«Farò un gran quotidiano» di Francesco La Licata

«Farò un gran quotidiano» «Farò un gran quotidiano» MILANO. Umberto Bossi ha chiuso la campagna elettorale della Lega Nord in piazza Duomo a Milano annunciando che vuole «far nascere un grande quotidiano». «Finché la Lega non avrà una sua tv o un suo quotidiano, le nostre verità verranno sistematicamente distorte - ha detto Bossi -. Probabilmente già domenica l'altra a Pontida lancerò la campagna per far nascere un grande quotidiano, che sarà tanto forte da spazzarne via dieci. Adesso lo vogliamo veramente, perché ci siamo accorti che è difficile battersi con chi può manipolare l'informazione». E ha concluso: «Forzacoso, come si chiama... Se votate lì avremo grandi difficoltà a fare l'Europa e ad avere un Parlamento legiferante». [Ansa] cosa non lo è? Occorrerebbe vedere come stanno le cose e per farlo non c'è che il voto di tutti, nelle elezioni politiche o referendarie. Ma qui c'è un paradosso: il voto è a sua volta influenzabile dai sondaggi. In più, a differenza di questi ultimi, le elezioni sono distanziate nel tempo. Le garanzie della democrazia sono così perdenti: la volontà virtuale che i sondaggi attribuiscono ai cittadini è più potente della loro volontà reale, espressa nelle elezioni. Occorre perciò sapere che lo Stato dei sondaggi non è una democrazia. In assenza di regole, il sondaggio si fa, e soprattutto si usa, nell'interesse di chi lo promuove, non dei cittadini. E' un mezzo per incrementare l'autorità, sospetto soprattutto in un Paese come l'Italia dove i governanti hanno le mani nella comunicazione politica (la televisione, soprattutto) e le opinioni questrato dalla mafia o - come sospetta la polizia - dal nonno che lo ha utilizzato come strumento di pressione per far «rinsavire» Santino. Infine ha perso pure l'avvocato, disincentivato dalle polemiche sui legali dei collaboratori di giustizia. Allora, è davvero incomprensibile il gesto di «Mezzanasca», che si concede 24 ore di libertà? Lui, che credeva di dover tornare, in breve, ad una vita normale, si ritrova solo, certamente più povero di quand'era mafioso, ossessionato dalla foto del figlioletto prigioniero, che i suoi ex amici gli hanno fatto pervenire ad Altofonte. Lui (come la maggior parte dei 740 «protetti»), uomo forse troppo ((primitivo», difficilmente poteva rimanere impassibile a tutto ciò, impensierito certamente dalle discussioni accese intorno alla sorte dei peni.iti. Non è il solo: chi sta accanto ai «preziosi collaboratori» è buon testimone dei turbamenti che li agitano. Uno di essi è arrivato a chiedere: ma è vero che rivedono tutti i processi e ci mandano all'ergastolo? A questo punto, di fronte a tanta confusione e disinformazione, si pone l'esigenza di trovare un sistema per mettere ordine. Se c'è un insegnamento da trarre dalla storia di Di Matteo è che - come ha sottolineato lo stesso De Gennaro - neanche è tanto brava? O Federica Sciarelli che al Tg3 vive ancora in trincea senza sapere che la guerra è finita. Su Garimberti non spreco neanche il fiato: l'ho incontrato ad una festa e gliel'ho detto: del suo Tg2 non mi piace niente». Finalino Fininvest: promossi Mentana e Fede, mentre per Paolo Liguori suona un campanello d'allarme: «Enigmatico. A volte non si capisce da che parte stia, di che pasta sia fatto». Marco Pannella fa eco a Storace da Milano, dove ieri ha presentato i candidati della sua lista per le europee: «Il 90 per cento del ceto politico sta cambiando, i direttori di giornale no. Quando vedo Scalfari, Mieli e Mauro continuare a fare i direttori, io sostengo che non si possa più andare avanti così perché c'è una distonia assoluta. Non ci sarà in Italia un vero rinnovamento fin quando coloro i quali sono stati artefici e coautori di quel sistema non avranno almeno per un po' raggiunto i loro coevi, non dei cittadini, per ragioni storico-culturali, sono facilmente plasmabili (6 milioni di voti spostati nelle ultime elezioni, a seguire l'analisi di Luca Ricolfì). Nel circolo falsamente interattivo di influenze e sondaggi, si allenta la molla della democrazia, cioè la forza capace di determinare il ricambio al potere. Chi si insedia al centro di quel circolo ha i mezzi il condizionamento e il rilevamento quotidiano e capillare degli umori della società - per apparire sempre sintonizzato. Un plébiscite de tous les jours lo preserverebbe dal rischio del rovesciamento, candidandolo al potere perpetuo. Evocare il 1984 di Orwell può sembrare banale e precipitoso. Ma preoccupa la distruzione della privacy politica, unita alla contrazione della libertà di informazione. Gustavo Zagrebelsky le forze di polizia devono operare per quelle che sono le rispettive specializzazioni. Chi fa le indagini non dovrebbe occuparsi della sicurezza e della gestione dei «collaboranti», non tanto per motivi di sfiducia verso gli operatori, quanto per non sottrarre energie vitali agli apparati investigativi. E' un modo, questo, per impedire anche il nascere del «rapporto perverso» tra pentito e investigatore. Se il collaboratore dipende dal detective per le proprie necessità di sopravvivenza, esisterà sempre il pericolo di strumentalizzazione reciproca. E' auspicabile, dunque, la nascita di un corpo specializzato che gestisca i «collaboranti». Ma dovrà essere davvero specializzato, perché il pentito non è una categoria, nel senso che «deve» rispondere a caratteristiche precostituite. Il pentito è un uomo con tanti problemi. Innanzitutto la sua scelta esistenziale a favore dell'illegalità. Poi la presa di coscienza, la dissociazione, la paura, lo stress di dover infrangere ancora delle regole, se non altro quelle del giuramento a Cosa Nostra, il rimorso di aver coinvolto nelle sue scelte i familiari, i figli. Non tutti hanno i nervi saldi per resistere a tanto. E qualcuno scappa, ci ripensa e torna. Francesco La Licata

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