Quattro in famiglia? Ma i voti sono sette di Fabio Galvano
F F Quattro in famiglia? Ma i voti sono sette BUROCRAZIA CLONDRA ARO direttore mia moglie Pauline, che è australiana, potrà votare tre volte per il Parlamento europeo. Mio figlio Alexander, che ha appena compiuto 17 anni e quindi «non ha l'età», ha ricevuto l'altro giorno la cartolina elettorale. Io non posso lamentarmi: di voti ne ho due. L'unica a rispettare rigorosamente le norme e la logica è mia figlia Bubulina, 21 anni: ha un solo voto, poverina. Mia moglie sta pensando di farle avere una delle sue cartoline: probabilmente, dice, nessuno se ne accorgerebbe. Non oso pensare quanti casi analoghi ci siano, in giro per l'Europa che ha votato giovedì (in quattro Paesi, compresa l'Inghilterra) o jhe voterà domenica. E' vero che le famiglie abnormi come la mia, dal punto di vista delle nazionalità che essa comprende, non sono molte; ma di cittadini italiani che vivono all'estero, o di inglesi in Francia, o di spagnoli in Belgio direi che ce ne sono alcuni milioni. Se ci troviamo davvero di fronte a un caso di burocrazia impazzita, potrebbero quindi essere milioni i voti illegali, doppi o tripli come nel caso della mia piccola tribù. Di che preoccuparsi. Mia moglie, che è italiana solo d'acquisto, trova tutto ciò molto divertente. Anch'io cerco di sorridere, ma penso che sia tragico. L'Europa che vuole a tutti i costi integrarsi, che fa salti mortali per trovare la sua «voce comune», non riesce neppure a istituire un sistema computerizzato per decidere chi vota e dove. Che abbiano ragione gli inglesi, con le loro quotidiane critiche agli inutili ma invadenti «burocrati di Bruxelles»? Ma tant'è. Sette voti anziché tre sono un buon bagaglio familiare: abbastanza da trovare un candidato che mi offra la scarpa sinistra oltre che la destra? Il primo pizzico di manna elettorale ii caduto un paio di settimaI ne fa, quando per raccomandaI ta mia moglie ed io abbiamo ri¬ cevuto la cartolina elettorale dal piccolo Comune presso Torino dove abitavamo prima di trasferirci a Mosca, 14 anni fa. Puntuale, la cartolina gialla ci ha rincorsi a ogni appuntamento con l'urna in questi anni di girovagare per il mondo; e senza addurre il «complesso dell'emigrato» devo confessare di avere sempre provato un palpito di nostalgia, soprattutto nel vedere la firma (timbrata) del mio amico Stefano ormai diventato sindaco. La sorpresa è stata, una settimana dopo, nel ricevere altre due raccomandate, questa volta da Roma: due vistose buste azzurre, con lo stemma della Repubblica e la dicitura ;<Ministero dell'Interno». Una per me, l'altra per mia moglie: per dirci che sabato 11 siamo invitati a votare al seggio italiano istituito presse il Consolato di Londra. Ma poi ci si sono messi anche gli inglesi. Nei giorni scorsi - niente raccomandata, anzi posta di seconda classe per risparmiare - il postino mi ha recapitato due cartoline. Mittente: la circoscrizione elettorale in cui risiedo. Una era per mia moglie, che non è cittadina britannica ma che come australiana - potenza storica del Commonwealth - mantiene un cordone ombelicale con i diritti degli indigeni. L'altra per mio figlio: non, si badi bene, come cittadino italiano quale egli è, ma come figlio di un'australiana e quindi australiano anche lui. L'età non sembra entrare in gioco; e lui dice che voterebbe anche, se sapesse per chi. Il suo mondo ruota attorno agli Anthrax e alla chitarra elettrica, neppure gli esami equivalenti alla maturità lo sconvolgono più di tanto: figurarsi la magra di un burocrate. E' mia figlia che mi preoccupa: rimasta con un solo volo - lei che come nazionalità ci batte tutti, perché ha anche quella britannica - finirà per convincersi d'essere cittadina europea di seconda classe. Fabio Galvano
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