JFK il guerrafondaio di Bruno Ventavoli

POLEMICA. Tutti i siluri dell'ultimo pamphlet: «Kennedy come Reagan, un anticomunista viscerale» POLEMICA. Tutti i siluri dell'ultimo pamphlet: «Kennedy come Reagan, un anticomunista viscerale» JFK il guerrafondaio Chomsky si scaglia contro il mito Tra le altre accuse del super radicale professore del Mit: «Terrorista di Stato, affarista, fautore di azioni sporche per instaurare ovunque nel mondo governi fantoccio» OHN Fitzgerald Kennedy? Un «virile» guerrafondaio, un teorico del terrorismo di Stato, molto distratto verso i bisogni reali del Paese. E soprattutto un grande «affarista» che metteva le ragioni del capitale davanti a tutto. I siluri al mito Kennedy partono da sinistra, da Noam Chomsky, nell'ultimo pamphlet Alla corte di re Artù (pubblicato da Elèuthera). Il saggio era stato concepito come capitolo di Anno 501, la conquista continua (Gamberetti), sui rapporti NordSud del mondo, sulla secolare politica di aggressione e colonizzazione inaugurata con la scoperta dell'America. Poi il professore del Mit ha deciso di smontare più attentamente il mito di Kennedy, perché dietro il sorriso radioso del Presidente si intravedono meccanismi comuni in molti miti della modernità. Se l'uomo vuole davvero «impegnarsi costruttivamente per determinare il proprio destino», dice il sessantaseienne americano, deve smontare le leggende politiche costruite a tavolino per essere rassicuranti. Non è infatti paradossale che Jfk, anticomunista viscerale quanto Reagan, sia una divinità nell'olimpo delle sinistre? Chomsky riprende 0 paragone fra la Casa Bianca e la Camelot di re Artù. Gli intellettuali della «corte», i mass-media, hanno scrupolosamente coltivato la speranza che Kennedy «stava per portarci ad un luminoso futuro di pace e di giustizia». Dopo Dallas, per spiegare le ragioni della corsa interrotta verso la nuova età dell'innocenza, non hanno fatto altro che cercare maligni e misteriosi colpevoli. A ondate regolari si riscava nel grande pasticcio dell'attentato per rinvenire complotti degni dei «Protocolli dei savi di Sion». Ma l'unico vero puntello teorico, in assenza di prove concrete (e il fatto che una cospirazione così ampia abbia resistito, senza una sola falla, per trent'anni è sospetto), è l'ipotesi che Kennedy sia stato ucciso perché aveva in programma una rivoluzione della politica americana. Secondo i vecchi e nuovi cantori (tra cui Oliver Stone) di Camelot, Tra ospedali e cliniche private Iniziativa coraggiosa quella del ministro Costa: mettere il dito nei vischiosi rapporti sanità pubblica-sanità privata in Italia non è cosa da poco. Lo Stato assicura per legge tutto a tutti. Ma negli ospedali di Stato tutto si fa affinché i cittadini ricorrano ai presidi privati. E non solo per confort privato. Più spesso per ragioni strettamente sanitarie. Attese di anni in ospedale per interventi praticati nel giro di una-due settimane, dagli stessi specialisti ospedalieri, nelle case di cura private. A tariffe non certo «sociali», almeno per il cittadino che le deve sborsare dopo aver già versato in tasse e tributi tutto quel che doveva per mantenere l'apparato sanitario di Stato. Contro il ministro protesteranno le organizzazioni di categoria. Non potendolo negare, cercheranno di minimizzare il fenomeno che invece, proprio in Italia, è diffusissimo. Di «ordinaria amministrazione» anzi, in un sistema di interessi consociati così perverso. Certe disfunzioni del sistema sanitario pubblico sono quanto di più funzionale si possa desiderare per un florido commercio della medicina specialistica privata. Chi tra gli specialisti ha oggi interesse a contenere certe disfunzioni ospedaliere? Ma sino a quando la nostra Sanità potrà continuare a farsi mungere come una mucca dalle mammelle inesauribili? Auguro al ministro Costa di riuscire a «non mollare». dr. Roberto Marocchino, primario ospedaliero, Torino Qual è la Chiesa senza peccato? In una lettera pubblicata il 2 giugno, Alberto Bertone sostiene che la Chiesa cattolica non può essere insieme santa e peccatrice, e porta come prove, oltre le solite trite accuse, il fatto di quei ruandesi i quali, dopo aver ricevuto la Comunione, hanno massacrato tanti ENNEDY un bluff, un cialtrone, un guerrafondaio? No, no. Questo è il solito giudizio di una sinistra americana alla McGovern che ha sempre perduto, di una sinistra radicale votata alla sconfitta». Il giudizio di Veltroni - il più kennediano dei politici italiani, autore di una famosa biografia e in questi giorni presente in libreria con La sfida interrotta. Le idee di Enrico Berlinguer - è secco. Non accetta ribaltamenti storici sulla figura del Presidente assassinato a Dallas. «Sostenere che nei periodi di crisi morale ed economica la gente costruisce falsi cavalieri senza mac¬ Kennedy voleva abbandonare il Vietnam, voleva ridimensionare la Cia, voleva concentrarsi su pericolose politiche sociali libertarie, voleva impegnarsi per un mondo più pacifico e armonico. Ma la ricerca Chomsky, professore al Mit, che critica Kennedy da sinistra del Vietnam, appena resi pubblici, Chomsky dimostra che Kennedy non voleva ritirarsi dal Sud-Est asiatico. Anzi, considerava quella lingua di terra vitale per impedire il dilagare del comunismo, e passò di questo Graal gli inimicò il complesso militar-industriale che lo fece uccidere. Una sceneggiatura molto bella, epica: peccato che sia falsa. Compulsando un'enorme massa di documenti sulla guerra dal «terrorismo di Stato» all'aggressione. Anche sulla Cia solo fantasie. Kennedy - dice Chomsky - credeva negli interventi «segreti», in ogni regione del mondo, a favore di governi fantoccio. Per evitare nuove John Fitzgerald Kennedy, il Presidente il cui mito non è ancora tramontato a trentun anni dall'assassinio di Dallas beffe, come quella della Baia dei Porci, voleva raddoppiare gli sforzi per perfezionare le «operazioni»; licenziò il più aspro critico della Cia, Chester Bowles, e nominò John McCone che dette nuova linfa alle trame dei «servizi». Kennedy nemico dei ricchi e amico dei poveri? Anche questo fa parte della leggenda. Scorrendo le analisi del «National Tax Journal», si nota che la politica fiscale kennediana ha favorito in misura «schiacciante» i ceti dai redditi più alti. Kennedy ne esce demolito. Non è un radioso re Artù, ma qualcosa di «sorprendentemente simile a Reagan». Il ricco liberal e l'ex pistolero hollywoodiano sono arrivati al potere nello stesso modo: «denunciando con passione gli incompetenti al potere che stavano portando l'America verso il declino, mentre l'Impero del male seguiva il suo implacabile cammino verso la conquista del mondo». Sono stati entrambi grandi comunicatori, pieni di belligeranza, convinti assertori di un darwinismo politico (solo le società forti sopravvivono, quelle arrendevoli sono spazzate). Ma perché questo attacco frontale a un mito della sinistra, sferrato da uno degli intellettuali più «radicai»? Perché - spiega Chomsky - il raffinato revival di Jfk è pericoloso, riguarda il cuore della politica-spettacolo. Oggi la sfiducia nelle istituzioni americane - e nelle società occidentali - è altissimo, «ogni mezzo che permette alla gente di impegnarsi in modo costruttivo per determinare il proprio futuro si è dissolto». Solo le leggende hanno ancora la forza di catturare gli elettori. Da un giorno all'altro può conquistare consensi uno come Perot, miliardario «dal passato dubbio», «una lavagna su cui ognuno può scrivere il proprio sogno preferito». Conclude severo Chomsky: «I movimenti come quelli per Konnedy o Perot hanno dei tratti millenaristici in comune, che ricordano i culti delle imbarcazioni degli abitanti delle Isole del Sud che attendevano il ritorno delle grandi navi piene di ogni ricchezza». Bruno Ventavoli

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