Eni, no alle privatizzazioni-show

Eni, no alle privatizzazioni-show Eni, no alle privatizzazioni-show Pagliarini: all'Iti niente soldi se restano i boiardi MILANO. Non ci sono ostacoli alla privatizzazione dell'Eni, che non va assolutamente smembrato, ma bisogna essere seri: niente spettacolarità, niente dichiarazioni ad effetto. Tutto va discusso con il governo, servono valutazioni serene, fatte con calma. Franco Bernabè sceglie la linea del doppiopetto abbottonato fino all'ultima asola e spiega il perché: «I tempi della privatizzazione devono essere quelli che il governo ritiene giusti, perché si tratta di un impegno strategico sul quale presidente del consiglio e ministri debbono poter decidere con cognizione di causa e tranquillità». Insomma, sui soldi non si scherza, dice il presidente. L'Eni rappresenta il più importante patrimonio del settore pubblico, uno dei pochi «capitali» su cui il paese può contare per organizzare il suo futuro: niente «boutades», quindi, sulla privatizzazione dell'ente e niente sceneggiate. Quest'ultimo accenno Bernabè lo riserva al problema del¬ le dimissioni dei manager delle società pubbliche dopo il cambio di governo: «Le dimissioni sono una cosa seria - sottolinea il presidente dell'Eni - non si danno per farsele respingere, ma solo se si è adempiuto al proprio compito o se si è in contrasto con l'azionista. Il rapporto con lo Stato si costruisce nel tempo: se il governo non è soddisfatto, ti manda a casa. Ecco le regole del gioco. E con queste regole le dimissioni spettacolo non hanno nulla a che fare». Tra rapporti con il governo e rapporti con la politica il passo è breve, ma solo in apparenza: «Un rapporto di fiducia con il governo non significa rapporto di sudditanza o contiguità con la politica - afferma con decisione Bernabè - l'Eni ha vissuto le sue più grandi disgrazie nei momenti in cui l'intreccio perverso con la politica è stato più stretto. Fortunatamente però all'interno dell'ente si sono sempre trovate le risorse morali e professionali per ripartire». E proprio di risorse umane di prim'ordine hanno bisogno le imprese di Stato, questo pensa il ministro del bilancio, Giancarlo Pagliarini, che non esita a fare di questo suo punto di vista una barriera che potrebbe fermare i 10 mila miliardi attesi dall'Iri: «Non bisogna dare nemmeno un centesimo finché non si conosce il nuovo consiglio di amministrazione, perché è giusto sapere a chi si danno i soldi dice Pagliarini - nel nuovo consiglio di amministrazione mi auguro che ci siano manager abili, capaci, e fortemente determinati a privatizzare. Se ci siederà anche uno solo degli attuali boiardi, io bloccherò il decreto». Parlando al quotidiano economico «Mf» Pagliarini ha dato indicazioni alla linea del governo in tema di cessioni delle aziende di Stato ai privati: «Abbiamo iniziato a pensare a due binari. Sul primo immetteremo le aziende belle, buone, sane, che tutti vogliono e che quindi devono essere messe sul mercato nel

Persone citate: Bernabè, Franco Bernabè, Giancarlo Pagliarini, Pagliarini

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