SuIl'Inps il «ciclone Consulta» di Raffaello Masci

Si rischia un «buco» da 6 a 16 mila miliardi. Ai beneficiari arretrati fino a trenta milioni Si rischia un «buco» da 6 a 16 mila miliardi. Ai beneficiari arretrati fino a trenta milioni SuINnps il «ciclone Consulta» Fazio: il vero problema è tagliare gli sprechi ROMA. «Indubbiamente è una botta terribile». Alza le braccia il ministro del Lavoro e della Previdenza Clemente Mastella. La sentenza della Consulta che impone al governo di restituire l'integrazione al minimo sulla seconda pensione ai circa 600 mila pensionati che ne hanno diritto dall'83, si è abbattuta sulle casse esangui dell'Inps e su una congiuntura sfavorevole, con l'effetto dirompente di una calamità che si considera ormai esorcizzata. «Non abbiamo ancora quantificato con precisione l'impatto finanziario - ha detto Mastella che ieri ha visto il commissario dcll'Inps, Mario Colombo - i tecnici stanno facendo una ricognizione precisa in modo che per l'incontro con i vertici deU'Inps fissato per lunedì mattina, si abbia un quadro esatto su cui lavorare». La voragine. «Stiamo spulciando tra le pieghe della sentenza - dice il direttore generale dell'Istituto, Fabio Trizzino - per calcolare gli effetti precisi dell'impatto finanziario sui conti deU'Inps» ma pur in attesa di valutazione definitiva - resta confermato che la somma da trovare si aggira tra i 6 e i 16 mila miliardi e per il futuro «il costo aggiuntivo dovrebbe essere di circa 6-700 miliardi l'anno». Gli arretrati. Di certo la sentenza ha fatto piovere su 320 mila bipensionati al minimo arretrati medi di 25 milioni, con punte di 35 a testa. Le somme arretrate infatti consistono nella differenza tra la pensione a carico, spesso di poche migliaia di lire, e 298.500 da ottobre 1983 a oggi per chi ha fatto ricorso alla Consulta, ovvero sino a dieci anni dalla sentenza. A chi interessa. Chi può partecipare a questa lotteria? Di certo solo chi aveva all'epoca la pensione di anzianità o di vecchiaia integrata al minimo e una pensione di reversibilità integrabile al mini- ino, se titolare di reddito personale inferiore a due annualità del minimo allora vigente (che nell'83 era un po' meno di 8 milioni esclusa la pensione da integrare e il reddito della casa di proprietà abitata direttamente). L'allarme. Il problema preoccupa enormemente il governo, perché una voce in bilancio di queste proporzioni farebbe saltare non solo gli equilibri della finanziaria ma potrebbe produrre un effetto-stangata da raggelare gli entusiasmi del nuovo esecutivo che certamente dovrà affrontare la «botta terribile» al prossimo Consiglio dei ministri. Mastella si dichiara altamente rispettoso della decisione della Consulta «ma, certo - dice - è indubbio che ci sono organismi dello Stato che finiscono col legiferare di fatto» e Trizzino ricorda che episodi del genere si sono già verificati in passato: «Sull'Inps pende continuamente la spada di Damocle della magistratura. Non è la prima volta che siamo messi di fronte a sentenze della Corte Co¬ stituzionale che ci obbligano a esborsi straordinari, anche se mai della portata di quella appena pubblicata». Una soluzione. Urge dunque una soluzione politica, non solo per questo caso, ma perché una situazione del genere non debba ripetersi, e Trizzino lascia intendere che l'Istituto non solo si attende dal governo un provvedimento di copertura, ma forse addirittura un intervento legislativo che salvaguardi in futuro da simili eventualità. «Quando la magistratura interviene - spiega Trizzino - di solito lo fa perché si trova di fronte a leggi poco chiare e l'Inps non può tentare di interpretarle a suo favore, perché c'è poi il rischio di una sentenza contraria». I giudizi. Da Santa Margherita Ligure, dove si trovava per un convegno dei giovani industriali, il presidente della Confindustria Luigi Abete ha espresso una critica severa al verdetto della Consulta: «Bisogna stabilire autentiche forme di equilibrio tra i poteri - ha detto - ed evitare che ci siano sen¬ tenze che, anziché annullare i privilegi, decidano di estenderli generalmente, perché questo atteggiamento, alla fine, va contro l'interesse reale di tutti i cittadini. La Corte Costituzionale, e tutti i soggetti che hanno l'incarico di controllare la "par condicio", debbono agire nell'ambito delle compatibilità finanziarie del Paese». Anche il ministro della Funzione pubblica Giuliano Urbani è d'accordo su questa linea. Invece, secondo il segretario della Uil pensionati, Silvano Miniati, all'Inps ben gli sta, dal momento che l'Istituto ha disapplicato la legge «facendo incancrenire il problema sul piano finanziario e contabile, fidando nelle finte norme di interpretazione autentica che ha ispirato ai vari governi per poter cambiare il senso della legge». E questo - secondo Miniati - nonostante la magistratura avesse sempre espresso sulla contestata legge l'interpretazione esattamente opposta a quella dell'Istituto». Raffaello Masci

Persone citate: Clemente Mastella, Giuliano Urbani, Luigi Abete, Mario Colombo, Mastella, Silvano Miniati, Trizzino

Luoghi citati: Roma, Santa Margherita Ligure