Niente Kaos per gli Arrigonauti di Marco Ansaldo

A New York i Giochi-gay: una squadra italiana vorrebbe affrontare gli azzurri A New York i Giochi-gay: una squadra italiana vorrebbe affrontare gli azzurri Niente Kaos per gli Arrigonauti «Ma giocare con noi stempererebbe la tensione» microfoni! va Ovest e un'altra (la 13) «appesa» nella posizione più alta possibile, per le immagini d'insieme. Otto telecamere offrono immediata possibilità di replay. Per semifinali e finale, ne verranno aggiunge altre 3 (la 14, nella tribuna di fronte, la 15 sospesa sul campo, la 16 posizionata addirittura su un dirigibile). In azione anche 12 microfoni direzionali piazzati ai bordi del campo, a 10 m dalle panchine. 1 6 TELECAMERE PER IL MONDIALE Una squadra di omosessuali italiani che si chiama Kaos ha annunciato che vorrebbe affrontare la Nazionale degli Arrigonauti prima che cominci il Mondiale. «Incontrare gli azzurri a New York servirebbe a stemperare la tensione che c'è tra i giocatori di Sacchi», ha dichiarato a un'agenzia uno dei responsabili, creando involontariamente uno spazio ai doppi sensi perché forse esiste tra i calciatori una omosessualità diffusa e ben dissimulata, come sostiene Franco Grillini, presidente dell'Arci-gay, ma l'ambiente non è, diciamo così, maturo per una sfida del genere. L'idea si è esaurita con il commento del responsabile delle relazioni esterne della Federcalcio, Valentini: «Non abbiamo preclusioni per nessuno, ma non abbiamo mai ricevuto una proposta». E Maldini ha aggiunto: «Mi irrita il fatto che vogliano far vedere la loro diversità, ma poi capisco che sono talmente discriminati in tutti i campi da cercare un'affermazione». Quelli del Kaos però non si illudano. Se spedissero una richiesta ufficiale sarebbe cestinata; di caos attorno alla Nazionale ce n'è abbastanza anche se non si scrive con la kappa. Il tema dell'omosessualità rimane un tabù più che in altri sport. Siamo fermi all'arbitro olandese Blankenstein, che avrebbe dovuto dirigere MilanBarcellona e che venne sostituito per ragioni diverse dai suoi gusti sessuali. Non c'è una Navratilova, né una Billie Jean King che sbandieri la propria diversità, forse perché è più raro negli sportivi maschi superare la barriera del pudore. Di qualcuno si sussurra, si ipotizza, si sospetta. Ma non di più. Quando nell'82 in Spagna girò la storiella di un'affettuosa amicizia tra Cabrini e Paolo Rossi i due non la presero sul ridere. Partì il silenzio stampa, che era decisione grave e non la buffonata che è diventata in seguito. Allo stesso modo lasciano perplessi i tentativi di affermare la superiorità del calciatore omoses¬ \per la 'semi finale (R) replay Nesti: racconterò ciò che non si vede NEW YORK DAL NOSTRO INVIATO suale su quello etero. «Nel calcio sostiene la psicologa Vera Slepoy - i gay forniscono un rendimento agonistico migliore perché sono più affiatati e più solidali». Dov'è la prova? Di certo non la fornirà Sacchi: se dopo il Pontedera riuscisse il colpaccio ai dilettanti del Kaos l'intensità predicata dall'Arrigo prenderebbe altre strade. Rimane il senso di una provocazione promozionale nel momento in cui New York si prepara al vero avvenimento del mese, che non è il Mondiale di soccer, roba per gli immigrati di Little Italy o per gli irlandesi o per i sudamericani finiti nelle cucine degli hotel. Il tutto esaurito a Manhattan verrà dall'Olimpiade omosessuale che comincerà il 23, in contemporanea a Italia-Norvegia. Cinque giorni di gare con nuoto, atletica, maratona, badminton e tante prove di contorno. Al centro stampa nel quartiere di Chelsea dicono che sono arrivate 15 mila iscrizioni. Non è necessario possedere una credibilità agonistica, né la tessera di qualche organizzazione gay. Basta proporsi. Per chi ama lo sport c'è poco da vedere. I grandi atleti non verranno, uno dei più conosciuti è il nuotatore Hayes, oro a Los Angeles nell'84. Ma l'avvenimento coinvolgerà il mezzo milione di omosessuali che martedì 21 sfileranno per la Quinta Strada, nel corteo che ogni anni ricorda il fatto dello «Stone Wall», il bar del Greenwich Village dove per la prima volta gli omosessuali di New York si ribellarono alla polizia e picchiarono più che essere picchiati. Era il '69, sono passati venticinque anni. «Gay è bello» è diventato uno slogan della Grande Mela, con i locali esclusivi del machismo borchiato e delle lesbiche sull'Ottava Strada. L'Olimpiade, organizzata per la prima volta nell'82, è alla quarta edizione. Sempre più elefantiaca, come i Giochi veri, che i gay qualche volta vincono ma senza svelarsi. Manca il calcio, ma perché non è avvenimento americano. Non per mancanza di atleti. Come ci dimostra il Kaos. Marco Ansaldo