del suo girovagare, della notte passata all'aperto, su una panchina, e della decisione di farsi riprendere. A parte il taxi - sul quale il pentito non ha saputo fornire particolari - Di Matteo ha fornito altri elementi sui quali in queste ore gli investigatori stanno lavorando alla ricerca di riscontri. La zona nella quale il pentito è ricomparso è una di quelle che gli investigatori stavano tenendo sotto controllo nelle ricerche scattate subito dopo l'evasione, perché da quelle parti, Umbria e Alto Lazio, c'erano posti che il pentito aveva frequentato quando ancora era un mafioso in libertà. Il «giallo di Mezzanasca», comunque, non è ancora risolto. Ci sono i buchi nella ricostruzione, i «non ricordo» e i ricordi confusi, e saranno le indagini a dare una risposta. A cominciare dalle precise modalità della fuga, che dovranno essere chiarite anche con l'interrogatorio del sottufficiale che custodiva Di Matteo, il quale però non è stato ancora ascoltato dal giudice. Nei due interrogatori che ha reso, il pentito non ha fatto riferimento al alcuna «fuga d'amore». Non ha detto che voleva incontrare una donna, anche se non è del tutto escluso che fra le sue intenzioni ci fosse anche quella. Ha invece negato ogni collegamento tra l'evasione-lampo e la scomparsa del figlio Giuseppe. Tra le tante voci che da tre giorni ormai alimentano il «giallo», c'era anche quella che voleva Santino in fuga per tentare di incontrare, o almeno sapere dov'era, il bambino. Niente di tutto questo, stando alle sue dichiarazioni. Anzi, come era già avvenuto al momento della scomparsa (immediatamente successiva alla pubblicizzazione del pentimento di Di Matteo), «Mezzanasca» non ha mostrato alcun turbamento per questa vicenda, che sembra collegata alla stessa famiglia si Santino. L'evasione di 36 ore, comunque si concluda l'inchiesta, ha riaperto il problema della custodia e della tutela dei «collaboratori di giustizia», un tema che già domani il ministro dell'Interno Maroni affronterà nella riunione del comitato dell'ordine e della sicurezza pubblica convocato per le 15 al Viminale. La riunione sarà allargata al ministro della Giustizia Biondi, responsabile del sistema carcerario, e ad alcuni magistrati, perché sul tappeto c'è proprio la questione della detenzione dei pentiti in carcere prima che entri in vigore il programma di protezione. Giovanni Bianconi £ pentito Santo Di Matteo

Luoghi citati: Alto Lazio, Altofonte, Capaci, Palermo, Roma, Terni, Umbria