La rincorsa fallita dei due Giri

Salta il gemellaggio a Bra tra ciclisti veri e quelli del film su Coppi Salta il gemellaggio a Bra tra ciclisti veri e quelli del film su Coppi La rincorsa fallita dei due Giri set del «Grande Fausto», film sulla vita di Coppi con Sergio Castellitto nella parte del campionissimo e Ornella Muti come Dama Bianca. La pioggia ferma la rincorsa alla realtà cominciata al mattino. Il Giro ciclistico lascia la Liguria ed entra in Piemonte. Anche il Giro cinematografico è in Piemonte, ma finge di essere in Svizzera, sul circuito di Lugano '53 dove Fausto Coppi, reduce da un periodo di appannamento, decide di passare un po' di lucido sulla sua stella. Sulla strada che costeggia il lago di Viverone-Lugano centinaia di comparse in piedi applaudono decine di comparse in bicicletta, poi si esaltano quando scatta lui, Castellitto-Coppi o, chissà, Coppi-Castellitto, perché qualcosa all'attore deve essere finito dentro, non solo nella testa, anche nelle gambe, visto come pedala Scatta, e si lascia dietro tutti. Gli resta incollato solo un simil-Derijcke. Ci metterà 24 ore a staccarlo per volare verso la vittoria: la pioggia fa sospendere le riprese. Delusi i simil-tifosi che ormai credevano alla corsa. Delusi a Bra i tifosi veri che si aspettavano un duello tra i primi della classe e si accontentano delle scaramucce tra Ghirotto e Sorensen. Più delusi di tutti i fans di Ornella Muti, accorsi in massa sul set del «Grande Fausto» per ammirarla. E invece anche lei girerà domani. Il regista Alberto Sironi va a sedersi davanti alla tivù per seguire il processo alla tappa vera. Il cinema insegue i miti del passato, la realtà ne scrive di nuovi. «Che personaggio da film quel Pantani», mormora Sironi. Ma il suo mito resta Coppi: «Perché lui aveva le fughe dentro. Una vita in fuga: dai genitori, dalla moglie, dall'amante, da tutto. Per questo riusciva a fuggire anche dagli avversari: aveva lo scatto dentro». Eccola lì, alla fine delle due tappe, una verità al traguardo: le cose che si fanno, nella vita, bisogna averle dentro, perché la fantasia diventi realtà, perché si possa essere non solo una comparsa, né solo Pantani, ma addirittura il Grande Fausto. QUANDO l'arte insegue la vita a volte le arriva lì, a un soffio, sembra quasi che riesca a prenderla, poi l'altra si rialza sui pedali, scatta ancora e ridiventa per sempre un'altra cosa. Irraggiungibile. Dev'esserci una metafora dietro la storia del mancato incontro fra i due Giri, fra la realtà della carovana ciclistica e la finzione di quella cinematografica. La prima approda a Bra, attraversando le colline piemontesi e si prepara a ripartire da Cuneo, per il tappone decisivo. La seconda si ferina a Viverone, sulle rive di un lago piemontese e, causa pioggia, rinvia di un giorno il trasferimento a Cuneo, mancando così il gemellaggio. Si blocca, come in souplesse, il